L’esperto sindonologo Bruno Barberis smentisce lo studio di Borrini e Garlaschelli.
Solo alcune macchie di sangue sarebbero compatibili con la posizione di un uomo crocifisso; il resto – almeno la metà – sarebbero false. È il risultato di una nuova ricerca sulla Sindone di Torino. In pratica, molte macchie non troverebbero giustificazione in nessuna posizione del corpo, né sulla croce né nel sepolcro.
A indicarlo sono i dati pubblicati sul Journal of Forensic Sciences e basati su un esperimento che, con le tecniche di medicina forense, ha ricostruito la formazione delle macchie. Condotto da Matteo Borrini, dell’università di Liverpool, e Luigi Garlaschelli, del Cicap (Comitato italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze).
Come la scena di un crimine
«Partendo da fotografie in scala reale, quindi in altissima risoluzione – ha spiegato all’Adnkronos (16 luglio) Borrini, antropologo forense – attraverso l’analisi delle tracce ematiche, così come si fa sulla scena di un crimine, abbiamo voluto verificare come potevano essersi formate, in base alle incontrovertibili leggi della fisica».
La posizione
L’analisi di Borrini e Garlaschelli non ha lesinato l’uso di tecniche tipiche delle scene del crimine con sangue vero e sintetico. «L’unica ipotesi compatibile – spiega ancora Borrini – vedeva le braccia molto estese verso l’alto, in una posizione superiore a 45 gradi. Una posizione plausibile, anche pensando alla ‘Crocefissione’ del Mantegna”».
La sacca
Per riprodurre il sanguinamento delle mani gli esperti hanno attaccato una sacca di sangue con una cannula. In tal modo i rivoletti di sangue sul polso avrebbero dimostrato «un orientamento diverso rispetto a quello degli avambracci e su una croce non è possibile» (La Stampa, 16 luglio).
Due variabili
Bruno Barberis, Coordinatore del Comitato scientifico del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, spiega ad Aleteia che «la tecnica usata non è riconosciuta a livello scientifico e in Usa ha già causato diversi errori giudiziari. Studiare il comportamento del sangue, significa conoscerne le caratteristiche. Per di più nella Sindone dobbiamo tenere in considerazione anche le peculiarità del telo su cui è poggiato il corpo. Quindi le variabili da valutare sono molteplici».
Il sangue
Nel dettaglio «riprodurre in laboratorio su un altro corpo o su un manichino le caratteristiche del sangue della Sindone, in quelle determinate condizioni, non è possibile. Non si era a conoscenza della pressione nel momento in cui il corpo è stato trasportato, né della viscosità, ecc. Nel video dell’esperimento si nota, ad esempio, un flusso sanguigno molto veloce, ma un uomo crocifisso, che sicuramente è disidratato, ha una viscosità del sangue nettamente più alta».
Il telo
«Poi – prosegue Barberis – c’è il telo, come dicevo, che aveva delle pieghe, una certa elasticità al momento del trasporto del corpo che nel tempo inevitabilmente è cambiata per l’usura dello stesso. Non abbiamo neppure la certezza della posizione originaria del corpo, nè sappiamo se è stato spostato o mosso».
“La ricerca ossessiva dello scoop”
Pertanto la ricostruzione fatta da Borrini e Garlaschelli è «aleatoria». «Questo studio, a mio avviso, non va assolutamente tenuto presente perché non tiene conto delle relazioni dinamiche del cadavere e del telo. Relazioni assolutamente variabili».
«La ricerca – sottolinea il matematico – è stata presentata la prima volta nel 2014, la seconda nel 2015 ed è diventato un articolo scientifico solo quattro anni dopo: una prassi che sembra piuttosto strana. L’impressione è di una ricerca superficiale e approssimativa, quasi la ricerca ossessiva di uno scoop che non c’è».
Gelsomino Del Guercio
Aleteia, 17 luglio 2018