La lettera di una volontaria per la vita.
Laura Boldrini ha definito “mostruosa” la riproduzione in gomma di un feto di poche settimane. Poi ha parlato con vivo sdegno della mancaza di rispetto che, mostrando quell’immagine, gli antiabortisi militanti avrebbero avuto verso “le donne costrette ad interrompere la gravidanza”.
Lì per lì mi sono stupita, in quanto costringere effettivamente qualcuno ad abortire è un reato, a quanto mi risulta. E poi l’IVG è una conquista di libertà, è la massima espressione dell’affrancamento della donna dai cascami patriarcali, e chi è favore si chiama pro choice. Non è strano ammettere che qualcuno sia “costretto ad abortire”? In fondo no, mi sono detta, non appena ho pensato alle storie che qui sotto racconto e che conosco di primissima mano.
Lucia è peruviana, ha 25 anni, una figlia di 9, uno di 4, una di 8 mesi. Rimane incinta di nuovo ed è sconvolta. Non hanno un euro, devono pagare l’affitto. Il marito lavorava saltuariamente in nero, ma ora il furgone che usa è fermo, e lui è a casa. Lei ha fatto due cesarei, l’ultimo meno di un anno prima. Per sovrammercato alla prima ecografia l’embrione sembra vada a innestarsi proprio sulla cicatrice, il che rende la gravidanza rischiosissima anche per la madre. Per questo il primo ginecologo che la vede consiglia senza esitazione di interrompere subito la gravidanza.
Marta ha 30 anni ma ne dimostra 45, vive in una piccolissima casa popolare con Diego, con la sola pensione di invalidità di lui, qualche lavoretto in nero come colf e la mensa della Caritas quando non si riesce a fare la spesa. Hanno una bambina che va alle elementari. In passato i servizi sociali le hanno tolto due figlie avute da altri uomini perché non era in grado di allevarle. Parla pochissimo, sa a malapena leggere e scrivere. Vive completamente sottomessa a Diego, che dal canto suo assomma alcolismo, conclamata malattia psichiatrica, patologie fisiche gravi. Lui picchia madre e figlia, e le tiene completamente isolate. Marta rimane incinta, e decidono di abortire. Lo hanno già fatto una volta in passato. Non si può pensare ad un altro figlio messo in questo inferno
Sara ha 18 anni ed è bella come una modella. Non ha finito la scuola, ancora non lavora. Sa divertirsi. Conosce un ragazzo un po’ più grande, sono innamorati, ma rimane incinta quasi subito. I genitori di lui, filippini, non possono aiutare in nessun modo: hanno altri 2 figli e devono affrontare proprio in quei giorni una malattia grave del padre. I genitori di lei decidono che abortisca. Lei non vorrebbe, ma loro alzano un muro. Dicono che non vogliono assumersi questo peso. Iniziano a farle la guerra, il clima in casa si fa pesantissimo. Rifiutano di aiutarla in qualsiasi modo, i litigi violenti diventano all’ordine del giorno. Né lei né il ragazzo hanno mezzi di sorta. Resistere alla pressione è impossibile. Manca l’amore, il futuro è a rischio, la vita stessa lo è. Manca anche il pane. Ecco qui, senza dubbio, donne costrette ad abortire: dalla povertà, dall’ignoranza, dalla salute compromessa.
A queste donne Laura Boldrini cosa ritiene giusto dare? Rispetto. Compunto, serioso, silenzioso, rispetto. Lo Stato che fa? E’ fin troppo facile: si costerna, s’indigna s’impegna poi getta la spugna con gran dignità.
Quelli che invece la dignità di queste donne l’avrebbero lesa, semplicemente mostrando come è fatto un bimbo a tre mesi nel ventre materno, e che “dovrebbero vergognarsi”, hanno fatto qualcos’altro. Le hanno aiutate.
Lucia ha in braccio la sua quarta figlia ed è contentissima. Ha cambiato ginecologo. La gravidanza è stata dura e rischiosa, ma alla fine è andato tutto bene. Tutta la sua famiglia è stata aiutata con ogni mezzo da associazioni e privati. Dopo il primo momento di smarrimento, lei e suo marito sono stati dei leoni, hanno tirato fuori un ottimismo e un’allegria fuori dal comune e vanno avanti con fiducia.
Marta, appena ha capito che qualcuno poteva darle una mano econimicamente, ha deciso di non ripassare per il dolore atroce della perdita e del lutto, ha tenuto per la prima volta testa al marito e ha avuto la sua bambina. Pochi mesi dopo la nascita, ha trovato la forza di ammettere i maltrattamenti, scappare con le sue figlie e di rivolgersi finalmente ad un centro antiviolenza. Ha ricominciato a vivere, per la prima volta autonoma e forse un po’ felice.
Sara e il suo ragazzo hanno deciso di tenere duro quando hanno capito che con un aiuto economico avrebbero potuto affrontare le spese mediche e affittare un piccolo appartamento senza dipendere dalle famiglie. Lei è ancora più bella di prima, durante la gravidanza ha preso a frequentare corsi e a lavorare come rappresentante di prodotti per la casa. La bambina (eh si, femmina anche lei!) nascerà tra poco.
Ci sono donne costrette ad abortire. Grazie a Laura Boldrini per averlo ammesso. Ora sarebbe bello se la prima parte della 194, che parla di rimuovere le cause che portano all’aborto (art. 2 comma d) venisse letta e applicata. Così ci sarà quantomeno libertà di scelta.
3 aprile 2019