Il mezzo busto gay che ridicolizza la Chiesa

By 8 Agosto 2018Notizie Chiesa

Il parroco difende la statua del bacio omosex in San Martino ad Azzano, tirando in ballo la tolleranza del Vangelo e Michelangelo. Perché non si può sempre “rovinare la festa” a chi usa l’arte come provocazione.

Non c’è argomento più stucchevole di quello della funzione quasi metafisica che dovrebbero avere la cultura e l’arte “come provocazione”, specie quando viene usato per gridare all’iconoclastia e al medioevo nell’ambito più mondano possibile. «La provocazione è un termine alto, positivo e crea dialogo. Le reazioni di bigotti retrogradi ci devono far meditare su quanto culturalmente si debba ancora migliorare»: scrive La Nazione (o meglio, scriveva fino a ieri nel tardo pomeriggio, poi è scomparso il virgolettato dall’articolo) che è stato questo il commento dello scultore Emanuele Giannelli, quando ha scoperto che il suo mezzo busto che propone un bacio omosessuale tra due uomini è stato rimosso da sotto lo sguardo di un Cristo in marmo all’interno nell’antica pieve romanica di San Martino ad Azzano, nel comune di Seravezza (Lucca).

NON ROVINATE LA FESTA. E che ci faceva un bacio omosex in chiesa e sotto gli occhi di Gesù? L’idea di posizionare in quel luogo la scultura di Giannelli intitolata Polaroid è venuta agli organizzatori di Cibart, rassegna in corso nel piccolo centro dell’alta Versilia, così come quella di rimuoverla dopo dieci giorni e spostarla sul sagrato «per evitare polemiche che avrebbero rovinato la festa»: lo ha spiegato il presidente di Cibart Matteo Marchetti che al Tirreno ha raccontato tutta la vicenda, «forse abbiamo preso una decisione azzardata». Pare infatti che nonostante l’entusiasmo di parroco e parrocchiani qualche visitatore scandalizzato abbia scatenato l’offensiva social: da qui la censura e, va da sé, gli articoli di giornale.

Ora, Polaroid «è un lavoro di due o tre anni fa, dedicato al bacio come emozione primaria dall’essere umano, che scaturisce tutta una serie di reazioni chimiche», ha spiegato lo scultore, «il bacio è un gesto d’amore, che venga fatto fra due persone di qualsiasi sesso o no. Non mi interessava l’omosessualità, anche se c’è logicamente. Il gesto del bacio nell’arte, come quelli di Rodin o di Klimt», e fin qui nulla da dire. Anche se liquidare da parte organizzatori come “polemiche che rovinano la festa” le reazioni dei visitatori sconcertati (leggi “bigotti retrogradi”)  più che di provocazione sa ovviamente di sfottò pubblicitario organizzato.

«LA GRETTEZZA METTE DEI LIMITI». A colpire sono piuttosto le parole del parroco don Hermes Luppi e le sue giravolte catechetiche: «La chiesa si sta dimostrando quello per cui è nata: per il destino più ampio delle cose. In questi giorni ci sono artisti cinesi, e scultori tedeschi all’opera qui intorno, e tante opere d’arte» (per esempio, Repubblica racconta che tra le opere c’è anche una donna crocifissa e con i segni rossi del flagello sul corpo, sistemata tra le pareti di un’altra chiesetta), «anche Michelangelo fu costretto a coprire le vergogne del Giudizio universale nella Cappella Sistina». Il riferimento è presto detto: sulla facciata della cappella di Azzano c’è un rosone chiamato l’Occhio di Michelangelo, si narra infatti che sia stato scolpito dal Buonarroti in persona, giunto in quei luoghi a cavar marmo per il colonnato di San Lorenzo. Per questo don Hermes sentenzia: «L’arte, la filosofia e la religione, sono sempre aperte all’accoglienza. È la grettezza che mette dei limiti». E sermoneggia: «Già il Vangelo duemila anni fa ci insegnava la tolleranza, e che lo spirito deve soffiare dove vuole in libertà».

IL POSTO DI MICHELANGELO. A parte che la cultura, l’arte, la filosofia e la religione pensavamo si attuassero quando l’ideale che le determina fosse più elevato degli interessi della comunità stessa, non sarebbe un peccato se l’argomento della tolleranza di cui parla il Vangelo finisse per subire lo stesso destino dell’argomento dell’arte come provocazione? Può una parola brandita come dogma evangelico venire spacciata come correa ai dogmi della mondanità? Perché di questo stiamo parlando: una chiesa, insegnavano a noi retrogradi bigotti, non è un luogo laico, ma contribuisce, nella sua diversità di missione e di intenzioni e di precetti, a costruire la laicità. In altre parole è il posto di Michelangelo, che si narra fosse omosessuale e che fece della Chiesa un luogo di insuperabile bellezza e ingegno creativo. Non è certo il posto di una scultura che serve solo, come bene si è visto, a ridicolizzarla.

Caterina Giojelli

Tempi.it, 24 luglio 2018