La pace fiscale del governo è l’ennesimo condono che redistribuisce non dai ricchi ai poveri, come dichiarato speranzosamente dal ministro Savona, ma dai furbi agli onesti.
La pace fiscale del governo è l’ennesimo condono che redistribuisce non dai ricchi ai poveri, come dichiarato speranzosamente dal ministro Savona, ma dagli onesti ai furbi. La complessità delle pratiche fiscali nel nostro Paese rende assolutamente possibile che, quando si tratta di piccole somme, in molti casi si sia di fronte a un problema di errori. Non per questo si giustifica la pratica del condono. L’altra ragione, sovente adombrata, è che in fondo con un simile provvedimento si attenua una pressione fiscale eccessiva su chi non ce la fa a pagare. Ma, anche in questo caso, ragioni di equità vorrebbero che la riduzione di pressione fiscale si spalmasse su tutti i contribuenti e non solo su chi non paga per una ragione o per l’altra.
La via maestra per una riforma fiscale è in direzione opposta a questa e risponde al famoso principio “pagare meno pagare tutti”. Se si arrivasse al traguardo ideale di annullare l’evasione fiscale ci sarebbe infatti spazio per una robusta ed equa riduzione del prelievo su tutti i contribuenti. Esistono due vie per raggiungere l’obiettivo. La prima è politicamente impraticabile anche se sarebbe la più efficace. Eliminando il contante molti problemi sarebbero risolti, ma per tanti cittadini questo sarebbe un attentato alla libertà e alla Costituzione.
La seconda via, praticata con successo dal vicino Portogallo, è quella di muovere verso la fatturazione elettronica per tutti gli scontrini con trasferimento automatico dell’informazione all’Agenzia delle entrate. Il governo muove, seppur lentamente e non senza esitazioni, in questa direzione: dal 1° luglio 2019 l’obbligo riguarderà solo i soggetti con volume d’affari Iva superiore ai 400mila euro, mentre per tutti gli altri contribuenti si partirà dal 1° gennaio 2020. Si tratta di una misura che, per essere efficace, dovrebbe essere accompagnata dal conflitto d’interesse tra operatori economici e consumatori finali, che potrebbero essere incentivati con opportune detrazioni fiscali a richiedere sempre la certificazione dei corrispettivi pagati.
In Portogallo, dal 2013, è ormai sempre obbligatorio emettere la fattura, anche a favore del privato consumatore finale e anche se questi non la richiede. Dal 2015, anno della riforma della tassazione sul reddito delle persone fisiche, è stata anche introdotta la possibilità di detrarre dalle imposte sul reddito di questi soggetti fiscali una nuova serie di nuove spese, a condizione, che il contribuente, in sede di richiesta della fattura, fornisca al venditore o commerciante (anche se dettagliante) il proprio numero di identificazione (l’equivalente del nostro codice fiscale).
Tali ulteriori detrazioni fiscali includono non solo le spese sanitarie e di istruzione e formazione, ma anche diverse ‘spese domestiche’ identificate dalla legge. A seguito di questa riforma il Portogallo ha realizzato un significativo aumento delle entrate tributarie complessive, trainate dal gettito Iva (+2,3% nel 2014, rispetto al 2013, e 4.8% nel 2014 rispetto al 2014). In particolare, il maggior incremento del gettito Iva (6,9%) è stato registrato nel 2015, anno in cui la trasmissione dei dati delle fatture è divenuta obbligatoria per tutti i professionisti e le imprese residenti.
La riforma portoghese ha avuto successo perché sono state rispettate tre condizioni: 1) non sono state previste eccezioni soggettive od oggettive per i soggetti obbligati alla fattura elettronica e ai corrispettivi elettronici; 2) è stata prevista una tempistica di trasmissione dati mensile; 3) i contribuenti sono stati obbligati a presentare, come in quasi tutti i Paesi della Ue, le dichiarazioni Iva con periodicità mensile o trimestrale (in Italia la dichiarazione Iva è annuale, ma anche da noi sono previsti obblighi mensili o trimestrali per la presentazione dei risultati delle liquidazioni Iva periodiche).
Resta il fatto che in Portogallo la modulistica Iva è piuttosto snella e semplificata: due pagine, contro le 18 pagine del modello italiano Iva 2018, corredato da ben 84 pagine di fitte istruzioni. Per il successo della riforma portoghese, a nostro avviso, è stato incisivo e probabilmente decisivo il fatto che in Portogallo i privati consumatori che comunicano agli esercenti il loro codice identificativo possono beneficiare in automatico di una serie di nuove detrazioni fiscali, anche per servizi domestici, come accade da noi per un più limitato numero di spese, come quelle mediche ed altre presenti nella nostra ‘precompilata’, visibili dai contribuenti sulla propria area riservata del sito web dell’autorità fiscale.
Sulla scia dell’esempio lusitano, il principio del ‘pagare meno pagare tutti’ (ovvero: pagare tutti, per pagare meno) non potrebbe essere l’oggetto di un ‘contratto di successo’ con gli italiani in grado di conquistare consenso politico?
Leonardo Becchetti ed Emanuele Falorni
4 novembre 2018
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/facciamo-i-portoghesi