La veneta Donazzan, dopo aver appoggiato la campagna di ProVita e Generazione Famiglia, ha ricevuto insulti social.
Le è bastato schierarsi sui propri profili social contro l’utero in affitto per ricevere minacce e insulti. A denunciarlo è Elena Donazzan (Forza Italia), assessore regionale del Veneto, che nei giorni scorsi ha condiviso la foto di Generazione Famiglia e ProVita Onlus che ritrae due uomini che spingono un carrello sul quale c’è un bambino piangente; in alto la scritta “due uomini non fanno una madre”. La campagna contro la compravendita di bambini ha suscitato molte polemiche, i cui effetti sono arrivati anche sui profili social della Donazzan. “Stamattina, al mio risveglio, ho trovato il mio profilo Instagram zeppo di insulti e minacce per la mia adesione alla campagna #stoputeroinaffitto”, ha denunciato. Intervistata da Tempi, la Donazzan ha affermato: “Faccio politica da sempre, detesto il turpiloquio, ma di che razza di dialettica e argomentazioni stiamo parlando quando il dissenso nei confronti di una persona si trasforma in minacce di morte per chi difende la vita dal suo inizio? Sarebbero questi i sostenitori dell’utero in affitto? Le ronde degli haters con la tastiera in braccio?”.
La disputa relativa ai manifesti in questione, intanto, va avanti. Lunedì scorso Toni Brandi, presidente di ProVita, e Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia, hanno annunciato che lo Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), attraverso il presidente del Comitato di Controllo, “ci ha spiegato che il messaggio con ‘un bambino seminudo, marchiato sul petto con un codice a barre, con il viso straziato da un pianto disperato’, non rispetta il codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, e si traduce ‘in un’offesa alla sua dignità, in contrasto con quanto previsto dall’art.10 del Codice’”. Brandi e Coghe commentano così: “Torna in mente la massima: quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito. Virginia Raggi e Chiara Appendino e lo Iap, si stracciano le vesti per il nostro manifesto, ma nessuno condanna la pratica denunciata attraverso di esso?”.
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