Un’équipe cinese fa nascere in laboratorio 29 topolini concepiti con gameti da esemplari dello stesso sesso E adesso si passa all’uomo?
Nessuna applicazione sugli esseri umani, all’orizzonte: i topi nati da ‘due madri’ e da ‘due padri’, oggetto della ricerca di studiosi dell’Accademia delle Scienze cinese, coordinati da Qi Zhou Wei e Baoyang Hu, sono un passo ulteriore nella comprensione della riproduzione sessuata nei mammiferi e mostrano ancora una volta, casomai ce ne fosse bisogno, che per fare un figlio mamma e papà restano indispensabili. Gli autori dello studio, appena pubblicato sulla rivista scientifica Cell Stem Cell, stanno cercando di rispondere alla domanda: perché due mammiferi dello stesso sesso non possono generare? Va ricordato infatti che in altre specie animali vertebrate – pesci, rettili, anfibi – la riproduzione senza maschio è possibile. Nei mammiferi, invece, è cruciale l’imprinting genomico, legato alla differenza sessuale.
Il Dna di tutte le nostre cellule è composto da 46 cromosomi, in duplice copia – 23 di provenienza paterna e 23 materna –, tranne che per i gameti (spermatozoi e ovociti) che ne hanno solo 23. Nella fecondazione i gameti uniscono i due set cromosomici per ottenerne uno completo del nuovo individuo. Ogni cromosoma contiene diverse migliaia di geni. In tutte le cellule noi abbiamo due copie dello stesso gene, entrambi funzionanti. Per ‘imprinting genomico’ si intende il diverso comportamento (tecnicamente si parla di ‘diverso stato funzionale’) di certi geni, a seconda che provengano dal genitore di sesso maschile o femminile.
Esistono infatti molte dozzine di geni attivi solo nella copia fornita dal padre o solo in quella fornita dalla madre: se si formassero embrioni solamente con il genoma di uno dei due genitori, quindi, quei geni ‘spenti’ non potrebbero contribuire alla vita dell’embrione, impedendogli di svilupparsi in tutto o in parte. I ricercatori cinesi hanno cercato di aggirare il problema dell’imprinting nei topi utilizzando su cellule staminali embrionali la famosa tecnica di gene editing Crispr, cioè quel ‘taglia e cuci’ microscopico che consente di modificare in modo altamente selettivo il Dna, eliminandone regioni selezionate.
Per fecondare l’ovocita di una femmina di topo hanno utilizzato una cellula staminale embrionale di un’altra femmina di topo, manipolata in modo da avere una cellula il più possibile simile a un gamete, senza però l’imprinting femminile. Hanno cioè formato una cellula con una sola copia di cromosomi (analogamente a un gamete), di per sé meno soggetta a imprinting, nella quale, in aggiunta, hanno eliminato con il Crispr tre zone del Dna legate all’imprinting (della femmina, in questo caso). In altre parole, gli scienziati cinesi hanno prodotto in laboratorio quello che, con un po’ di fantasia, potremmo chiamare ‘simil-gamete desessuato’: una cellula il più possibile simile a una cellula germinale primordiale (quindi con la metà del set completo di cromosomi), e senza l’imprinting legato al contributo sessuale (femminile in questo caso). Si mima cioè la riproduzione sessuata fecondando un gamete naturale femminile con un ‘simil-gamete’ prodotto in laboratorio, ottenuto dalla manipolazione di cellule staminali embrionali di un’altra femmina, private però dell’imprinting del sesso nativo (femminile, appunto).
I 210 embrioni così formati hanno dato origine a topini 29 cuccioli che, una volta adulti, si sono riprodotti naturalmente, con nati a loro volta vitali. Con un procedimento simile ma più complesso i ricercatori cinesi hanno cercato di fare lo stesso con due esemplari maschi di topo: la fecondazione è stata simulata con cellule sottoposte a manipolazioni più pesanti, fra cui l’editing genetico per eliminare ben sette regioni del Dna maschile soggette a imprinting.
Dai 477 embrioni ‘bi-paterni’ prodotti sono nati 12 topolini, sopravvissuti solo 48 ore. Nel passato si erano già visti tentativi in questa direzione, sempre con ‘due madri’, con risultati peggiori: da 400 embrioni ‘bi-materni’ erano nati 10 topi, di cui solo uno diventato adulto. «Questa ricerca ci mostra cosa è possibile. Abbiamo visto che i difetti nei topi con due mamme possono essere eliminati e che le barriere alla riproduzione grazie a due padri nei mammiferi possono essere superate»: uno degli autori, Li, ha commentato così i risultati ottenuti, sottolineando comunque che ci sono ancora ostacoli da vincere prima di poter estendere il metodo ad altri mammiferi, uno dei quali è identificare le regioni del Dna legate all’imprinting genomico, diverse fra specie e specie. Non è possibile quindi, adesso, pensare di applicare questa procedura agli esseri umani, per far nascere bambini da coppie di persone dello stesso sesso, come ipotizzato da alcuni.
Ma va sottolineato ancora una volta che l’impedimento più grande all’uso di embrioni umani geneticamente modificati (o formati da cellule geneticamente modificate) sta nella verifica sperimentale degli esiti della manipolazione. Per poter dire che l’esperimento è riuscito, infatti, gli embrioni di topo così formati sono stati trasferiti in utero per far nascere i piccoli (con un tasso di successo del 14%), che una volta adulti si sono accoppiati, e gli studiosi hanno verificato che i discendenti fossero sani. Quindi anche chi ammettesse la possibilità di formare embrioni umani ‘bi-materni’ in laboratorio, accettando questo livello di manipolazione, per verificare la riuscita dell’esperimento dovrebbe trasferire gli embrioni in utero e aspettare di vedere sviluppo e discendenza degli eventuali nati. Come abbiamo già scritto in precedenza sulle possibili applicazioni del Crispr su embrioni umani, per verificare gli esiti di questo tipo di manipolazioni dobbiamo far nascere bambini ‘per prova’. Qualcuno è disposto?
Assuntina Morresi
18 ottobre 2018
https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/due-pap-e-due-mamme-stregoni-in-vitro