Nicholas Musi, il patrigno di Leonardo, il bimbo di 20 mesi ucciso la scorsa settimana a Novara, ha tentato il suicidio nel carcere dove è rinchiuso con l’accusa di omicidio
Nicholas Musi, il “patrigno” di Leonardo, il bimbo di 20 mesi ucciso la scorsa settimana a Novara, ha tentato il suicidio nel carcere dove è rinchiuso con l’accusa di omicidio pluriaggravato. Ha provato ad impiccarsi con un lenzuolo alle inferriate della sua cella, dove si trova detenuto in isolamento. Il tentativo è avvenuto intorno a mezzanotte ma il pronto intervento dei poliziotti penitenziari ha evitato il peggio.
Non stento a credere che il tentativo di Nicholas, per quanto ingenuo, sia stato vero. Ingenuo, perché se sei sorvegliato 24 ore su 24 non puoi pensare che le guardie carcerarie non si accorgano del tuo tentativo anche se, essendo dentro da pochi giorni, ancora non capisci come certi meccanismi di sorveglianza delle nostre carceri siano in verità molto efficaci: li conosce anche uno come me, che frequenta il carcere come cappellano volontario solo da qualche mese. In ogni caso, si capisce quanto sia sincero il tentativo fatto dal “patrigno” di Leonardo, perché il carcere ti rimette con brutalità davanti alla tua vita.
Ci sono delle parole di Gesù, che abbiamo letto da poco in questo tempo pasquale, che possono scorrere alle nostre orecchie senza ferirci ma che, se le sappiamo contestualizzare con la vita reale, sono terribili per la cruda verità che contengono. Gesù dice: “chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno” (Gv 12,48). Ovvero: non sarò io a condannarvi ma sarà la parola. La “parola”. Non le parole di noi uomini, ma la parola di un Dio che si fa carne e che ti racconta la verità della tua vita quanto te la trovi davanti nella realtà. In altri termini: il giorno nel quale scoprirete che quello che dico è la verità, dice Gesù, la verità vi condannerà.
Nel mondo reale, la verità ti condanna nel senso che i fatti, i dati, i numeri, hanno una forza gravitazionale tale da resistere a qualsiasi inganno e manipolazione. Puoi provare a ignorarli, puoi provare a edulcorarli, ma alla fine il numero, il fatto, ti raggiunge, ti prende con sé e ti riporta giù a terra. Quella frase di Gesù è una lezione di vita continua, ed è di fronte a quella che Musi ha provato a scappare suicidandosi. È il tema della realtà, della verità. Di quella verità oggettiva sulla quale tu puoi fare tante cose per cercare di eluderla ma essa poi alla fine ti raggiunge. Anzi, più hai cercato di ignorarla più, quando ti cattura, ti fa male. Più corri lontano dalla verità più, quando la verità ti raggiunge, diventa doloroso l’impatto. E questo è accaduto a Nicholas Musi.
Ora circola la notizia che il giorno in cui il piccolo Leonardo è morto, Nicholas aveva assunto cocaina. Spesso la droga è l’ultimo tentativo di eludere la vita, per stornare quei conti che non tornano e che sono quel grido d’allarme, quel dolore, che se preso sul serio ed ascoltato, eviterebbe a te e a tanti altri, dolori e grida ben peggiori. Tremendi perché definitivi. Come la morte.
30.05.2019 –
https://www.ilsussidiario.net/news/bimbo-ucciso-di-botte-nicholas-suicidarti-non-ti-libera-dal-volto-di-tuo-figlio/1888641/