Diciamo addio al rito dei buoni propositi per l’anno nuovo e iniziamo il gioco del “sii sempre contento” di Pollyanna.
L’ultimo libro che ho letto nel 2018 è stato “Pollyanna” di Eleanor Hodgman Porter (DeAgostini). L’ho comprato insieme a mio marito per nostra figlia pochi giorni prima di Natale. La commessa ci ha sentiti parlottare, e quando mi ha vista cercare tra i classici per ragazzi mi ha domandato: “quanti anni ha sua figlia?”, “10 mesi!” le ho risposto un po’ imbarazzata indicando il passeggino rosso dietro di me, e ho aggiunto: “ma è per quando sarà un po’ più grande!”. “Signora c’è tempo”, ha detto sorridendo, “forse è meglio che lei scelga qualcosa tra i libri da 0 a 1 anno di età, venga con me che glieli faccio vedere”. Troppo tardi. Tornati a casa ho cominciato a leggere Pollyanna, e ho finito l’anno tra le sue pagine. Non vedo l’ora che lo sfogli mia figlia, o che mi chieda di leggerlo insieme. Il tempo che manca, giusto qualche anno, mi sarà utile per provare ad imparare il gioco del “sii sempre contento”, lo conoscete?.
Addio buoni propositi, ci vuole l’allegria!
L’anno nuovo è tempo di buoni propositi, chi più chi meno comincia a stilare la sua lista speciale elencando gli obiettivi da raggiungere per… essere felici. Ma davvero crediamo che la felicità dipenda dal riuscire ad andare in palestra 3 volte a settimana? dall’eliminare carboidrati e bevande gassate almeno fino al week-end? dal riuscire a risparmiare per permettersi una vacanza? o perdere i chili di troppo dell’ultima gravidanza? Sono tutte cose buone e sane, ci mancherebbe, ma non regalano il senso alla nostra vita che cerchiamo, la gioia che vorremmo provare. Lì per lì fanno sentire appagati, bravi, a posto, ma niente di quello che possiamo raggiungere in quest’anno nuovo avrà davvero significato se la nostra vita non diventerà un incessante inno di lode, un continuo motivo di allegria. Perché i piani saltano, si sa, non sempre riusciamo a mantenere ciò che avevamo stabilito: la vita ha molta più fantasia di noi, per fortuna. E quindi cosa fare? Io quest’anno ho deciso: niente buoni propositi ma il gioco del “sii sempre contento”.
“Sii sempre contento”
Avevo già sentito parlarne, ma è soltanto dopo aver letto il libro che mi è venuta voglia di provare a giocarci per cominciare in grazia di Dio questo 2019, e venir fuori così dalle situazioni spiacevoli (o almeno provarci!), da quelle che anche a noi adulti in apparenza sembrano soltanto delle grosse fregature e lo sono veramente, ma non del tutto!, dai capricci di piccoli e grandi che sono come gli amori che non finiscono della canzone di Venditti “fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Il gioco diventa più semplice se si ha qualcuno con cui condividerlo, quindi mi raccomando mamme, e soprattutto papà – dato che il gioco lo ha inventato il padre di Pollyanna – giochiamolo e insegniamolo ai nostri figli.
Ecco la storia di come nasce il gioco
(…) «Sembra che tu non faccia fatica a essere contenta di tutto» disse Nancy con una certa ironia, ancora scossa al ricordo del coraggioso sforzo di Pollyanna nell’accettare di buon grado la squallida stanza nel sottotetto. Pollyanna abbozzò un sorriso. «Be’, comunque fa parte del gioco.»
«Del… gioco?»
«Sì il gioco del “sii sempre contento”.»
«Di che cosa diavolo stai parlando?»
«Ma è un gioco! Me l’ha insegnato papà ed è molto carino» aggiunse Pollyanna. «L’abbiamo sempre giocato insieme, fin da quando ero piccola piccola. L’ho anche insegnato alle signore dell’Assistenza, e qualcuna di loro ha persino provato a giocarlo.»
«Com’è questo gioco? Non me ne intendo molto di giochi, io.»
Pollyanna rise ancora, ma poi sospirò. Alla ormai tenue luce del crepuscolo il suo piccolo viso apparve affilato e pensieroso. «Be’, abbiamo cominciato quella volta che alla missione sono arrivate un mucchio di stampelle.»
«Stampelle?»
«Sì. Vedi, io desideravo tanto una bambola e papà l’aveva anche scritto, ma quando le signore dell’Assistenza inviarono un po’ di roba alla missione, risposero che non avevano ricevuto nessuna bambola, ma diverse stampelle. Aggiunsero che ce le mandavano perché potevano sempre riuscire utili prima o poi. Ed è stato allora che abbiamo iniziato per la prima volta a fare questo gioco.»
«Non vedo che cosa ci sia di divertente» disse Nancy quasi irritata.
«Ma sì. Il gioco consiste proprio nel trovare in qualsiasi situazione qualcosa di cui potersi rallegrare; non importa che cosa» soggiunse candidamente Pollyanna. «E noi cominciammo proprio dalle stampelle.»
«Ma benedetto il cielo! Non vedo come si possa essere contenti di ricevere un paio di stampelle quando si desiderava una bambola!.»
«E invece una ragione c’è» disse Pollyanna «Anch’io in principio non riuscivo a capirlo» aggiunse, in uno slancio di sincerità. «Papà me l’ha dovuto spiegare.»
«Be’, allora potresti spiegarlo anche a me» disse Nancy un po’ sarcastica.
«Ma è semplice! Tanto per cominciare puoi essere contenta di non aver bisogno delle stampelle» spiegò Pollyanna trionfante. «Come vedi, è molto facile, una volta che hai capito il meccanismo.»
La fa facile Pollyanna, vero? E lo è, a patto che poco alla volta smettiamo di lamentarci e cominciamo a giocare seriamente!
Silvia Lucchetti
Aleteia, 3 gennaio 2019