Vite e dati sui giovani cattolici che abbandonano agi, rumore e tecnologie trovando altrove l’affermazione di sé, la pace e l’amore vero. Si va da ex alcolisti a campioni olimpionici, tutti accomunati da una stessa convinzione: solo nella passività silenziosa e nella dipendenza priva di distrazioni si scorge l’agire di Dio nella propria vita, da cui nasce un’azione umana piena di pace.
È vero la civiltà cristiana Occidentale si sta spegnendo, soprattutto le forme e le tradizioni legate alla religione cattolica sono sempre più sconosciute alla generazione nata tra il 1980 e il 2000 (i cosiddetti Millennial). È vero però che chi oggi crede e pratica la fede cattolica vive in maniera molto più radicale rispetto ai propri genitori.
A dirlo sono i dati inglesi e le storie di tanti giovani che hanno deciso di consacrare la propria vita a Dio attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza, termini folli per un mondo che si nutre dei suoi contrari. Proprio in Gran Bretagna, agli ultimi posti nella classifica dei paesi “religiosi” (dati Gallup International 2017), i numeri dei credenti che sono entrati in convento o nella vita sacerdotale ha cominciato a salire. In particolare l’accesso delle donne, minimo fino al 2004 (7 sono entrate in convento), è cresciuto del 542,8 per cento (nel 2014 si contano 45 accessi). In generale, nel mondo occidentale i numeri sono in aumento dal 2000 (solo l’anno scorso in Usa 524 donne e uomini hanno deciso di intraprendere il cammino della vita religiosa e la metà di loro aveva meno di 25 anni).
Inoltre chi oggi si definisce cattolico, a differenza del passato, è anche praticante (un inglese su 4 tra i 25 e i 34 anni va a Messa la domenica). Un documentario della Nbc pubblicato un mese fa circa ha perfino riportato che quando uno di questi giovani decide di consacrarsi, spesso i genitori, pur in qualche modo religiosi, faticano ad accettare la vocazione dei figli. A ribadire che se il numero dei fedeli è minore di un tempo, chi si dice credente oggi è molto più convinto di coloro che si dicevano tali in passato. Nel documentario emerge anche che il 70 per cento degli istituti religiosi americani l’anno scorso non ha avuto vocazioni, mentre ad essere riempiti sono quelli fedeli al Magistero e con una regola di vita radicale.
A raccontare alla Nbc l’emergere di questo desiderio di totalità sono stati alcuni di questi giovani. Theodora Hawksley, classe 1985, della Congregazione di Gesù con sede a Nord di Londra, mentre scherza sui vestiti attillati del suo vecchio guardaroba «probabilmente troppo stretti per una suora» il cui abito è comunque quello di una laica, spiega perché i giovani sono attratti da una vita interamente cristiana. «I Millennials sono cresciuti in una società in tanti modi molto permissiva, in cui puoi fare ciò che ti piace, puoi scegliere qualsiasi cosa ti piace», perciò «penso si senta un bisogno di una identità più forte, di argini più forti». Poi la giovane suora racconta perché ha rinunciato al mondo per sposarsi con Cristo, lei che da grande cuoca ora cucina pasti umili e che, come una mamma con figli, non può più vivere la vita di un tempo: «Uscire per una birra, avere del tempo libero dove non hai nessuno a cui pensare, nel senso egoistico, questo mi manca», confessa senza vergogna, ma il guadagno è maggiore della perdita, perché Hawksley ha trovato «una libertà più profonda nel servizio a Dio».
Kirstin Holum, pattinatrice olimpionica americana, ora suor Chaterine, è fra le prescelte della sua congregazione francescana per l’apertura del monastero di Leeds, a Nord dell’Inghilterra, dove ora risiede. Il convento non dispone né della televisione, né di internet, considerate «distrazioni». La sua vita di preghiera e contemplazione, spiega, le permette così di stare «faccia a faccia con la tua debolezza», per cui «sono grata di non avere tutte quelle scappatoie». Un’affermazione incomprensibile ad un mondo che, al contrario, cerca ogni strumento in grado di evitare il limite umano. Per suor Catherine è invece più bello vivere accettandolo, perché «possiamo davvero diventare più libere di amare e di essere ciò per cui siamo destinate ad essere».
Ma queste parole fanno ancor più specie se si pensa che la suora ha vissuto a lungo, quale campionessa olimpionica, preparandosi per ore ed ore a prestazioni sempre migliori, in cui superarsi era la regola per affermarsi e avere sempre più successo. Intendiamoci, Suor Chaterine non disprezza la sua vita passata che l’ha allenata al sacrificio, dandole «la gioia di gareggiare e fare bene, anche solo facendo del tuo meglio personalmente», ma «è sempre stata una gioia passeggera: sei già a pensare al prossimo evento per cui cominci a diventare nervosa». La ragazza non rifiuta nemmeno la buona volontà di chi vuole affermarsi e lasciare un segno, perché «tutti desiderano essere grandi e fare qualcosa di grande, ma è solamente entrando davvero in relazione con Dio che davvero si trova pace nel fare grandi cose, qualunque esse siano». In poche parole sia che si sia campioni olimpionici o che Dio chiami alla vita religiosa, il punto è vivere tutto per Dio. Altrimenti nulla basta. Tutto finisce.
È forse questo che stanno percependo le nuove generazioni, piene di ogni bene materiale, ma vuote di senso. James Sharpe, 28 anni, ex alcolista, oggi ama partecipare alla Messa in latino. Per lui la conversione ha significato non solo una vita senza eccessi ma qualcosa di più: «Venendo da una vita di notti a bere, di musica, di molte occupazioni», fu poi «attratto dal silenzio» che «cominciai ad assaporare…in uno stile di vita più contemplativo».
Così, esattamente al contrario di un mondo che cerca soddisfazione nel proprio fare senza mai trovarla davvero, questi giovani ripartono da una passività: nel silenzio necessario alla contemplazione riconoscono l’amore di Dio e la sua azione nella loro vita e solo di riflesso agiscono. Rispondendo a quel Senso e a quell’Amore di cui l’uomo di oggi, pur faticando ad abbandonare tutto quanto gli offra potere e fuga, ha più che mai bisogno.
Benedetta Frigerio
7 novembre 2018
http://www.lanuovabq.it/it/i-fedeli-in-occidente-calano-ma-chi-crede-crede-davvero