Adozioni, la procura si allea con ragione e buon senso

Nell’aprile scorso l’anagrafe di Roma aveva riconosciuto, come figlia legittima di due padri, una bambina avuta tramite la pratica dell’utero in affitto. La procura di Roma ha presentato ricorso al tribunale civile contro il Campidoglio per essersi inventata la bigenitorialità omosessuale. Per tre buone ragioni. Eccole. 

Nell’aprile scorso l’anagrafe di Roma aveva riconosciuto, come figlia legittima di due padri, una bambina avuta tramite la pratica dell’utero in affitto. In altri termini entrambi i membri della coppia omosessuale, unita civilmente, figuravano come genitori della piccola, senza passare dalla stepchild adoption o altre pratiche adottive.

Ma c’è una buona notizia. La procura di Roma ha presentato ricorso al tribunale civile contro il Campidoglio per essersi inventata la bigenitorialità omosessuale. Il provvedimento firmato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone parla chiaro. In prima battuta c’è la questione dell’ordine pubblico: come può essere, si domanda la procura, che un atto, quale è quello della maternità surrogata, qualificato come reato nel nostro ordinamento possa produrre effetti considerati legittimi dal medesimo ordinamento? Non è «sostenibile – si legge nel ricorso – che una condotta illecita per il nostro ordinamento, e gravemente punita, soltanto in quanto compiuta all’estero possa produrre nel nostro ordinamento giuridico conseguenze non vietate».

Secondo punto: secondo la nostra legislazione la filiazione discende sempre dalla diversità di sesso dei genitori. Scrive Pignatone: «Le norme del nostro sistema in materia di filiazione trovano fondamento nella “bigenitorialità” fondata sulla diversità di genere». Ed aggiunge: «non si vede come il bambino che abbia un legame biologico con un uomo (il padre) possa vedersi attribuita, surrettiziamente, la qualità di figlio di “un altro padre” per la sola ragione che il suo padre biologico ha un rapporto di unione civile con un altro uomo, perdendo invece ogni rapporto con la madre biologica che lo ha partorito». Pignatone mette in evidenza un assurdo giuridico: come è possibile diventare padre per il semplice motivo di essere un “unito civilmente”?

La procura di Roma ricorda che in Italia si può diventare genitori in tre modi: per via biologica, per adozione, tramite fecondazione artificiale «ma sempre tra persone di sesso diverso. Non esiste altro tipo di filiazione. Non esiste, in rerum natura, la possibilità di una filiazione biologica tra persone dello stesso sesso. Non esiste, per espresso divieto di legge, la possibilità di accedere alla filiazione adottiva o medicalmente assistita e, quindi, senza legame biologico, tra persone dello stesso sesso». Una disciplina normativa che «può apparire condivisibile o meno, ma che non può dirsi incostituzionale e che, quindi, il giudice deve rispettare».

Terzo punto: il superiore interesse del minore. «Cosa accadrebbe – si domanda la procura – se nel corso del tempo il secondo padre cessasse di essere unito al primo? Potrebbe il secondo padre chiedere il disconoscimento del bambino che solo “artificiosamente” è stato iscritto nei registri dello stato civile come suo figlio e che porta il suo nome? Ma vi è di più: ci si potrebbe chiedere se il bambino conserva il diritto di portare il secondo cognome e il rapporto di filiazione, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano giuridico». Di qui la conclusione: «È di tutta evidenza come già solo dette considerazioni siano sintomatiche della irragionevolezza dell’affermazione che la trascrizione “risponda ad un interesse superiore del bambino” e che possa promuovere il suo benessere psicofisico. Di certo poi, tale interesse del bambino non può automaticamente farsi scendere dal mero decorso del tempo in cui il bambino rimane insieme ai due “genitori”. Questo ufficio ritiene che sia evidente la illogicità e irrazionalità di dette situazioni (tutt’altro che teoriche) e la gravità delle conseguenze che esse determinerebbero per gli stessi bambini coinvolti».

Nel terzo punto appena descritto, la lama dei giudici non è arrivata a intaccare organi vitali. Ci spieghiamo meglio. Bene evidenziare alcuni possibili cortocircuiti in merito alla rottura dell’unione civile, rottura che potrebbe incidere anche sulla doppia genitorialità omosessuale e quindi sul legame di filiazione. Bene sottolineare che le cure verso la bambina dei due uomini protratte nel tempo non comportano automaticamente che la permanenza della stessa presso la loro casa sia nel suo miglior interesse. Ciò che manca, ma forse ad oggi non si può realisticamente chiedere di più ai giudici, era affermare che, dati scientifici alla mano, è la stessa relazione omosessuale a non fare il bene dei minori.

Ora la palla passa al Tribunale civile. Siamo quasi certi che detto Tribunale segnerà un altro punto a favore della squadra arcobaleno rigettando il ricorso.

Tommaso Scandroglio

20 settembre 2018

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