Un pachistano è stato arrestato, a Viterbo, lo scorso primo giugno, con l’accusa di violenza sessuale ai danni di due ragazzine di 11 e 13 anni. L’uomo aveva ricevuto regolare permesso di circolare sul territorio nazionale grazie a una decisione del tribunale di Firenze dal quale aveva chiesto e ottenuto l’autorizzazione, semplicemente dichiarandosi omosessuale.
L’ordinanza a favore dell’extracomunitario è del 5 aprile 2017, un periodo in cui secondo il Viminale, il tribunale toscano avrebbe accolto ben l’87,5% dei ricorsi di chi non intendeva lasciare l’Italia. Tanto che nell’agosto dello stesso anno, sarebbe stata istituita addirittura una sezione dedicata all’immigrazione, con a capo la dottoressa Luciana Breggia. Un magistrato che, tra l’altro, stentiamo a definire “super partes” dato che avrebbe partecipato a diversi dibattiti con le Ong, presentato un libro contro la questione dei porti chiusi e, in alcune conferenze sul tema dell’immigrazione, avrebbe esplicitamente sostenuto che «nessuno è clandestino sulla terra». Ma il vero problema è comunque a monte: grazie alla Convenzione Onu di Ginevra del 1951, può ottenere addirittura lo status di rifugiato chiunque abbia «il giustificato timore» di essere perseguitato per «motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche». E secondo una Direttiva Qualifiche UE del 13 dicembre 2011 nel concetto di “gruppo sociale” rientrerebbe anche l’orientamento sessuale.
La questione, dunque, è tutt’altro che semplice in quanto pone una serie di legittimi dubbi e interrogativi: innanzitutto in che modo sia possibile verificare l’orientamento sessuale del richiedente asilo e la sua storia personale. Infatti in molti casi viene chiesta la prova di una relazione senza che questa sia fornita. Insomma la “verifica” si basa quasi esclusivamente sul racconto del richiedente asilo senza alcuna possibilità di verifica. E poi, può davvero bastare l’orientamento sessuale per concedere una protezione così importante a chi rischia poi di non dimostrarsene degno, come accaduto anche in questo caso?
E tornando appunto al protagonista di questa triste vicenda, la commissione territoriale aveva respinto la richiesta di asilo dell’extracomunitario (nel nostro Paese si può richiedere asilo presentando una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato), ma l’immigrato aveva fatto ricorso e avvalendosi del fatto di essersi dichiarato omosessuale aveva vinto. Sembra assurdo ma è così. Comunque, in seguito alla gravità dell’accaduto e grazie al Decreto Sicurezza, verrà richiesto immediatamente il ritiro del permesso e la sua espulsione dall’Italia.
Intanto, la sentenza del tribunale di Firenze, che ha permesso al pachistano di circolare sul nostro territorio nazionale, è stata duramente attaccata dal senatore Roberto Calderoli: «La terribile vicenda di Viterbo, dove un immigrato pakistano ha violentato due quattordicenni, è ancora più ripugnante pensando al fatto che questo individuo era stato accolto in Italia in quanto si era dichiarato omosessuale e per questo a rischio nel caso fosse rimandato in Pakistan. Ora in Pakistan tornerà subito perché verrà espulso e a questo punto affari suoi se correrà rischi o meno, la cosa non ci riguarda. Ma resta il dramma di queste due bambine violentate e la preoccupazione pensando che altre migliaia di immigrati avranno ottenuto la medesima protezione semplicemente dichiarando di essere omosessuali. Adesso però auspico che la sezione del Tribunale di Firenze che nell’aprile 2017 ha concesso la protezione a questo individuo, e che nel primo semestre del 2017 ha accolto l’87,5% delle domande di protezione, rifletta sulle conseguenze tragiche delle loro scelte, di cui sono responsabili».
Manuela Antonacci
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