Caro direttore, il recente colpo di scena del Senato argentino che ha bocciato il progetto di legge sull’aborto dopo che ne era data per scontata l’approvazione mostra ancora una volta che sul campo dei diritti umani si affrontano opposte visioni antropologiche: quella che fonda i diritti dell’uomo sull’essere umano in quanto tale, considerato sempre fine, soggetto, persona, perché caratterizzato da un valore (dignità) intrinseco che non si consuma né si acquisisce o si perde (principio di uguaglianza), e quella che fonda i diritti dell’uomo sulle opzioni individuali di carattere libertario spesso collegate a istanze utilitaristiche, che interpretano i concetti di dignità umana e uguaglianza in base al criterio di autodeterminazione (anche a rischio di causare nuove discriminazioni). La prima visione è coerente con la moderna idea dei diritti umani; la seconda, invece, nonostante lo sbandieramento dei cosiddetti “nuovi diritti civili”, rappresenta in modo sempre più chiaro una minaccia frontale all’autentica cultura dei diritti dell’uomo. La cartina di tornasole per capire da che parte vogliamo stare è la vita nascente.
Ecco perché la questione dell’aborto – che è quella del riconoscimento della uguale dignità di ogni essere umano fin dal momento in cui egli compare nell’esistenza nella forma più debole e povera – non è affatto periferica rispetto alle tante questioni in cui siamo immersi, ma riveste un’importanza centrale per almeno due motivi. Essa è epocale nel senso che contrassegna il passaggio storico in cui si tratta di confermare i diritti dell’uomo, parola d’ordine della modernità, ovvero di annullarli. Ed è planetaria perché non riguarda un singolo Paese del mondo ma tutte le nazioni con influenze reciproche. Per questo ci rallegriamo perché il Senato argentino l’altra notte ha respinto la legalizzazione dell’aborto, così come ci siamo addolorati per l’esito del referendum che in Irlanda nel maggio scorso ha tolto dalla propria Costituzione l’affermazione del diritto alla vita del concepito. Il carattere epocale e planetario della dignità umana è messo bene in luce dalla recente decisione di papa Francesco che ha dichiarato indisponibile la vita umana, anche quella del colpevole dei più efferati e pericolosi crimini. Egli ha proclamato l’illiceità assoluta della pena di morte e ha invitato tutte le Chiese del mondo a favorirne l’abolizione giuridica. È una decisione che conclude un lungo processo storico e chiede di essere attuata in ogni nazione.
La contraddizione tra la doverosa e giusta richiesta dell’abolizione della pena di morte e la legalizzazione dell’aborto è evidente: è un contrasto gravissimo perché nell’essere umano concepito e non ancora nato è presente l’umanità nuda, priva di qualsiasi potere e possesso. Questa contraddizione avviene anche per l’azione di un gruppo limitato di persone che sono riuscite a impadronirsi di ruoli importanti a livello mondiale. Si pensi ad esempio all’attuale vertice di Amnesty International che da alcuni anni ha preso a sostenere l’abolizione della pena di morte e contemporaneamente proclama, propaganda e sostiene un presunto “diritto di aborto”. Si pensi a talune agenzie dell’Onu nel cui seno sono stati formulati i diritti dell’uomo e che oggi pretendono di sancire l’aborto come diritto fondamentale. Non meno contraddittorio è che l’Unione Europea finanzi organizzazioni internazionali come l’International Planned Parenthood Federation e Marie Stopes International che attuano e propagandano l’aborto a livello planetario. Tali contraddizioni devono essere smascherate. Ed è anche arrivato il momento di un “nuovo femminismo” ispirato dalla maternità che renda inascoltabili le voci che contrastano la vera femminilità. Il rifiuto di guardare la “nuda umanità” e la sua conseguente dignità rende fragile tutto l’edificio dei diritti umani. Così, il riconoscimento del diritto alla vita di ogni figlio fin dal concepimento costituisce la «prima pietra di un nuovo umanesimo» che pone in giusta luce anche la dignità di ogni altra categoria di esseri umani come gli stranieri, i migranti, le vittime della tratta, i poveri, coloro che di fatto sono ridotti in schiavitù. In definitiva dalla contemplazione del valore del più povero tra gli esseri umani (così santa Madre Teresa chiamava i bambini non nati) deriva la luce e la forza per una solidarietà che restituisce verità ai diritti dell’uomo.
Marina Casini Bandini
Presidente Movimento per la Vita italiano
Avvenire.it, domenica 12 agosto 2018