Il pudore è entusiasmo gratuito che non ha bisogno di like. È esplodere di cura e di bellezza e di innamoramento senza nessun vincolo, di apparenza.
Il figlio di Chiara Ferragni e Fedez è nato lo scorso 19 marzo ed è già una star del web, suo malgrado ovviamente. La vita dei quasi-coniugi Ferragni è molto social, il figlio è entrato a pieno titolo nella dinamica familiare; già il 6 aprile il Corriere gli dedicava un lungo articolo di approfondimento sugli outfit sfoggiati in neanche un mese di vita. Ad ogni foto era corredato un titolo come sulle riviste di moda: prima tutina, passione righe, a costine, baby sporty, eccetera.
In pasto ai leoni
Lui era – ed è – un neonato, incapace di pose e spontaneo nelle sue facce corrugate, braccia scomposte, corpo raggomitolato. Le istantanee sono rimbalzate ovunque, senza controllo come è tipico dei fenomeni virali sul web. Ma visto che la sua è una fashion-business-family, l’immagine di Leone è diventata anche fonte di lauti guadagni, grazie a sponsor che hanno visto nel frugoletto un’imperdibile e ghiotta occasione.
Ieri un profilo Instagram molto famoso, Fotografie segnanti, ha pubblicato un post significativo: una fotografia di mamma Chiara con in braccio un Leone particolarmente imbronciato e la didascalia Esce nelle sale “the Truman show”.
Il film narra la vita di un neonato indesiderato, adottato da un network televisivo, e ripreso H 24 con lo scopo di pubblicizzare prodotti commerciali.
Associazione quanto mai azzeccata. Fa riflettere. Noi tutti abbiamo pianto di gioia e commozione quando Truman decide di fuggire dal mondo-finzione in cui è incarcerato e a bordo di una barca affronta la tremenda tempesta, preferendo addirittura l’ipotesi della morte alla falsità vissuta fino a quel momento.
Purtroppo i commenti a questa fotografia non sono stati altrettanto compassionevoli. Ne cito alcuni:
“C’è un altissima percentuale che diventi un disagiato, se non peggio, povero bimbo”.
“È proprio brutto… oddio, non proprio come un uomo-elefante ma… È suo padre brutto??”
“Sembra Benjamin Button con quelle rughe”.
Leone è finito in pasto ai leoni, triste battuta. Ci finisce tutte le volte che, da qualunque parte, compare una sua immagine. Chi difende la scelta della famiglia Ferragni-Fedez di dare una visibilità così forte al figlio usa un’argomentazione che vorrei screditare: Leone condivide coi suoi genitori l’ambiente e la storia a cui appartengono, dunque è naturale che sia un personaggio mediatico a sua volta.
Senz’altro. Ma la libertà di Leone dov’è? Chi la tutela?
Mi spiego meglio, facendo un esempio a rovescio.
Libertà va cercando
Quante volte noi cristiani ci siamo sentiti accusare dagli atei di «imporre» il Battesimo a bambini ancora troppo piccoli per decidere liberamente? La cosa è talmente lievitata da far nascere la moda dello sbattezzamento.
Lo stesso ragionamento non si dovrebbe quindi applicare a questa tendenza disinibita a mostrare il figlio nonostante lui sia troppo piccolo per dare il consenso?
E c’è poi un nota bene parecchio rilevante: mentre il Battesimo è un dono (peraltro è una compagnia invisibile finché il battezzato non ne confermerà la volontà libera di accettarlo), la scelta di utilizzare un’immagine a scopo di vanità, lucro, eccetera è proprio un uso del bambino.
Inoltre: non ci siamo sentiti dire milioni e milioni di volte che il Medioevo era un periodo così buio in cui i figli erano costretti a svolgere il lavoro del proprio padre, senza la libertà di fare altro? Se eri figlio di un fabbro, saresti diventato fabbro.
Non ritenevamo una grande conquista moderna esserci levati di dosso questa ombra paterna e non siamo fieri di aver guadagnato la possibilità di perseguire qualunque strada il nostro cuore desideri? Il povero Leone però, con un ragionamento che è un vero cortocircuito mentale, deve accettare il destino familiare senza batter ciglio – per ora non può! – “visto che i suoi genitori sono famosi, anche lui non può sfuggire alle loro dinamiche”.
Più che puntare il dito su Chiara Ferragni e Fedez, la cui genitorialità non posso giudicare, vorrei sottolineare la nostra inerte tolleranza a deglutire giudizi davvero irragionevoli sui fatti.
Non è scritto da nessuna parte che un bambino sia costretto a subire certe dinamiche della famiglia; la sua educazione porterà le tracce dell’alveo paterno e materno, ma un figlio è un fatto totalmente nuovo e richiede criteri nuovi, adeguati al suo bene. La mamma e il papà si aprono a sentieri completamente vergini da scoprire.
Ripeto, non sono qui a fare la bacchettona in casa altrui. «Probabilmente l’unica critica fondata è l’autocritica» diceva Chesterton a ragion veduta.
L’essenziale è invisibile agli occhi e visibile a Dio
E allora parlo di me: sono una mamma che mette di tanto in tanto foto dei figli online e senza ombra di dubbio sbaglio quando «uso» l’immagine dei miei bambini. Ci sono momenti belli di famiglia che non mi pento di condividere, perché parlano di relazione e dell’entusiasmo di piccoli momenti di bellezza vissuti assieme. So che c’è chi ritiene sbagliato anche questo tipo di pubblicazioni, ne prendo atto.
Oltre a ciò, però, mi accorgo che talvolta tendo anche a pubblicare scatti che riguardano momenti privati dei bambini. È una forma di affetto subdola, viziata dall’allucinazione contemporanea chiamata «visibilità». Me ne rendo conto e sono convinta sia un errore. Manco di pudore, perché la vanità materna deborda in un’esuberanza di condivisione …
Allora, per curarmi da questo abbaglio, prometto a me stessa di fermarmi a pensare un po’ più spesso al Medioevo. Sì. Il Medioevo ancora una volta. Di recente un’amica mi ha fatto pensare allo sguardo degli scalpellini che hanno scolpito il Duomo di Milano: tutto il «tetto» è minuziosamente decorato, sebbene all’epoca non ci fosse nessun accesso per visitare la parte superiore della chiesa. Per chi era tutta quella meraviglia? Per gli occhi di Dio.
Ecco cos’è il pudore: è un entusiasmo gratuito che non ha bisogno di like. Quanto è difficile riappropriarci di questa gioia invisibile. Il pudore non è nascondere, ma è manifestare senza esibire. È esplodere di cura e di bellezza e di innamoramento senza nessun vincolo, di apparenza.
Ci sono fiori bellissimi sperduti in giungle profonde che nessun occhio umano vedrà mai. Quanto li ha amati Dio nel crearli? Quanto ama le mani invisibili che implorano aiuto al buio? Quanto ama il cuore di Leone (e di tutti i nostri figli) che nessun paparazzo in terra potrà mai mostrare?
Annalisa Teggi
Aleteia, 19 luglio 2018