Dunque secondo la Corte Europea di Strasburgo, anche se in Francia l’utero in affitto è vietato, i registri nazionali dovranno in qualche modo tenere conto della posizione del “genitore intenzionale” dei bambini comprati all’estero. Che cavolo vuol dire “genitore intenzionale”? Io mi dichiaro proprietaria intenzionale della borsa di quella signora che è passata adesso; me la posso intestare anche se lei non è d’accordo? Da quando l’intenzione genera un diritto? Soprattutto se per realizzare la mia intenzione commetto un reato, come possono dei giudici legittimare questo?
È evidente che l’ideologia sta minando le basi dell’oggettività del diritto. Se conta l’intenzione, il diritto diventa dettato dalle emozioni, dai sentimenti, e non si è mai vista una roba del genere (credo che Giustiniano si rivolti nella tomba). Ovviamente il diritto creativo vale per alcuni, non per tutti. Perché se io vado all’anagrafe e dico che il figlio della mia amica a cui voglio tanto bene è mio, vado in carcere, e se lo fa uno che lo ha pagato no (ovviamente la balla è che si tratti solo di copertura delle spese, ma chi se ne frega: il figlio non è tuo, e che te lo regalino o te lo facciano pagare non è tuo punto e basta, o non è solo tuo perché gli hai tolto il padre o la madre).
E meno male che la Corte si chiama dei diritti umani. In tutta questa storia, compreso il dibattito che ieri sera mi ha costretta ad attendere fino a tardi il finale di Porta a Porta (no comment), sono proprio i diritti di chi non si sa difendere a essere spariti. Il diritto del bambino. Gli altri i diritti se li prendono con la forza. Pagando una donna per esempio. Andando a farsi inseminare all’estero. Escludendo un padre dalle proprie scelte, come nel caso dell’aborto. Peccato che il diritto dovrebbe esistere proprio per tutelare chi non riesce a difendersi da chi impone il proprio desiderio, le proprie voglie, le proprie idee. Voglio un figlio, me lo prendo.
In tutta la discussione secondo me sfugge sempre il centro della questione: i bambini hanno un padre e una madre, e hanno diritto a crescere con loro. Gli uomini e le donne non hanno diritto a un figlio. I figli sono un regalo immenso che però può anche non arrivare, e nessuno ha il diritto di prenderselo.
E’ questo il punto che non viene mai nominato. Quasi mai, a dire il vero, perché ieri alla Lumsa si è tenuto un bel convegno che avrebbe dovuto essere preso d’assedio dagli uomini e dalle donne di buona volontà, e invece purtroppo è stato quasi disertato, nonostante il livello di eccellenza dei relatori. Già il titolo del convegno lasciava presagire che sarebbe valsa la pena di andare. “Nascere da madre surrogata”: dunque una buona volta il punto di vista è quello del bambino. Finalmente. Come ha detto lo psicologo Giampaolo Nicolais, non importa poi come staranno i bambini nati dall’utero in affitto, o quelli separati da un genitore biologico. L’essere umano è resiliente, e come si sopravvive a genitori abusanti o maltrattanti, ce la si può cavare in qualsiasi situazione. Il problema è che noi non possiamo soddisfare i nostri desideri pensando che i bambini se la caveranno, noi dobbiamo rispettarli, rispettare i loro diritti fondamentali, e anteporli ai nostri desideri. E’ la base della civiltà.
Noi non siamo solo prodotto della nostra cultura – cogito ergo sum – noi siamo anche natura, cioè noi siamo nature and nurture si è detto al convegno. E la natura la riceviamo, non ce la diamo da soli e non la possiamo dare. A certi bambini la parte di natura viene violentata da adulti che vogliono soddisfare i loro desideri, seppur di per sé buoni. Questo patrimonio è scritto nei nostri geni e si plasma nel grembo materno. Questi due elementi, patrimonio genetico materno e paterno, e dialogo col corpo materno, sono incancellabili dalla nostra storia. O meglio, si possono cancellare come fa chi compra i figli, o il seme, o l’ovulo, ma non senza un prezzo altissimo da pagare, e tutto a carico dei bambini. Non basta che poi i genitori siano pieni di buona volontà e intenzionati ad amare questi bambini. Probabilmente molti dei violentatori della natura dei loro figli – quelli che li privano del padre, della madre, ma anche i genitori maschio e femmina che fanno l’eterologa – saranno genitori al meglio delle loro possibilità (sicuramente migliori di me), ma non sarà il meglio per quei bambini. Un bambino sente il battito della madre, ne riconosce la voce, le carezze, il latte (appena nato distingue un batuffolo imbevuto di latte della mamma da quello di un’altra donna). Un bambino ha bisogno del padre e di conoscere la propria storia, di cui è erede.
Un bambino non è un diritto anche se l’infertilità è ormai un problema generazionale, legato ai nostri stili di vita, come ha ricordato Daniela Bandelli, che sta conducendo uno studio su casi di maternità surrogata in vari paesi del mondo. Dell’orrore nascosto nei contratti che le madri surrogate firmano ha raccontato Jennifer Lahl, che è stata la prima a sollevare il velo sulle sofferenze che sconvolgono le vite di tante madri surrogate: dolore, malattia, morte, abbandono totale nel caso che le cose vadano male. Donne disperate: non tutte, ma molte, che a volte vagano anni all’affannosa (e vietata dai loro contratti) ricerca di notizie dei bambini che hanno portato in grembo, come ha raccontato Monica Ricci Sargentini, da sempre in prima fila in questa battaglia. Una delle poche giornaliste – con lei Paola Tavella, che era in sala – che racconta la verità su questo, mentre si permette che utenti dell’utero in affitto vadano in tv a parlare di quanto è bello essere genitori, senza che nessun collega abbia l’onestà di fare l’unica domanda che c’è da fare: quanto ha pagato per commettere quello che nel nostro paese è un reato?
Che qualcuno sveli una buona volta “di che lacrime grondi e di che sangue” la realizzazione di un desiderio che la natura non ha permesso di compiere.
di Costanza Miriano
Il bambino il grande assente nel dibattito sull’utero in affitto