Guardare i lettori che leggono i giornali al bar è istruttivo. Vedi quali pagine leggono di più, quali articoli, con quale attenzione. A volte, con quale reazione. Venerdì ho visto che tre-quattro lettori si passavano, indicandola col dito, una cronaca locale, intitolata: «Madre denuncia figlio spacciatore». Siamo nel luogo dov’è accaduto il fatto, forse quei lettori conoscono i protagonisti, una lettrice si sente più coinvolta degli altri e commenta il titolo ad alta voce: «Lo perderà». Vuol dire che la madre che ha denunciato il figlio ha rotto i ponti con lui. Spiega: «Tutto poteva fare, ma non chiamare i carabinieri». Mi guardo la notizia con calma.
A Loreggia, in provincia di Padova, una madre aveva «un’antica guerra» col figlio, per problemi di droga. Mi stupisce quell’«antica», perché il figlio compie adesso 18 anni, dunque la droga è un problema che riguarda anche i più che minorenni. La madre sapeva o temeva che il figlio spacciasse, e questo la mandava in crisi più di tutto.
Se si droga rovina se stesso, se spaccia rovina gli altri. A un certo punto, la madre non ce l’ha fatta più e ha chiamato i carabinieri. Sbagliando, secondo la lettrice. Per la quale, evidentemente, la famiglia è una cellula chiusa, i suoi problemi devono restar segreti. La cellula deve proteggere se stessa, la madre deve proteggere il figlio a qualunque costo. Se lo denuncia, lo perde, e questo è il massimo errore che possa fare. È un sistema mentale diffuso, credo che molte lettrici, leggendo quella cronaca, avranno la reazione di questa donna che vedo al bar. Credo che anche il figlio denunciato la pensi così, che la madre non lo ami veramente, perché se lo amasse non lo denuncerebbe. Una madre può fare tutto tranne che mettersi contro il figlio. Invece questa madre che l’ha denunciato ha pensato: ‘Se lascio tutto così, lo perdo’.
Era la sera di Capodanno, la madre aveva scoperto un sacchetto pieno di bustine nella stanza del figlio, voleva buttarle via, ma il figlio le sbarrava la strada, difendeva il suo business. Il business dello spaccio consiste nel rovinare i coetanei, se questo business lo fa tuo figlio rovina i figli di madri come te, essere madre comporta sentire una fraternità con le altre madri, e patire un lutto se i loro figli vengono rovinati. Salvando il loro essere madri, salvi il tuo essere madre. Essere madre è una condizione collettiva. Quando sono arrivati, i carabinieri han perquisito la stanza del figlio e han trovato bustine di cocaina, di hashish, di marijuana, e 2.200 euro in contanti. La merce per i nuovi affari e il frutto dei vecchi affari. Per quegli affari tuo figlio è odiato dalle altre madri e per amare tuo figlio tu devi sapere che le altre madri non lo odiano, amarlo vuol dire volere che sia amato. I carabinieri lo hanno portato via dal quartiere, nel quale adesso non può risiedere.
Tornerà quando potrà risiedere senza fare affari. La vita dello spacciatore è una linea che va spezzata. La lettrice che non chiama i carabinieri ama il figlio da sola, in un rapporto a due, la madre che li chiama vuole che sia amato da tutti: il suo è un amore diverso e più grande. Sostanzialmente, per uscire dal tunnel il figlio spacciatore deve capire questo: la madre che lo denuncia è l’unica che gli voglia veramente bene.
Ferdinando Camon
6 gennaio 2019
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/denuncia-per-amore-ecco-la-prova-pi-grande