Dalla barca a vela di Pierre Casiraghi, passando per il sostegno al gay pride svedese, fino ad arrivare a un passo dal Nobel per la pace. La parabola di Greta Thunberg non conosce flessioni. E così il premio dato a personaggi del calibro di Elie Wiesel, Rabin o Mandela o Madre Teresa di Calcutta, ma anche assegnati a uomini e donne più discussi ma comunque centrali nello scacchiere politico mondiale, potrebbe finire nelle mani di questa 16enne, fino a un anno fa sconosciuta e divenuta famosa per essersi seduta per mesi davanti al Parlamento svedese.
E’ lei infatti, stando alle stime delle agenzie di scommesse britanniche, la più quotata da tutti e sette i bookmaker che permettono di scommettere sul premio Nobel, e le sue chance sono in aumento. A giugno, secondo il quotidiano tedesco Welt, l’agenzia più importante, Ladbrokes, stimava che avesse il 33% di probabilità di vittoria. Adesso la dà al 50%, un dato che sale al 56% se si fa la media di tutte le agenzie.
Un riconoscimento che si inserisce perfettamente nella narrazione dominante che unisce in un indistinto minestrone unico le battaglie gay, il sostegno alla immigrazione senza controlli, l’ambientalismo integralista. Concetti apparentemente distanti ma tasselli di un quadro ben preciso. Un pensiero unico perfetto e inscalfibile sul quale piantare a indomito vessillo pure il più importante simbolo pacifista, quel premio assegnato dal 1901 ai grandi della Terra. Così Greta Thunberg diventa il Nobel per la Pace ideale in un mondo sempre più governato da un Sistema totalizzante che premia la critica funzionale al mantenimento del Sistema stesso, che loda il dissenso controllato, creato ad hoc per reprime ogni voce veramente dissonante. Perché, in questo Universo che non ammette idee difformi, il concetto di Pace è sempre più collegato al concetto di controllo sociale. La Pace, per citare una vecchia canzone ribelle cara proprio alla sinistra, per continuare a fare quello che si vuole. E che conviene.
di Giuseppe Leonelli.
13 settembre 2019
Fonte: l’Occidentale