C’è una campagna strisciante e pervasiva nel nostro Paese che vuol rendere “normale” la diffusione della droga. Sulla droga la libertà psichedelica del “tutto è permesso” di matrice sessantottina, dove i diritti sconfinano nei desideri, s’incontra con l’accoglienza illimitata di migranti che per fame ed estraneità al territorio sono facilmente reclutabili nel racket. I due fattori, shakerati dall’ideologia radical, disegnano la nuova società verso cui andiamo incontro e che ha perso il senso del limite, personale e territoriale, morale e civile.
C’è una campagna strisciante e pervasiva nel nostro Paese che vuol rendere “normale” la diffusione della droga. È una campagna che passa dalla proposta ripresentata in Senato di legalizzare la coltivazione e la vendita dell’hashish e della marijuana, cavallo di battaglia di sinistre, radicali, liberal e grillini “fumati”. Si sono moltiplicati in breve tempo e in ogni angolo i negozi dedicati alla cannabis (intorno a casa mia ne sono sorti in pochi mesi 5 o 6). Senza dire dei messaggi quotidiani sulla droga tra canzoni, film, letture. Eppure una percentuale altissima di atti criminali, violenze sessuali o incidenti stradali è accompagnata da quelle pratiche: spaccio, uso, stati d’alterazione, necessità di procurarsi la droga.
La droga è il Gran Rimosso della nostra vita pubblica perché è il punto di confluenza di due aspetti politicamente sensibili: i racket dell’immigrazione clandestina (dalla mafia nigeriana in giù) e la diffusione di una visione libertaria, libertina e permissiva. Da una parte la manovalanza massiccia di migranti, soprattutto neri, nello spacciare e procurare la droga e dall’altro un modello di società radical, trasgressiva, anti-proibizionista che deriva dai piani alti della nostra società, dal nichilismo diffuso oltre che dal cinismo degli imprenditori di morte. Sulla droga la libertà psichedelica del “tutto è permesso” di matrice sessantottina, dove i diritti sconfinano nei desideri, s’incontra con l’accoglienza illimitata di migranti che per fame ed estraneità al territorio sono facilmente reclutabili nel racket. I due fattori, shakerati dall’ideologia radical, disegnano la nuova società verso cui andiamo incontro e che ha perso il senso del limite, personale e territoriale, morale e civile. Masse di espiantati, disperati, in contesti privi di identità, privi di tutto, a disposizione dei racket e dall’altro masse di consumatori, disperati ed espiantati anch’essi, ma benestanti o comunque in grado di procurarsi soldi, privi di ogni riferimento. Su quel patto scellerato regge il mercato della droga.
Uno studio dell’Accademia nazionale americana di Medicina e poi una ricerca di Alex Berenson, uscita ora negli Usa e in Gran Bretagna (Tell your children the truth about marijuana. Mental illness and violence) illustrano i danni che produce la cosiddetta droga leggera e dimostra che non è innocua. La droga danneggia il cervello, riduce la lucidità e la capacità di decidere autonomamente, deteriora i comportamenti, genera dipendenza, altera il rapporto con gli altri e con la realtà, produce stati illusori e allucinatori. Con tutti gli effetti sociali, pubblici e privati che ne derivano. La legalizzazione oltre a legittimarne l’uso ne abbassa il prezzo e ne fa aumentare il consumo. E poi la marijuana oggi è molto più nociva rispetto al passato, ha decuplicato l’agente psicoattivo Thc che la rende assai più dannosa. Con la sua diffusione è raddoppiato in pochi anni negli Stati Uniti il numero di ragazzi che soffre di malattie mentali, oltre il numero di decessi. E nel mondo divampano guerre civili intorno ai narco-stati e al controllo della droga, dal Venezuela all’Albania.
Passa inosservato lo spaccio e il consumo crescente di droga nel nostro paese, l’escalation di morti all’anno per overdose e in generale per droga, più dei femminicidi e di altre emergenze vere e presunte; è record il numero di detenuti per reati connessi alla droga, crescono le violenze per procurarsi la droga e gli incidenti anche mortali a causa di guidatori in stato di alterazione. L’Italia è ai primi posti dei consumi e della tossicodipendenza. E cresce l’eroina, per non dire delle droghe sintetiche, ottenute chimicamente, o i micidiali mix o mischioni. Sono migliaia gli episodi di violenza, di minacce, di ricatti per procacciarsi la “signorina” che scorrono come un fiume quotidiano di sangue e di pazzia, e non ci facciamo più caso. Non c’è giorno che non si sentano episodi legati alla droga: infanticidi per alterazione mentale, uccisioni brutali di nonni, genitori, zii che non volevano più finanziare il vizio dei loro nipoti scellerati, aggressioni a donne, ex-conviventi, in stati di allucinazione dovuti alla droga, risse mortali davanti e dentro discoteche tra ragazzi in preda a deliri di droga… Certe zone, certi luoghi e certe ore sono off limits in tutte le città italiane perché è in corso la sagra dello spaccio, con relativa brutta umanità al seguito e sciame sismico di violenze e abusi. Si hanno a volte notizia di partite di droga sequestrate; ma sono solo la punta di un giro colossale che va dal sud America, ai Balcani all’Asia.
E poi è complicato accedere nelle comunità per il recupero dei tossicodipendenti, i Serd funzionano male e non sono concepiti su misura per le varie tipologie ma solo per i cronici; latitano le strutture di supporto psichiatrico, le famiglie sono in balia del caso e della strada.
Sentite mai parlare di campagne contro la droga, di strutture per fronteggiare l’emergenza droga, di educazione civica contro la droga? Macché, i temi sensibili sono razzismo, sessismo, xenofobia, omofobia. L’omertà sulla droga è una forma di complicità mediatica e politica. Muore il senso del limite e della realtà mentre si festeggia il mondo global, senza frontiere tra i popoli, tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito. Anche la diffusione della droga nasce dal mito di un’umanità che non ha più confini.
Marcello Veneziani,
La Verità 19 febbraio 2019