QUESTITO – Aborto: accanto alle donne che hanno abortito

By 21 Settembre 2018Pillole di saggezza

Una mia conoscente ha praticato l’aborto; da allora, mi trovo molto a disagio nei suoi confronti. Quale atteggiamento devo assumere da cristiana verso questa donna che ha ucciso una creatura innocente? Raffaella.

Pur convinti che l’aborto è sempre una grave crimine, dobbiamo scagliarci contro “il peccato” ma mai contro “il peccatore”, cioè la donna che ha abortito, che è meritevole in ogni momento della nostra fraterna e comprensiva vicinanza, poiché nonostante lo strumentale parere dei movimenti “pro-choiche”, questo atto provoca nella donna inestimabili sofferenze e incommensurabili devastazioni psicologiche avendo reciso un legame profondo e ancestrale, oltre che una relazione intensissima tra madre e figlio instaurata fin dal concepimento.

Avviene quanto accade di fronte alla morte di una “persona cara”. Si spalanca una ferita profonda e permanente che raggiunge l’apice di fronte alla morte di un figlio sia piccolo sia adulto. “E’ come se il tempo si fermasse e si apre una voragine che inghiottisce il passato e anche il futuro” (Papa Francesco, 24 giugno 2015). Per questo, un notevolissimo numero di donne, si chiedono insistentemente e disperatamente: “dov’è il mio bambino?”. E, ovviamente, sono insufficienti, le banali affermazioni: “non pensarci più”, o “dimentica”, oppure “la vita continua”.

LA SINDROME POST-ABORTO

E’ la cosiddetta “Sindrome Post-Abortiva” che “ferisce” circa il 60% delle donne che hanno interrotto la gravidanza. Può manifestarsi immediatamente dopo l’aborto oppure presentarsi a distanza di mesi o di anni. La dott.ssa C. Baccaglino, psicoterapeuta, ha equiparato l’IVG a una “mina” che dopo essere stata innescata è gettata nell’oceano. “Questa mina – afferma Baccaglino – può rimanere inattiva per svariati anni oppure esplodere dopo brevissimo tempo, può ovviamente anche non esplodere. Però una ‘piccola’ mina può affondare anche una grossa nave! Uscendo dall’esemplificazione, la ‘mina’ cioè l’aborto, vaga nel ‘mare’ che è l’inconscio, l’ostacolo su cui può detonare è la percezione dell’interruzione stessa. Infatti, la donna può rimuovere, può anche negare, mediante meccanismi di difesa, quanto è accaduto, però può anche recuperare la percezione cosciente dell’interruzione avvenuta, evidenziando il bisogno di elaborazione del lutto” (Il Timone, 8/2009, pg. 27). Non possiamo tralasciare, inoltre, molteplici studi  scientifici internazionali che testimoniano che la sindrome post-abortiva non solo procura profonde depressioni ma anche pensieri suicidi. Anche Simona Ventura, conduttrice televisiva e showgirl che abortì in giovane età, ha affermato recentemente che la ferità  gli “rimase aperta” per decenni. “Ho avuto il primo rapporto sessuale a 19 anni e sono rimasta incinta e ho abortito. Feci quel gesto ed è rimasta una ferita sempre aperta. Lui (il mio compagno) era un amore, ma non l’ha mai saputo, non gliel’ho mai detto. Perché? Perché era una scelta mia e non era un suo diritto saperlo. Ma quella decisione mi ha procurato delle conseguenze psicologiche per anni ed è stato molto difficile superarle” (Il Messaggero.it, 26 giugno 2018).

LA VIGNA DI RACHELE

Questa “fragilità” della donna, dunque, richiede vicinanza come pure l’indicazione di luoghi per “sanare le ferite”.

Un ambiente per ritrovare serenità è “La Vigna di Rachele” (www.vignadirachele.it), un’istituzione presente in 40 Paesi. In Italia ha sede a Bologna e propone un itinerario psico-spirituale. Afferma la coordinatrice e formatrice Monika Rodman Montanaro affiancata dal direttore spirituale padre Frank Pavone che nel 2013, ricevuto da papa Francesco, ebbe il suo incoraggiamento e la sua approvazione. “L’aborto è un’esperienza traumatica ma il mondo cattolico spesso tratta questo tema solo come un peccato che richiedere il perdono sacramentale. In questo modo però si rischia di non riuscire a ricevere totalmente la Grazia di Dio perché alla base c’è anche un trauma. E qui subentra l’aspetto psicologico”.  “La Vigna di Rachele” è “un modello psico-spirituale per lenire le ferite che derivano dall’esperienza dell’aborto. Il programma offre l’opportunità di esaminare l’esperienza dell’aborto, identificare il modo in cui la perdita ha toccato la donna nel passato e nel presente, e aiutare a rendersi conto di ogni conflitto irrisolto con cui molti individui combattono dopo l’aborto”.  Il percorso è composto da un ritiro spirituale di tre giorni che include la presenza continua di sacerdote e psicologa. “Ascolto” e “accoglienza” sono due parole chiavi dell’itinerario. “La Vigna” propone una varietà di esercizi che consentono all’anima di esprimere il lutto e il dolore. “Questi aiutano a mettere in comunicazione i partecipanti con la propria voce interiore, tra di loro, e con l’amore e la compassione di Dio. Gli esercizi del ritiro aiutano i partecipanti ad accettare il perdono per se stessi e gli altri”.

MESSAGGIO ALLE DONNE CHE HANNO ABORTITO

E’ ingenuo e semplicistico limitarsi ad affermare che “la vita è sacra” e “non va soppressa”, poiché potremmo confrontarci con donne che abortiscono “superficialmente” ma anche e prevalentemente con madri, sposate o non, che vivono angosciosi dilemmi, e per loro la gravidanza è motivo d’immensa sofferenza, poiché a volte quando si è gravide si perde il posto di lavoro (molti datori esigono dalla lavoratrice l’interruzione della gravidanza), non si possiedono i soldi per giungere alla fine del mese e forse neppure un uomo al proprio fianco.

A loro le affettuose, paterne ed amorevoli parole di San Giovanni Paolo II: “Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all’aborto. La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che, in molti casi, si è trattata di una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non si è ancora rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere però dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. (…) Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento. Il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della riconciliazione. Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore”. E concluse: “Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita” (Evangelium vitae n. 99).

E, tanti, hanno ancora il coraggio di affermare che una finalità dell’IVG è la salvaguardia della “salute mentale” della donna.

don Gian Maria Comolli