Se qualcosa ci può insegnare il passato è che il futuro non è mai quello che ti aspetti.
Non c’è più il futuro di una volta. Sono abbastanza avanti con gli anni per ricordarmi di quando il futuro era una cosa luccicante, tecnologica, il posto dove tutti volevano andare. Si sarebbe arrivati per rimanere sulla Luna, su Marte, sui pianeti di mille stelle; avremmo corso sulle nostre macchine volanti in cieli limpidi, e robot amichevoli avrebbero svolto i compiti più gravosi.
Ma, come dicevo all’inizio, il futuro non è più quello di una volta. La fantascienza è praticamente sparita dalle librerie. La possiamo trovare ancora al cinema, nelle serie TV o web; ma quello che ci viene offerto è, quasi sempre, un domani claustrofobico o terrificante. Mille e una fine del mondo, dagli asteroidi agli zombie. Non è più il tempo delle utopie, ma delle distopie. Si spera che quello che viene raccontato non possa, non debba accadere.
Forse è proprio questa la parola chiave: speranza. Cinquant’anni fa si sperava, si era quasi certi che quello che ci attendeva dietro l’angolo non potesse essere che un giorno migliore. Non avevamo conquistato i cieli? Le macchine non avevano quasi abolito la fatica? Non mancava molto al giorno in cui sarebbero stati banditi la fame, lo sfruttamento, le guerre. E ciò che avrebbe adempiuto questa promessa di prosperità e felicità non sarebbe stata una divinità, ma la Scienza. Figlia dell’uomo, sì, ma in qualche maniera trascendente ad essa: una entità mistica quasi coincidente con il Progresso, una dea che non poteva fallire, e non avrebbe fallito.
Poi gli anni sono trascorsi, e quelle promesse non sono state mantenute.
Sì, solchiamo i cieli, la vita è più facile e comoda di quanto non sia mai stata in nessuna epoca precedente. Ma dov’era quella felicità che ci era stata promessa?
La Scienza, intesa non come modo di investigare l’esistenza ma come idolo venerato, ha fallito. I suoi sacerdoti ci avevano illusi con false utopie.
Se togliamo la scienza dalla fantascienza, non rimane che la fantasia. Tolta la speranza in un futuro non rimane che un passato di terre mitiche, spade e dragoni. Se i vecchi dei sono ormai stati rinnegati, per il domani non resta che la disperazione di mille e una fine del mondo.
Accade sempre così con i falsi dei. Quando compaiono sembra debbano garantire la felicità. Illudono, ma non mantengono. E presto passano ad essere prima odiati, poi ignorati quando anche l’odio sembra troppo. C’è chi passa di entusiasmo in entusiasmo, di causa in causa, in perpetui divorzi e nuovi matrimoni, convinto o quantomeno speranzoso che la prossima sarà la volta buona. Ma i più smettono di credere. C’è chi trasgredisce per non pensare, finché la trasgressione non diventa la nuova norma; c’è chi non pensa, e basta, rinunciando a vivere, fino al letterale suicidio. E chi si abbandona al cinismo, troppo morto dentro per sperare ancora nella vita.
Eppure se qualcosa ci può insegnare il passato è che il futuro non è mai quello che ti aspetti. In quel Blade Runner di tanti anni fa ambientato nell’anno del nostro oggi ci sono androidi e macchine volanti, ma non cellulari: che il protagonista telefoni da una cabina pubblica è ai nostri occhi autentica fantascienza. Quale delle previsioni di trent’anni fa si è realizzata? Ciò che pensavamo dietro l’angolo continua a sfuggirci, come in una fuga di specchi; ma possediamo ciò che nessuno è riuscito ad indovinare.
Forse il problema non è che le promesse non si realizzano, ma che attendiamo le cose sbagliate. Non speriamo nelle cose giuste, abbiamo solo attese umane, e l’attesa spaventa i cuori.
È per questo che la speranza può sussistere solo se a garantirla vi è qualcosa al di fuori del mondo umano. Una speranza che non muore, questo è ciò che in fin dei conti desideriamo davvero. La materia stessa di cui è fatta la speranza.
Certo, chi vuole può bollarla come illusione. Qualcosa che davvero non esiste, la fantasia di esseri senza scopo. Gli altri, quelli che lo scopo ce l’hanno, che la speranza la conservano, possono continuare invece ad andare avanti. Perché finché c’è la speranza non ci si deve, non ci si può fermare.
Si ritorna al futuro.
Antonio Benvenuti
5 febbraio 2019