Avverto il dovere, all’inizio di un nuovo Anno Scolastico, di porgere un grande augurio alla Scuola, docenti e alunni, dalle Materne all’Università.
La Scuola non è una “formalità” ma un cammino formativo “fondante” che deve insegnare non unicamente delle nozioni ma “educare” alla responsabilità e alla solidarietà, basi portanti della maturità personale. Affermava san Giovanni XXIII:”Le figure del maestro o di alcuni professori che ancora animano il nostro cuore come ricordi carie belli sono racchiuse in questa altissima funzione: l’essere stati educatore con la parola, con gli esempi e con l’opera paziente svolta attraverso tante difficoltà e rinunce” (1 ottobre 1960).E, san Giovanni Crisostomo, così tratteggia “l’incomparabile missione” degli insegnanti: “Che cosa c’è di più grande che plasmare e forgiare le personalità dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani? Io giudico l’insegnante senza dubbio il più eccellente di tutti i pittori, di tutti gli scultori ed artisti, colui che ben conosce l’arte di modellare la crescita”(Citato da Pio XI nell’enciclica Divini illius Magistri, n.16).
Inoltre, la grandezza della professione educatrice, si giudica anche dalla responsabilità che le è collegata. All’opera degli insegnanti sono affidate le sorti del futuro della nostra nazione poiché formano gli uomini del domani, ispirando gradatamente nel loro cuore insegnamenti e impressioni che resteranno dominanti per tutta la vita.
Mi raccontava un “nonno”, oggi novantacinquenne, lucido e perspicace, un ricordo di quando frequentava il liceo. Erano gli ultimi anni della seconda guerra mondiale con le contrapposizioni tra partigiani e fascisti repubblichini. Anche in classe si discuteva, e soprattutto vi erano posizioni diverse: chi simpatizzava per gli uni e chi per gli altri. Ma ci si accorgeva che la tensione poteva diventare non controllabile e troppo difficile era un’analisi oggettiva della situazione reale. “Noi -affermava il nonno -eravamo troppo ‘immersi’ dentro per essere lucidi ed equilibrati”. Quindi si fece una sorta di patto: finché si frequentava la scuola, tutti senza eccezioni, dovevano essere amici e rispettarsi, mettendo in disparte il proprio “credo politico”, che non poteva che essere causa di divisione e tensioni. “Questo permise, in alcuni casi, di essere uniti nel difendere da situazioni difficili l’uno o l’altro compagno, indipendentemente dalla ‘parte’ in cui stava, poiché importante era la persona, al di là delle sue convinzioni politiche.
Questa esperienza, ritengo che sia davvero il frutto di una scuola che educa, capace di guardare al singolo, salvaguardandone i più elementari diritti, oltre ogni ideologia.
Auguro perciò che la scuola aiuti a far acquisire più consapevolezza della necessità, attraverso la riflessione, la disciplina e l’autocontrollo, di un cammino di autentica libertà, per maturare una personalità equilibrata e serena, idonea ad aprirsi con rispetto e fiducia verso ogni realtà.
La Scuola, mediante i suoi insegnanti, deve interpellare la libertà dei giovani, aprendoli a una visione di ampio respiro. “Un respiro”, che abbia le sue radici nella convinzione profonda del valore della coscienza e dell’autonomia di pensiero, di espressione e di azione, come basi dell’eguaglianza degli uomini e garanzia per la tutela dei diritti di tutti.
Buon Anno Scolastico
Don Gian Maria Comoll