Due affezionati sorcini ripercorrono la carriera artistica del Renatino nazionale svelandone la forte radice spirituale.
“Arrivo a Zero. Sulle tracce di Renato” (Ancora edizioni) è un libro originale composto da due diari: quello di uno zerofilo incallito, Elio Berti e di una fan “appena nata”, Luisa Vassallo. Gli autori rintracciano nella carriera del cantante che ripercorrono nel testo, il mondo spirituale, la ricerca di senso, la fede del Renatino nazionale.
Entrambi interessati ad andare oltre i lustrini, le paillettes e l’ambiguità di un personaggio che ha fatto anche dell’esagerazione e dell’eccentricità la sua cifra stilistica, soprattutto nella prima parte del suo percorso artistico, si fermano a riflettere domandandosi: chi è davvero Renato Zero? Qual è il cielo che cerca?
La vita è un dono
Anche una sorcina come me scorrendo queste pagine ha scoperto per la prima volta soffermandosi sui testi parole ricche di gratitudine e di rispetto per la vita, come ad esempio nella canzone “La vita è un dono”:
«La vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo, ogni emozione ogni cosa è grazia»
“Alla parola «Renato Zero» esce fuori di tutto ma, soprattutto, salta fuori un volto malandrino, sorridente e un po’ nostalgico, scompigliato e perfetto al tempo stesso, truccato, naturale, pensieroso, improbabile, assurdo, esagerato e modesto. Molte le foto del passato, che hanno segnato un’epoca e creato il personaggio. Ma poi, mi chiedo: tutto quel chiasso e quel dimenarsi dei primi anni non erano forse già un confuso e ardito grido, la voce di un cuore irrequieto che non riusciva ad accontentarsi di poche manciate di banalità, ma cercava attorno a sé o, meglio, poco «Più su» quel «Cielo» che sa rispondere con parole piene di vero e di eterno?”.
“Più su”… un dialogo con Dio
Quante volte è passato alla radio il famoso brano “Più su”, senza che l’ammaliato ascoltatore prendesse consapevolezza di un testo così intriso di spiritualità in cui il cantante dialoga con Dio:
“E poi più in alto, e ancora su fino a sfiorare Dio e gli domando io: «Signore, perché mi trovo qui se non conosco amore?»
“Di Renato, al tempo, sapevo proprio poco ma ora, rileggendo quella strofa sulle pagine del quadernino arancione e riflettendo su questi magnifici testi, mi rendo conto di quanto le sue canzoni siano «spesse» e di quanto cantino Dio secondo una fede che non è un semplice pacchetto di dogmi o un condensato di moralismo lucido e sentimentale, ma un incontro, una storia d’amore, un porsi nelle cose per cui, alla fine, senti di essere un uomo con tutti i limiti e gli slanci che questo comporta… perché:
Ma che uomo sei se non hai, il cielo”.
Il frate che donò il sangue per salvare il piccolo Renato
Il libro rivela anche un interessantissimo particolare delle prime ore di vita del piccolo Renato Fiacchini, che corse un grave pericolo di vita subito dopo la nascita per una severa forma di anemia, scongiurato grazie ad un frate che gli donò prontamente il sangue per la trasfusione che lo salvò. Come non pensare che magari è proprio da qui che è cominciato il dialogo con Dio di Renato. Galeotta fu allora la trasfusione che forse insieme ai globuli rossi passò le prime molecole di fede?
“In sintonia con queste verità vien da pensare alla semplicità del gesto di fede che segnò, all’inizio del suo cammino umano, lo stesso Renato, il quale, per un’incompatibilità materno-fetale da fattore Rh, a poche ore dalla nascita rischiò di morire. Fu un frate che donò il suo sangue al piccolino, cui necessitava, per sopravvivere, una trasfusione totale: un gesto semplice, gratuito, forse impulsivo ma sincero. Ri-nato, Renato: vien da pensare che forse non fu un caso il nome”.
La mia fede mi porta a vedere Cristo dappertutto
“Tutti gli uomini portano Gesù nel cuore” afferma il cantante con il trasporto di un sentimento religioso semplice ma forte, e la sua autenticità tipicamente “popolana” che ne contraddistingue la personalità artistica.
«La mia fede – ha detto Renato – mi porta a vedere il Cristo dappertutto: un falegname, un idraulico. Tutti gli uomini portano Gesù nel cuore. Ci ha detto che Dio va cercato dentro di noi, non altrove. È forse per questo che la mia mente resta aperta a qualunque soluzione (…) Tutto questo si riassume con il precetto: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. Mettere in pratica queste parole limiterebbe l’intemperanza e la violenza».
La fede è un paracadute meraviglioso
Il libro ha anche il pregio di offrire al lettore piccole perle tratte da interviste radiotelevisive, da dichiarazioni, introduzioni agli album e versi di canzoni in cui il cantante esprime il suo mondo interiore intriso di una ricca spiritualità. Ve ne diamo un assaggio:
Penso che ogni giorno sia come una pesca miracolosa… (1973)
Ma che uomo sei se non hai, il cielo. (1977)
Io non prego mai quando sono infelice, io non prego mai quando sono disperato. Prego solo quando sono sereno. Prego quando mi sembra di non aver bisogno di Dio. (1980)
La provocazione è perdonare qualcuno, è amare qualcuno, essere più tolleranti. L’urgenza maggiore, oggi, è quella di confermare i sentimenti. (1998)
Non bisogna avere paura di parlare della morte. Mi sono convinto che la morte sia lì per incitarci, per raccomandarci di non buttare via il tempo, di amare di più. (2001)
Gli angeli sono tra noi, magari camuffati da gente comune, ma ci sono, come in quello splendido film in bianco e nero di Wim Wen- ders «Il cielo sopra Berlino». A volte si perdono di vista, e allora, immancabilmente, sbagli!… Ognuno di noi ha bisogno di un ange- lo. E aggiungo che dentro di noi c’è sempre, magari segretamente, un angelo. Qualche volta cade, si sporca, si ferisce. Ma poi ti torna dentro. In fondo, siamo terrestri solo per un po’! (2001)
Ho ringraziato Dio «per non essersi mai dimenticato di me». (2009)
C’è un sole che non vedi, lui ti parla e tu gli credi. È questa la fede. (2009)
La famiglia è importante, se ne parla adesso come fosse una novi- tà. Da quella famosa capanna dove faceva molto freddo e il Signore era lontano quella notte, abbiamo imparato molto. Abbiamo impa- rato che la convivenza deve essere esercitata fra le quattro pareti di casa e poi avere casomai l’ambizione che questo nostro pensiero si affermi anche altrove. (2016)
La fede è un paracadute meraviglioso. (2017)
Queste suggestioni confermano come Renato Zero abbia sempre sempre cercato di esplorare attraverso canzoni, costumi e scelte apparentemente bizzarre, i chiaroscuri del cuore umano in primis del suo. Un cammino che si è delineato man mano sempre più chiaramente, ma iniziato già negli anni del Piper, dei costumi bizzarri e della trasgressività provocatoria che – come riporta il testo – lo stesso artista romano rilegge oggi così:
«Era la ricerca di un’identità, che giustifica errori, malintesi, contrattempi. La trasgressione è la timidezza che si maschera».
Silvia Lucchetti
9 Novembre 2018 – Aleteia