L’Europa non può limitarsi a condannare. Deve mandare segnali forti ed esigere da tutti il pieno rispetto della libertà religiosa.
I martiri cristiani oggi sono più numerosi rispetto a quelli dei primi secoli dopo Cristo. E la responsabilità è anche di quell’Europa che ha abbandonato la propria origine, di quell’Europa che non ha più il coraggio di rivendicare le proprie radici cristiane e la capacità di riconoscerne il valore. Negli ultimi secoli, mentre il mondo occidentale ha vissuto una graduale perdita di identità, quello islamico ha fatto della religione il centro della propria azione.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nel 2018 i cristiani perseguitati nel mondo sono stati 245 milioni, 30 milioni in più rispetto al 2017. La persecuzione contro i cristiani a opera di terroristi islamici, fanatici indù, regimi comunisti di Corea del Nord, Cina e Vietnam è cresciuta in modo costante nell’ultimo decennio: nel 2014 i cristiani perseguitati erano “solo” 100 milioni, meno della metà di adesso.
Se le “fredde” statistiche non rendono la drammaticità del fenomeno, lo fanno le immagini dei tanti, troppi, esempi che ci giungono da diverse parti del mondo. Basti pensare all’ultima strage avvenuta in Sri Lanka la Domenica di Pasqua. Quello che doveva essere un giorno di pace in cui celebrare l’amore e la fede nel Signore, è diventato un orrifico bagno di sangue. Tutti abbiamo assistito con orrore indicibile alla vista delle chiese sventrate dalle bombe e dei corpi dilaniati delle vittime, colte nell’abbandono della preghiera per festeggiare la Resurrezione di Cristo.
Dobbiamo renderci conto che il terrorismo di matrice jihadista non è finito con la caduta del sedicente stato islamico e che in molte parti del mondo gli attentati contro i Cristiani, perseguitati e uccisi proprio in quanto Cristiani, sono anche il frutto di un’ostilità che alligna nei governi e nelle leggi di Paesi dove i cristiani sono una minoranza. L’Europa non può limitarsi solo a condannare gli atti di odio religioso. Deve mandare segnali forti ed esigere da tutti i Paesi il pieno rispetto della libertà di professione e culto e condizioni di effettiva uguaglianza sociale per le minoranze religiose, così da fare terra bruciata intorno a quei terroristi che profanano il nome di Dio uccidendo nel suo nome.
La nostra Europa, quella fondata sui valori della libertà e della tolleranza, ha l’imperativo categorico di battersi contro questa barbarie. Difendendo la libertà di culto e i cristiani perseguitati, l’Europa difende sé stessa e i propri valori. Ma per farlo deve prima prendere coscienza della propria identità. Perché l’identità è consapevolezza. E noi ci difendiamo dalle minacce esterne solo se sappiamo che cosa ci origina.
È emblematica, in questo senso, la battaglia per la libertà e i diritti umani portata avanti dalle istituzioni europee in difesa di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan perché dichiarata colpevole di blasfemia e la cui unica colpa era quella di essere cristiana in un Paese che non conosce la libertà di culto e pronto a uccidere una donna rea solo di aver affermato liberamente la propria fede in Cristo.
Questa madre eroica, che con la sua fede incrollabile ha sofferto per anni da vittima innocente, resistendo all’estremismo islamista e all’intolleranza anti-cristiana, incarna i valori identitari nei quali affondano le radici il nostro Paese e l’intera Unione Europea. Mi auguro che l’esempio di Asia Bibi insegni all’intera Europa che la forza per costruire un futuro solido può venire solo ripartendo dalla fedeltà alle nostre radici culturali, fondate nella tradizione giudeo-cristiana e greco-romana.
L’Italia e l’Unione Europa sono fondate sui grandi pilastri cristiani che vedono nella famiglia, nel lavoro e nella capacità di impresa i propri elementi distintivi. È tempo che l’Europa smetta di preoccuparsi solo di tenere i conti in ordine e che il grande popolo europeo torni ad avere la forza e l’orgoglio di essere proposta per il resto del mondo.
Massimiliano Salini
10 maggio 2019