In 35 villaggi lungo il fiume Khabur viveva un’antica comunità assira. Dopo l’invasione dell’Isis, sono tornati in pochi: «Ora abbiamo una sola chiesa e non ci sono più ragazze da sposare».
A Tel Tal rimangono solo le macerie delle case distrutte, delle chiese sventrate e poco altro. Il villaggio della Siria nord-occidentale si trova sulla riva del fiume Khabur e fa parte di un grappolo di 35 villaggi sulle due sponde del fiume, da sempre abitati dalla comunità cristiana assira, che nel 2015 sono stati assaliti e conquistati dallo Stato islamico. I jihadisti vennero poi cacciati dall’area e la maggior parte (tre sono stati giustiziati) dei 253 cristiani rapiti venne liberata dietro pagamento di un esorbitante compenso, quasi 50 mila dollari a persona, anche se in molti casi si sono “accontentati” di cifre intorno ai 10 mila dollari. Un ulteriore insulto e sfregio, se si considera che a Qaryatain, città della parte centrale della Siria dove viveva un’antica comunità assira, i cristiani invasi dall’Isis sono stati obbligati anche a pagare la jizya, il tributo umiliante previsto dal Corano per i non musulmani.
«NON C’È PIÙ NESSUNO». Ora che l’area del fiume Khabur è stata liberata, come testimonia un bel reportage del New York Times, sono pochissimi i cristiani tornati alle loro case. La maggior parte ormai si trova in Europa o negli Stati Uniti. Ishaq Nisaan, 79 anni, cammina ancora spesso tra le rovine della chiesa che ha contribuito a costruire. «Tutto il villaggio di Tel Tal era pieno una volta», racconta, «ora nella mia via ci siamo solo io e il mio vicino». «Vivere qui è bello», aggiunge Ramina Noya, 23 anni, «ma non c’è più nessuno».
DA 10 MILA A 900. Nei villaggi lungo il fiume vivevano prima dell’inizio della folle guerra siriana 10 mila cristiani assiri, che potevano pregare in una trentina di chiese. Ora restano appena 900 persone e una chiesa. Alcuni villaggi sono completamente deserti, in uno rimangono solo cinque uomini, che fanno la guardia alle rovine della chiesa dedicata alla Vergine Maria, le cui fondamenta sono state demolite con la dinamite dai jihadisti. Un altro villaggio ancora ha solo due abitanti: una madre e suo figlio. «Tutti quelli che ora si trovano in Europa o negli Stati Uniti, quando ci parlo, dicono che vogliono tornare», spiega Shlimon Barcham, funzionario locale. «Ma ci credo poco».
«NON CI SONO PIÙ RAGAZZE». Samira Nikola, 65 anni, è stata rapita dall’Isis insieme al marito e quattro parenti, tra i quali tre bambini. Una volta liberata è tornata a vivere nella sua vecchia casa, che ha rimesso in piedi come ha potuto. Insieme a suo figlio, ora, alleva galline e coltiva cetrioli. Gli altri suoi figli sono in Germania e Australia ma lei non si muove. «Noi non chiediamo niente a Dio, solamente che le persone malvagie che ci hanno fatto del male se ne stiano lontane da noi». Suo figlio Nabil, 35 anni, vive con lei e vorrebbe sposarsi: «Per ora rimaniamo, ma per quanto tempo? Io vorrei sposarmi, ma qui non ci sono più ragazze».
Leone Grotti
Tempi.it, 17 agosto 2018