L’aborto ferisce psicologicamente anche “l’uomo”, cioè il “padre” del bambino non nato, con reazioni negative similari a quelle della donna descritte, anche se gli uomini sono più propensi a soffrire in silenzio e a negare il loro dolore. Dunque, donna e uomo, manifestano con modi differenti un “dolore comune”.
Da ciò si comprende l’errata interpretazione di chi sostiene che l’aborto sia unicamente “una questione femminile”, ignorando la naturale anche paterna dell’atto sessuale e la sua responsabilità nei confronti della vita generata. Disgraziatamente anche la legge 194/1978 omette il coinvolgimento del padre nella scelta abortiva; non è richiesto il suo consenso, non ha il diritto di essere informato, in altre parole non ha “nessuna voce” sulla vita e sulla morte del feto.
E’ “verissimo” che a subire le ripercussioni più consistenti dell’aborto sono le donne, frequentemente abbandonate alla decisione, ma a volte, queste escludono volutamente e completamente l’uomo. E’ “verissimo” che molti uomini sono superficiali, o meglio leggeroni, e si disinteressano della gravidanza inattesa della loro partner, ma tanti altri vorrebbero partecipare attivamente all’afflizione e alla disperazione della moglie, compagna, fidanzata… Come ricorda un saggio proverbio popolare non possiamo “fare di tutta l’erba un fascio”.
Si stima che 4 uomini su 10 sono colpiti con modalità differenti da “traumi post aborto” con sintomatologie che possono manifestarsi nell’arco di circa 15 anni: depressione (88% dei casi), senso di colpa (82%), aggressività (77%), autoisolamento (68%), ansia (64%), disturbi sessuali (40%) e apatia (38%) (1).
Afferma Antonello Vanni che possiamo definire “un esperto del padre”. “Sintomi del trauma post abortivo maschile sono molti e si manifestano negli uomini in modo diverso, spesso in relazione al ruolo che hanno avuto nella scelta abortiva: ad esempio, i padri che hanno convinto la donna ad abortire possono provare un forte rimorso per il senso di colpa, mentre quelli che hanno tentato inutilmente di salvare il bambino possono essere vittime del senso d’impotenza. Gli psicologi, che hanno raccolto interi dossier di testimonianze maschili e svolgono un’opera terapeutica per curare questi uomini, hanno diviso tali sintomi in precise categorie per studiare e capire meglio le dinamiche psicologiche causate dall’aborto nel maschio. Sono state così identificate sofferenze psicologiche, talvolta gravi, correlate alla rabbia e all’aggressività, all’impotenza e all’incapacità di reagire, al senso di colpa, all’ansia, ai problemi di relazione, al lutto causato dalla perdita” (2).
Perché l’uomo? “Per il maschio contribuire al concepimento di un figlio significa vivere il nucleo centrale della virilità, dell’essere davvero uomo… L’aborto vanifica questa esperienza interrompendo, spesso in modo definitivo, il passaggio alla maturità” (3).
Il rapporto tra padri e figli abortiti, velato in Italia sulla scorta di vecchi pregiudizi e totalmente trascurato, è molto considerato all’estero. “In effetti – ha dichiarato Julie Cook, direttrice nazionale di Abortion Grief Australia (AGA) (4) – la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana non è nemmeno consapevole del fatto che esso possa costituire un problema per gli uomini”. E conclude: “la maggior parte delle donne ignora che l’aborto possa ferire gli uomini” (5).
Un fenomeno, dunque, “da non sottovalutare” poiché per alcuni uomini il dolore per questa perdita è così grande e insopportabile che si conclude con il suicidio. “Una donna – ha dichiarato sempre Cook – ci ha recentemente chiamati piangendo a dirotto. Avrebbe dovuto essere il giorno delle sue nozze, era inconsolabile. Il suo fidanzato si era tolto la vita alcune settimane prima. Era rimasta incinta e aveva pensato che fosse troppo presto aggiungere un bambino alla loro relazione, così era andata ad abortire senza dire niente. Quando il fidanzato l’ha scoperto è stato sopraffatto dal dolore e si è suicidato” (6).
Un padre racconta l’esperienza traumatica dell’aborto
“Io ho cercato di parlare con mia moglie prima con l’amore, poi con le lacrime, alla fine anche con la rabbia derivante dalla disperazione. E io non capivo come fosse possibile che tante persone che non c’entravano niente si sentissero in diritto di fare del male a mio figlio, e il padre, l’unico veramente in diritto di poter parlare venisse considerato ‘nessuno’. Anzi, ‘privo di ogni sensibilità’. Mi sentivo solo, contro tutti.
Mio figlio è morto perché la sua mamma non ha trovato nessuna persona che le parlasse dell’Amore vero, della magnificenza dell’Amore di Dio: c’ero io da una parte, e dall’altra una serie di persone che la circuivano per ingannarla. E le loro bugie hanno pesato di più, rovinando tre vite con un solo gesto. A un certo punto lei non è stata ‘più in grado di intendere e volere’. E una mattina, alla fine, il bambino è andato a morire, accompagnato dalla nonna e dalla zia. Da gioviale che ero, sono diventato triste. Mi sentivo svuotato, vedevo che il mondo continuava a vivere come se niente fosse successo, mentre per me ‘tutto’ era successo. Tutte le cose a cui tenevo avevano d’un tratto perso di valore, tutto mi sembrava insignificante e inutile.
E la cosa più schifosa, secondo me, è che di tutto il male che la 194 provoca non ne ho mai sentito parlare nessuno… Dove sono tutti quelli che queste morti le subiscono? Stanno zitti, tutti quanti? E’ proprio vero che il mondo resta brutto non per colpa di quelli che operano il male, ma per colpa di quelli che al male non si oppongono con decisione. Per colpa di quelli che tacciono e non si schierano. Di quelli che soffrono in silenzio e non condividono.
Nei miei viaggi di lavoro ho visto bambini mutilati, bambini ciechi, bambini dall’infanzia negata, bambini che chiamarli poveri è un eufemismo, bambini violentati, bambini ammalati allo stadio terminale. Ma erano tutti bambini ‘vivi’ e felici di esserlo. Allora ho capito che i più poveri tra i poveri non sono nel terzo mondo, ma sono proprio in mezzo a noi.
Chi ha il cuore più povero di una mamma che uccide il proprio figlio, senza neanche guardarlo in faccia? Chi è più povero di chi si adopera per spegnere la luce che Cristo ha acceso negli occhi delle persone belle? Chi è più povero di un medico che prende dei soldi per succhiare le vite dalle pance altrui?
E chi è più povero di una Società che legalizza tutto quest’orrore? Chi è che oggi bussa alla mia porta per curare la brutta depressione che mi ha preso? Chi si sta preoccupando del recupero del senso di autostima della mamma del mio bimbo?”
Giuliano (7)
Da quanto affermato brevemente comprendiamo che l’aborto ha un impatto traumatico anche sulla psiche maschile; di conseguenza questi “uomini tormentati” supplicano la nostra solidale vicinanza.
Don Gian Maria Comolli
NOTE
(1).Cfr. A. Zaccuri, Aborto, che fine fa papà?, Avvenire – Inserto: Noi genitori e figli, Settembre 2013, pp. 22-24.
(2).Intervista di E. Pettino a A. Vanni, Zenit.org, 15 febbraio 2017
(3). A. Vanni, Lui e l’aborto, Vita Pastorale, n. 7, luglio 2013, pg. 54.
(4). AGA: organizzazione no profit specializzata nel fornire assistenza e sostegno a coloro che sperimentano il dolore post-aborto o una crisi a seguito di una gravidanza.
(5).C.Barraclough, Piecing together the pain of loss for men after abortion, http://www.dailytelegraph.com, 3 giugno 2017.
(6).Idem nota precedente.
(7).Tratto da Notizie ProVita, gennaio 2013
APPROFONDIMENTO
A.Vanni, Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile, San Paolo, Milano 2013.