Il 1 maggio la maggioranza dei Paesi celebra la “Festa del lavoro”, per questo vogliamo soffermarci a “ripensare al lavoro” che possiamo affermare essere nato con l’uomo e costituisce le fondamenta per il benessere del singolo e delle famiglie e provoca immense sofferenze quando è assente dalla vita.
Ma, quando parliamo di lavoro, l’argomento il più delle volte è trattato da angolature pratiche, cioè orizzontalmente, mentre noi vogliamo evidenziarne il significato umano e cristiano, mostrandolo come un dono di Dio, convinti che recuperando il suo significato trascendente, potremo offrire un’accezione completa a questa attività che occupa la maggior parte della nostra esistenza.
Qual è il pensiero di Dio sul lavoro?
Il capitolo primo del libro della Genesi ci narra Dio che sta lavorando, cioè creando il mondo, e lo fa con alcuni attributi che dovremmo conquistare anche noi: intelligenza, sapienza, creatività, compiacimento e gioia, poiché il lavoro dell’uomo fa parte dei due mandati che il Creatore affida all’uomo e alla donna: la costituzione della famiglia con il conseguente impegno a generare e la continuazione della sua opera creatrice. Afferma la Costituzione Pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II: “Gli uomini e le donne… possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro prolungano l’opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia” (n. 34).
Qual è il segreto del lavoro?
Si racconta che mentre si stava costruendo la cattedrale di Reims tre scalpellini erano seduti per terra a squadrare delle pietre da incastonare nelle mura della chiesa. Uno era triste, l’altro affaticato, il terzo sorridente e gioioso. Un passante domandò a quello triste: “Che cosa stai facendo?”. Rispose: “Sto squadrando delle pietre”. La stessa domanda fu rivolta al secondo. E, l’affaticato, rispose: “Mi guadagno il salario”. Il terzo invece disse: “Sto costruisco una cattedrale”. Tutti e tre compivano lo stesso lavoro, ma i primi due vivevano il loro mestiere unicamente come una fatica, mentre il terzo compiva la propria opera come un privilegio, sentendosi partecipe nel realizzare un progetto grandioso. Questo significa che il lavoro può essere vissuto in vari modi, o tristemente e per forza come i primi due scalpellini, oppure con lo spirito di Dio che al termine di ognuno dei sei giorni della creazione era molto soddisfatto della sua opera: “Dio vide che era cosa buona” (Gen. 1-12).
Due rilievi.
Primo. Il lavoro è una “maledizione” voluta da Dio?
Molti interpretano quest’ affermazione di Dio ad Adamo come una maledizione: “ Con dolore trarrai il ciboper tutti i giorni della tua vita… Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto”: (Gen. 2, 17b.19a). Ma questo non può essere “il pensiero di Dio sul lavoro”, una realtà che accompagna l’uomo per quasi tutto l’arco della sua esistenza. Il mandato di Dio al lavoro è antecedente al peccato originale, pertanto il lavoro non è una punizione ma un dono e un privilegio che Dio ha concesso all’uomo: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen. 2,15). Con il peccato originale si sono autonomamente degradati i mandati che l’uomo aveva ricevuto da Dio e anche il lavoro nel corso della storia si è degradato. Inoltre, il concetto della maledizione, si scontra con quello di Dio presentato da Gesù Cristo che lo evidenzia come un Padre ricco di amore per l’uomo. Di conseguenza, il lavoro, non può essere una maledizione essendo questo sempre una grazia di Dio.
Secondo. Il lavoro e la festa
La Genesi afferma: “Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto” (Gen. 2,2-3). Come per Dio, anche per l’uomo, il settimo giorno è quello del riposo e della festa che assume un valore esistenziale-teologico come il lavoro. E, nel giorno di festa, l’uomo ha il dovere di ringraziare Dio per il lavoro della settimana e i suoi risultati. Inoltre, questa scadenza settimanale, profetizza anche il riposo in Dio al termine di questa esistenza. Per il cristiano la festa è la domenica, essendo il giorno della risurrezione del Signore Gesù che è il compimento della Storia della Salvezza, l’evento con il quale Dio ha liberato ogni uomo dalla schiavitù del peccato, come duemila anni prima aveva liberato il popolo ebreo dalla schiavitù dell’Egitto.
E, la festa, caratterizzata dal giusto riposo, è la conseguenza di aver compiuto nella settimana cose buone e belle. E’ pure la consapevolezza del terzo scalpellino, che cooperando alla costruzione della cattedrale, vive un’esistenza piena di senso, si guadagna il pane per se e per la propria famiglia, e pregusta la gioia di poter vedere alla fine la grandezza dell’opera a cui anch’esso ha contribuito.
Buona festa a tutti i lavoratori.
Don Gian Maria Comolli