Al fine di promuovere “l’uguaglianza di genere”, ai leader del G7 stato sottoposto dalla Presidenza francese un documento che promuove le leggi estreme sull’aborto in stile canadese, che consentono l’aborto fino alla nascita, nonché la censura di tutte le manifestazioni pubbliche di contenuti pro-vita online considerati “fuorvianti” e discriminatori. Il vertice però non ha, grazie a Trump, nemmeno preso in considerazione il documento franco-canadese.
Certamente le coerenti politiche nazionali e internazionali di Trump in difesa della vita sin dal concepimento hanno impedito l’approvazione di un documento pro aborto violento, ingiusto e discriminatorio. La scorsa settimana, domenica 25 agosto, al vertice del G7 di Biarritz, in Francia, il “Consiglio consultivo sull’uguaglianza di genere” ha proposto ai leader mondiali di rimuovere tutte le tutele legali del concepito e consentire così l’aborto fino alla nascita. Due misure entrambe definite come “buone pratiche” da raccomandare per promuovere l’uguaglianza di genere. Avete capito bene, abortire dal concepimento alla nascita è la strada maestra per evitare le discriminazioni nei confronti delle donne, una tragica teorizzazione delle omicide testimonianze di attrici, pop star di tutto il mondo, per le quali l’aborto, omicidio dell’innocente, è considerato il miglior viatico per il successo e la carriera. Il documento originale della Presidenza francese è sconcertante.
Se alcuni vorranno considerare queste pratiche un segno di grande progresso, li invitiamo a guardare indietro e specchiarsi in quel dio Moloch nella Cartagine pre-cristiana che pretendeva l’omicidio di innocenti per il successo personale e sociale o basterà guardare alle recenti fosse comuni dei riti pre-colombiani con centinaia di bambini scoperte recentemente in Perù.
La proposta franco-canadese è dunque un chiaro segno tangibile del ritorno ad un civiltà pre-cristiana, dove la dignità della persona valeva “zero”.
Torniamo al documento che nelle sue raccomandazioni per promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle ragazze e delle donne, afferma che bisogna: «proibire la disinformazione sull’aborto sicuro» e promuovere il «diritto di scegliere e diritto a un aborto sicuro» come modi efficaci per favorire l’uguaglianza di genere.
Le raccomandazioni citano anche una legge francese entrata in vigore nel 2017 che vieta «la disinformazione sull’aborto quando mira a fuorviare intenzionalmente le donne sull’aborto», ovviamente la legge è molto rispettosa di tutti, discrimina solo le fake news, dunque è contro tutto il politicamente scorretto perché lo definisce ‘falso’, a partire dalla difesa e dalla promozione della vita sin dal concepimento.
La legge è stata pesantemente criticata per il suo apparente pregiudizio ideologico e per il fatto che è così ampia da minacciare l’esistenza di siti web a favore della vita. Ad esempio, la legge francese sembra rendere illegale esprimere la disapprovazione morale dell’aborto nel tentativo di dissuadere qualcuno dall’abortire.
La legge canadese sull’aborto estremo, che consente l’aborto senza restrizioni durante tutti e nove i mesi di gravidanza, è anche citata come esempio di una legge che protegge il «diritto di scegliere (come, quando e in base a quale sesso abortire) e il diritto ad avere un aborto sicuro».
La promozione delle leggi sull’aborto estremo e delle leggi per limitare l’espressione a favore della vita sono descritte come «fondamentali per promuovere i diritti delle ragazze e delle donne nei paesi del G7».
Ironia della sorte, il Consiglio consultivo sull’uguaglianza di genere sta promuovendo e ha proposto di approvare una pratica che ha come donne le vittime primarie, una vergogna duplice. Chi fa parte di questo organismo, voluto da Trudeau allo scorso G7 dal Canada e confermato da Macron? Sono 34 persone, tra cui l’attrice Emma Watson e il Nobel per la Pace Denis Mukwege, 11 componenti sono esperti francesi, i canadesi sono 3 (inclusa l’italo libanese Rula Jebreal), un solo tedesco, uno per quasi tutte le ex colonie francesi in africa, uno per Iraq, Iran e Ucraina. A proposito, per quest’ultimo Paese l’esperta è la fondatrice di Femen Inna Shevchenko, da tempo rifugiata in Francia, e da qualche giorno nominata da Macron nel Comitato Consultivo per la parità di genere. Nonostante il tandem franco-canadese, per la seconda volta in due anni, le proposte del Comitato non sono state accolte né menzionate nel comunicato finale del G7 e in esso non c’è alcun cenno della raccomandazione proposta e delle sue indicazioni. I sostenitori dell’aborto sono usciti ancora una volta frustrati e, prima dell’inizio del vertice, si erano già lamentati perché nessuna associazione femminista sarebbe stata invitata a sedersi «al tavolo delle trattative con i leader del G7», perciò avevano preventivamente pubblicato una propria dichiarazione conclusiva, che andava ben oltre il documento folle già proposto ufficialmente. A vertice concluso, dopo la sonora bocciatura, al W7 (organizzazioni delle femministe del G7) non è rimasto che dichiarare malinconicamente che «la Francia non è riuscita a incarnare una diplomazia femminista all’interno di questo G7 e diverse questioni chiave sulla parità di genere non sono entrate nell’agenda dei leader del G7».
Invece, il documento finale dei leader del G7 sulla uguaglianza di genere e promozione delle donne è molto corretto ed esprime un linguaggio chiaro ed efficace, nulla a che vedere con le sbandierate richieste pro aborto delle femministe.
N.B.: A proposito, le supposte femministe del gruppo W7 non sono altri che le componenti della “Nobel Women’s Initiative” che sfrutta il prestigio del Premio Nobel per la pace ricevuto dalle sei coraggiose vincitrici femminili – Mairead Maguire, Rigoberta Menchú Tum, Jody Williams, Shirin Ebadi, Tawakkol Karman e Leymah Gbowee. Cosa ci sarebbe di pacifico nell’ammazzare i bimbi concepiti e neonati, siamo ancora in attesa di capirlo…
Luca Volontè
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