La signora si sente più sicura ad affrontare la pensione con la presenza di una figlia e le basterà essere in salute per accompagnarla fino alla maggiore età. Ma le sue “ridotte” aspirazioni saranno apprezzate anche da sua figlia, man mano che crescerà? E’ giusto imporre, con una scelta libera e consapevole, ad una bimba di nascere e crescere priva del padre, e per di più ritrovandosi una madre in età “da nonna”, con la più che probabile prospettiva di perderla ancora giovane e restare sola ad affrontare la vita? Insomma, quando le due cose difficilmente coincidono, conta più la raggiunta felicità della neomamma o il miglior bene di chi si sceglie di mettere al mondo? Ciascuno cerchi risposta nel proprio cuore.
Divenire mamma (partorendo un figlio), sicuramente una tra le gioie più grandi che possono toccare in sorte ad una donna. Desiderarlo, anche intensamente, è un qualcosa di “naturale” e positivo, in grado – se integrato con responsabile armonia nel proprio percorso esistenziale – di contribuire alla propria crescita e realizzazione personale.
Ma “desiderare di essere mamma” coincide per caso con “l’essere mamma ad ogni costo”?
In effetti, viene da chiederselo di fronte ad alcuni casi di cronaca che lasciano alquanto perplessi. L’ultimo in ordine di tempo, riguarda una donna italiana, di professione infermiera, che ha partorito per la prima volta qualche giorno fa, alla “non troppo tenera” età di 62 anni, dando alla luce una bella bimba di 3,5 kg, che – ne siamo felicissimi – gode di ottima salute.
Forse, vanno citati però alcuni altri particolari della vicenda, non del tutto secondari.
La signora “agée”, che si dichiara single, per dare inizio alla sua gravidanza si è sottoposta ad una fecondazione artificiale eterologa, nella modalità “estrema” della cosiddetta “embriodonazione”, ovvero si è fatta trasferire in utero un embrione già formato (in realtà, non conosciamo quanti tentativi siano stati fatti prima di ottenere l’impianto), residuato dalla fecondazione artificiale intrapresa da un’altra coppia, che dopo aver ottenuto la propria gravidanza, non era evidentemente più interessata agli altri embrioni “avanzati”. Tutto ciò è avvenuto in una nota clinica specializzata di Tirana, in Albania, paese in cui tale procedura è regolata da leggi alquanto permissive (in Italia non sarebbe stato legale); aggiungiamo che, a dispetto della parola “donazione”, l’operazione ha in realtà richiesto il pagamento di un prezzo stabilito (pubblicizzato anche sul sito web della clinica), ascrivibile – con parecchia ipocrisia? – non alla cessione dell’embrione, ma ai servizi medici connessi con la procedura. In fondo, stiamo parlando di qualche migliaio di euro, una cifra abbordabile per molti!
Ma quale dovrebbe essere, in Italia, in Albania, o in qualunque altro paese, il prezzo giusto per comprare un figlio?
E sì, perché, pur rischiando di apparire troppo rozzi o bruschi nella descrizione dei fatti, in parole povere, la donna di 62 anni si è recata all’estero ed ha “acquistato” un embrione generato da altri – quella stessa bimba che poi ha felicemente partorito -, non essendo più possibile per lei ottenere una gravidanza in modo naturale. Dunque, il buon desiderio di divenire madre può spingersi fino a punto di comprare un figlio o commissionarlo su ordinazione ad altri? E addirittura farlo in età più “da nonna” che “da mamma”?
La donna di 62 anni oggi si dice felice, “ho rimandato (la maternità) per la fatica (del lavoro) – ha dichiarato in un’intervista – e quasi mi sento più sicura ora che arriva la pensione. A me basta che questa bimba arrivi con me ai 18 anni, poi potrà camminare da sola”. Già, la signora si sente più sicura ad affrontare la pensione con la presenza di una figlia e le basterà essere in salute per accompagnarla fino alla maggiore età. Ma le sue “ridotte” aspirazioni saranno apprezzate anche da sua figlia, man mano che crescerà? E’ giusto imporre, con una scelta libera e consapevole, ad una bimba di nascere e crescere priva del padre, e per di più ritrovandosi una madre in età “da nonna”, con la più che probabile prospettiva di perderla ancora giovane e restare sola ad affrontare la vita? Insomma, quando le due cose difficilmente coincidono, conta più la raggiunta felicità della neomamma o il miglior bene di chi si sceglie di mettere al mondo? Ciascuno cerchi risposta nel proprio cuore.
Maurzio Calipari
20 novembre 2018
Mamma a 62 anni: qual è il prezzo giusto per comprare un figlio?