Il quotidiano britannico ha curato una ricerca secondo la quale il motore di ricerca più popolare del mondo indirizzera gli adolescenti verso materiale «nocivo».
Secondo il quotidiano “Times”, Google indirizzerebbe le persone che cercano informazioni sul suicidio verso chat room dove i membri discutono sui metodi per togliersi la vita. Tra di essi vi sarebbero anche molti adolescenti.
Il quotidiano britannico ha appena pubblicato un rapporto che raccoglie ricerche fatte in diversi mesi. Il “Times” ha detto di averlo condiviso con Google senza ottenere, però, alcun risultato. “Non è cambiato nulla in quello che viene proposto online”, ha detto il “Times” parlando della reazione di Google alla sua ricerca.
I forum citati nel rapporto, oltre a essere corredati di immagini e fotografie, raccomandano anche un libro acquistabile su Amazon che identifica i rivenditori di farmaci mortali.
Anche un recente rapporto elaborato per il governo aveva messo in guardia sul fatto che materiale suicida “nocivo” presente online rappresentasse un rischio per i giovani. Grant Shapps, il parlamentare dei Tory per Welwyn Hatfield che ha firmato il rapporto, ha osservato che le nuove scoperte indicano che è necessario che Google reagisca rapidamente e corra ai ripari.
E’ importante che Google corra ai ripari
Secondo Shapps é importante che il motore di ricerca più efficace nel mondo, “non chiuda un occhio sulle informazioni potenzialmente pericolose per la vita”. Spesso i siti online possono servire a prevenire l’intento suicida. Quando, per esempio, alcuni termini che indicano le tendenze autolesioniste di chi scrive vengono collegati ai link del servizio sanitario e dei volontari che offrono supporto psicologico.
Secondo gli esperti le risorse online appropriate possono un effetto molto positivo. Tuttavia i forum che promuovono il suicidio hanno troppa prominenza, per Grant Shapps, perché si trovano, a volte, addirittura al secondo posto, nei risultati di ricerca per otto parole chiave inserite.
Una ricerca dell’Università di Bristol, citata nel rapporto di Shapps, indica che l’8 per cento delle persone ricoverate in ospedale, dopo un tentativo di suicidio, aveva avuto accesso a materiale correlato online. Nella fascia tra i 16 e i 24 anni la percentuale raggiunge il 12 per cento.
Già sei mesi fa Grant aveva lanciato un nuovo rapporto sulla prevenzione dei suicidi per i governi e l’industria di internet frutto di due anni di ricerche. Un summit dedicato all’argomento è stato organizzato in parlamento due anni fa e sono state anche raccolte testimonianze dalle organizzazioni e gli individui coinvolti più direttamente in questo tema delicato.
Al rapporto avevano dato il benvenuto organizzazioni come Samaritans, Barnardo’s, Twitter e Google. Una prima versione della ricerca aveva convinto MicrosoftBing ad aggiornare immediatamente i suoi algoritmi di ricerca così da evitare che chi leggeva si sentisse incoraggiato a suicidarsi.
Silvia Guzzetti
Avvenire.it, 16 agosto 2018