Autumn viene al mondo a 22 settimane e 6 giorni, sua mamma chiede aiuto ai medici che le rispondono che sopravvivendo rischierebbe di vivere da disabile. La donna replica che altri bambini sono sopravvissuti alla 22/23esima settimana, ma quando la piccola nasce «ansimava cercando aria, ma la lasciarono morire soffocata».
Ritrovarsi inaspettatamente incinta del sesto figlio, rimanere scioccati e poi scoprire di amarlo come tutti gli altri bambini di casa. Subire delle complicanze durante la gravidanza, pensare di averle superate e poi scoprire i medici decisi ad abbandonare la piccola nata prematura a 22 settimane e 6 giorni, nonostante la richiesta dei genitori di aiutarla a sopravvivere. Tutto questo è avvenuto nella civile Gran Bretagna dove i medici del sistema sanitario nazionale hanno risposto che rianimando la bimba avrebbero rischiato di far vivere una disabile. Perciò, meglio farla morire.
La storia di Autumn, nata lo scorso dicembre presso il Royal Victoria Infirmary nel Newcastle, comincia nella seconda metà del 2017, poche settimane dopo che Sophie e suo marito partono con la famiglia per una vacanza in Spagna. Qui, alla tredicesima settimana, la donna di 33 anni che comincia a sanguinare si reca nell’ospedale più vicino, dove scopre di avere un ematoma. Sophie viene dimessa, ma continua a sanguinare «sebbene non fosse sangue vivo, il che era un fatto positivo», ha spiegato lei a diverse testate che l’hanno intervistata dopo la morte della figlia.
Tornati in Gran Bretagna i coniugi si recano nell’ospedale vicino a casa, dove la donna viene sottoposta agli esami clinici necessari a rilevare la grandezza dell’ematoma, ma i medici le dicono di non preoccuparsi perché se non ha abortito in vacanza può essere che il corpo stia riassorbendo da sé il sangue e la tranquillizzano assicurandole un monitoraggio costante e controlli ecografici ogni due settimane, cosa che però non avviene. «Ero scioccata – ha spiegato ancora la donna – avevo un grumo di sangue nell’utero…cresciuto di dimensione. Avevo mal di testa, non mi sentivo bene e mi dicevano che era tutto normale. Inoltre, ho solo un rene». Tutti dati sufficienti per tenere la donna sotto controllo come gravidanza a rischio. I dolori aumentano e Sophie torna in ospedale alla 20esima settimana, dove in cinque minuti la visita lo steso medico della volta precedente, che la esorta: «Torni solo se sta male o se sanguina di sangue vivo». In caso contrario la donna sarebbe dovuta tornare sei settimane più tardi.
«Risposi che era ridicolo, pensavo mi avrebbero seguito regolarmente tramite le ecografie», ma il medico le risponde che non può farci nulla, perciò Sophie va a casa sconsolata. Ma a 22 settimane e 6 giorni comincia il travaglio, che i medici non riescono a fermare. La bambina sta bene, ma l’ostetrica dice alla madre: «Mi dispiace, ma non possiamo fare nulla». Sophie chiede se possono aiutare Autumn una volta nata e i medici rispondono che sopravvivendo grazie ad un intervento medico, la piccola rischierebbe di vivere da disabile. Perciò no, non sarebbero intervenuti. La donna replica che altri bambini sono sopravvissuti alla 22esima o 23esima settimana.
Ma i medici le dicono di non credere a quanto si legge su internet. Sophie è sconvolta e in sala parto supplica di nuovo il personale sanitario, ma la risposta resta la stessa: la bimba sopravviverebbe «miseramente e disabile». La speranza si riaccende comunque nella donna, perché Autumn nasce viva e respira da sola: «La misero su di me…stava ansimando alla ricerca di aria…aveva bisogno di aiuto, ma i medici non fecero nulla».
Dopo il funerale, Sophie e suo marito chiedono il parere di un neonatologo per cercare di comprendere il perché del mancato aiuto. Il medico all’inizio sostiene che la bambina non pesava abbastanza, ma Sophie risponde che nessuno l’ha pesata dopo la nascita. Il medico continua sostenendo che la sua frequenza cardiaca era di soli 60 battiti al minuto, ma Sophie replica chiarendo che nessuno ha controllato il battito della bimba: «Non può dirmi che non pesava abbastanza. Non può essere certo che non sarebbe sopravvissuta se l’avesse aiutata…adesso mi guardi negli occhi e mi dica ora se le avessi chiesto di fare tutto ciò che poteva, lei avrebbe aiutato la mia bambina?».
Messo alle strette il medico è costretto ad ammettere che alla sua richiesta avrebbe cercato di salvarla. A quel punto la donna addolorata risponde al medico che se aiutata «non si sa come la bambina avrebbe risposto. Voi non siete Dio e non avete una sfera di cristallo…Se fosse sopravvissuta avrei potuto guardarvi negli occhi e dire grazie per averci provato. Invece avete deciso del suo destino al posto di Dio e ora dovrò conviverci per sempre. Non può succedere di nuovo. Non può».
E pensare che appena due mesi dopo la morte di Autumn, un’altra bambina (lei concepita tramite fecondazione assistita, quindi potenzialmente più fragile) nata a 22 settimane e 5 giorni è stata rianimata solo perché si pensava, per errore, che fosse alla 24esima settimana ed é sopravvissuta. Esattamente come Benson nato a 22 settimane e oggi vivo. Perciò Sophie dovrà «vivere per il resto della mia vita sapendo che c’erano delle possibilità, ma che mi sono state tolte perché le persone non hanno fatto correttamente il loro lavoro. Dovrò vivere il resto della mia vita sapendo che la mia bambina è morta lottando per respirare. È morta soffocata».
È così che i bambini disabili, o che rischiano di esserlo, vengono trattati? È così che si preferisce omettere il soccorso pur di non rischiare di lasciar vivere persone con una “quality of life” che il sistema sanitario inglese non vuole tollerare? Lo ha detto bene la mamma di Autumn: «Questo è il servizio sanitario nazionale…Se fossimo stati altrove, avrebbero potuto fare qualcosa. Mi hanno deluso durante la gravidanza e mi hanno deluso quando l’ho avuta e non voglio che succeda a un’altra mamma. Ho promesso a Autumn che avrei provato a fare tutto il possibile per cambiare le cose».
D’altronde le linee guida inglesi non prevedono la rianimazione obbligatoria (e nemmeno se richiesta dai genitori) prima della 24esima settimana. Data fino a cui è ammesso l’aborto in Inghilterra. Una coincidenza? Probabilmente, no. Probabilmente troppe vite salvate, soprattutto se disabili, sarebbero a questo punto decisamente imbarazzanti.
Benedetto Frigerio
La Nuova Bussola Quotidiano, 14 agosto 2018