INTRODUZIONE
“Humanae Vitae” è una Lettera Enciclica di san Paolo VI pubblicata il 25 luglio 1968.
E’ composta di tre capitoli per un totale di 31 paragrafi.
Il tema dell’Enciclica fu così espresso dal Pontefice: “Il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori di Dio creatore, è sempre stato per essi fonte di grandi gioie, le quali, tuttavia, sono talvolta accompagnate da non poche difficoltà e angustie. In tutti i tempi l’adempimento di questo dovere ha posto alla coscienza dei coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della società, si sono prodotti mutamenti tali da far sorgere nuove questioni che la Chiesa non può ignorare trattandosi di materia che tanto da vicino tocca la vita e la felicità degli uomini” (1).
Nella prima parte l’Enciclica esamina i “nuovi problemi” riguardi la vita nascente conseguenza delle trasformazioni societarie.
Nella seconda parte, quella dottrinale, ribadisce la connessione inscindibile tra il significato “unitivo” e quello “procreativo” dell’atto coniugale. Dichiara, inoltre, l’illiceità di alcuni metodi per la regolazione della natalità (aborto, sterilizzazione, contraccezione…) ed approva quelli fondati sul “riconoscimento” dei tempi di fertilità.
Nella terza parte offre delle direttive pastorali e si rivolge ai vari soggetti ecclesiali e civili.
Tre osservazioni.
Prima. Il clima culturale del’68
L’Enciclica fu pubblicata nel 1968 nella prima fase di una rivoluzione e trasformazione globale della struttura mentale, dei costumi e delle abitudini di migliaia di persone. Inoltre, la scienza, inaugurava ricerche innovative sui meccanismi della procreazione che porteranno 10 anni dopo, il 25 luglio 1978, alla nascita all’ospedale Oldham (Nord dell’Inghilterra) di Louise Brown, la prima bambina concepita “in provetta” e all’apertura alla “Procreazione Medicalmente Assistita”. Impazziva, inoltre, a seguito dell’invenzione e della diffusione della “pillola anticoncezionale”, l’ utopia della “liberazione sessuale”. Il movimento femminista reclamava il diritto di usufruire del proprio corpo indipendentemente dalla maternità: “l’utero è mio e me lo gestisco io”. Il globo era terrorizzato dall’incremento demografico e la “famiglia tradizionale” contagiata da nuove tipologie di pseudo-famiglie.
Seconda. Il travaglio del testo e le contestazioni
Di fronte a questi profondi cambiamenti la Chiesa non poteva assistere passivamente ma aveva l’obbligo morale di ribadire la sua plurisecolare dottrina, e Paolo VI, lo fece con un Documento, forse il più discusso di tutta storia di questa Istituzione.
Papa Montini lo meditò per quattro anni ascoltando molteplici pareri. Lo svelò nell’Udienza Generale del 31 luglio 1968: “Non mai abbiamo sentito come in questa congiuntura il peso del nostro ufficio. Abbiamo studiato, letto, discusso quanto potevamo; e abbiamo anche molto pregato. Sapevamo delle discussioni accese con tanta passione su questo importantissimo tema; sentivamo le voci fragorose dell’opinione pubblica e della stampa; ascoltavamo quelle più tenui ma assai penetranti nel nostro cuore di padre e di pastore. Sentivamo tante persone, donne rispettabilissime, angustiate dal difficile problema e dall’ancor più dalla difficile esperienza. Leggevamo le relazioni scientifiche sulle allarmanti questioni demografiche nel mondo, suffragate da studi di esperti e da programmi governativi; pubblicazioni ispirate su particolari aspetti scientifici, considerazioni realistiche di molte e gravi condizioni sociologiche”.
Come previsto dopo la pubblicazione del testo piovvero critiche di ogni genere sia da parte di esponenti della Chiesa che della società civile.
Terzo. Evitare l’errore di ridurre questa enciclica al problema della pillola o del contracettivo.
Quello di Paolo VI è un testo di “ampio respiro”, spazziando dalla teologia del matrimonio cristiano ai suoi fini, dal concetto di apertura alla vita alla paternità e maternità responsabile, senza tralasciare la relazione tra natura e cultura.
Inoltriamoci in alcuni temi trattati dall’Enciclica.
HUMANAE VITAE E PROBLEMA DEMOGRAFICO
Scrive il Papa: “I cambiamenti avvenuti sono infatti di grande importanza e di vario genere. Si tratta anzitutto del rapido sviluppo demografico, per il quale molti manifestano il timore che la popolazione mondiale cresca più rapidamente delle risorse a disposizione, con crescente angustia di tante famiglie e di popoli in via di sviluppo. Per questo è grande la tentazione delle autorità di opporre a tale pericolo misure radicali” (2).
Quale soluzione propose il Pontefice?
Un chiaro NO ad alcuni Paesi ed Organizzazioni Internazionali che avevano adottato “la teoria di T. R. Malthus” (1766-1834) pubblicata nel 1798 nel saggio: An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society (Saggio sul principio della popolazione e suoi effetti allo sviluppo futuro della società). Malthus, sosteneva che l’incremento demografico avrebbe generato nel mondo una povertà in crescita e inarrestabile. Di conseguenza, la soluzione per contrastare l’impoverimento dell’umanità, doveva essere il controllo delle nascite con l’aborto e la contraccezione.
Visione presente anche oggi. Infatti, pure nel terzo millennio, vari esigono dai Paesi del Terzo Mondo come contraccambio a sussidi economici, la pianificazione di politiche famigliari che comprendano contraccezione e aborto. Consapevolezza espressa anche da papa Francesco: “non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche di ‘salute riproduttiva’ ” (Enciclica Laudato sì n. 50). Una metodologia ritenuta dal Pontefice retrograde: “non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana” (Esortazione Apostolica Evangelium Gaudium n. 214).
Ma, il malthusianesimo, come evidenziato da accreditati economisti, da J. M. Keynes (1883-1946) a R. Solow (Premio Nobel per l’Economia 1987), è una “teoria fallimentare”, non essendoci sviluppo e ricchezza dove la densità di popolazione è scarsa poiché “natalità e sviluppo economico” sono abbinati. L’ONU, nel Rapporto Popolazione ed Ambiente (2010) affermava che nel ventesimo secolo la popolazione mondiale si è incrementata di quattro volte rispetto al 1900, ma il PIL mondiale si è moltiplicato del 40%.
Per cogliere lo “spirito profetico” di Paolo VI osserviamo la situazione italiana e gli effetti che provocherà spaventosa denatalità che soffriamo. Nel 2017 si conteggiavano 464mila nascite; nuovo “minimo storico” e il 2% in meno rispetto al 2016, quando i neonati furono 473mila. I decessi, sempre nel 2017, sono stati 647mila, 31mila in più del 2016 (+5,1%). Dunque, un “minimo storico” di nascite dagli anni della Prima Guerra Mondiale, e il numero impressiona maggiormente se lo confrontiamo con il 1964 quando nacquero il doppio dei bambini. Ma l’ecatombe non si arresta, e nel 2018, rischiamo di andare sotto la soglia dell’anno precedente. Ciò comporta l’abbassamento del PIL accompagnato da un preoccupatissimo incremento dei “costi fissi societari”: dalla sanità alla previdenza. E. Gotti Tedeschi, economista e già presidente dello IOR (Istituto per le Opere di Religione) nella relazione tenuta alle “Settimane Sociali” di Reggio Calabria (ottobre 2010), sostenne che la denatalità è all’origine dell’attuale crisi economica, poiché “senza generare figli” si può vivere, ma si modifica il ciclo economico; diminuirà la ricchezza, svaniranno i risparmi e si moltiplicheranno unicamente i costi. A livello planetario, secondo uno studio pubblicato dalla rivista The Lancet nel novembre 2017, firmato da quattro esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Bleard, Bormea Suzman e Chatterji coordinatore dello studio), si prevede che gli anziani nel 2020 saranno oltre il 20% della popolazione mondiale e nel 2050 circa 2 miliardi contro gli 841 milioni di oggi. Un ultimo dato non incoraggiante è la demenza senile che oggi affligge 44 milioni di persone, nel 2050 ne colpirà 135 milioni con tutte le conseguenze del caso.
Il problema demografico non riguarda però il numero della popolazione ma la distribuzione delle risorse, dato che l’Europa e l’America del Nord posseggono il 60% del reddito mondiale e solo il 25% della popolazione. Unicamente un benessere esteso a tutti gli abitanti della terra, superando gli egoismi dei Paesi occidentali, potrà produrre un equilibrio globale.
Ecco, allora, una prima profezia dell’Humanae Vitae.
Denunciava gli errati interventi per frenare l’ “esplosione demografica”, evidenziando che il nocciolo del problema non era l’accrescimento delle popolazioni africane, asiatiche e latinoamericane, ma la scorretta ripartizione delle risorse e della ricchezza.
Don Gian Maria Comolli
(1 continua)