Il dottor Giuseppe Nicolò, psichiatra e direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Roma 5, commenta la vicenda di Noa Pothoven, la 17enne olandese che ha chiesto e ottenuto l’eutanasia, legale nei Paesi Bassi, dopo anni di sofferenze psichiche seguite a tre violenze subite da bambina.
“Non possiamo entrare nel merito di quanto dolore provasse la ragazza, ma immaginare che la soluzione a questa sofferenza sia porre fine alla vita, come psichiatra, lo ritengo abbastanza inconcepibile”. Per il dottor Giuseppe Nicolò, direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Roma 5, Noa Pothoven doveva essere aiutata in un altro modo. La 17enne olandese ha chiesto e ottenuto l’eutanasia, legale nei Paesi Bassi, dopo anni di sofferenze psichiche seguite a tre violenze subite da bambina. La giovane è morta domenica in casa con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata. Non sopportava più di vivere a causa della depressione.
Professore, la ragazza dice che nessuno è stato in grado di aiutarla. Chi ha fallito? Davvero non c’era altra soluzione?
Ci sono trattamenti specifici per il disturbo post traumatico da stress, che nella ragazza era diventato cronico. Esistono anche terapie farmacologiche per superare la sofferenza generata dal trauma. Lei era davvero molto giovane, immaginare, a quell’età, di dichiarare inguaribile un disturbo post traumatico e che l’unica soluzione sia quella di porre fine alla vita del soggetto è una cosa che per la mia formazione, per il mestiere che faccio, è inconcepibile. Ma la questione è culturale.
In che senso?
L’Olanda pone al centro la libertà del cittadino, mentre in Italia la salute è un bene collettivo, sono concetti diversi.
In Italia cosa sarebbe successo presumibilmente?
Nel nostro paese se lei ha una malattia psichiatrica grave e non si vuole curare, il medico può obbligarla, con il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Lo Stato tutela la salute di tutti.
Cosa succede nella testa di una ragazza che subisce una violenza del genere?
Ogni persona reagisce in maniera individuale, non c’è una regola generale. È evidente che un trauma di un’entità del genere è drammatico nella vita di una persona. Questa ragazza non ha trovato nessuna speranza nell’idea del futuro, per lei non c’erano motivazioni per vivere. La sofferenza provocava buone ragioni per morire e il sistema, sociale e sanitario, non è stato in grado di fornirle sufficiente fiducia nei trattamenti. È nostro dovere infondere la speranza, soprattutto nei giovani pazienti.
Il caso sale alla ribalta delle cronache perché abbiamo a che fare con una minore, ma non è la prima volta che la depressione viene considerata una motivazione valida per l’eutanasia. Cosa ne pensa?
Non parliamo di un male incurabile, ma la questione va inquadrata da un altro punto di vista. In Olanda, le associazioni dei pazienti stanno conducendo profonde battaglie per avere il diritto di decidere sulla propria vita. Una scelta a garanzia della libertà individuale, che però può avere dei prezzi enormi. È ovvio che una persona in uno stato depressivo osserverà il mondo da una prospettiva disperata e le sue scelte saranno condizionate dal disturbo e dalla sofferenza. Non si trova nella condizione di vedere la vita per quella che è.
Silvia Renda
https://www.huffingtonpost.it/entry/da-psichiatra-trovo-inconcepibile-togliersi-la-vita-a-17-anni-a-causa-della-depressione_it_5cf6b96ce4b0e8085e4209e8