Un grande momento iniziale di panico, poi Courtney Greer ha visto nella sua malattia i segni della Provvidenza: la gravidanza è stata la doppia benedizione di Dio, per l’arrivo di una figlia e per scoprire un tumore ancora asintomatico.
Dopo la scoperta entusiasmante di essere incinta ad aprile, la prima ecografia è stata una doccia fredda per l’americana Courtney Greer, sposata con Micah e già mamma di un bimbo. Lo racconta lei stessa in prima persona:
La dottoressa trovò quella che definì una «massa tumorale grande come una palla da baseball». Nella mia testa risuonò la parola: cancro. Supponeva fosse un fibroma, cioé un tumore benigno, ma non me l’avrebbe potuto confermare senza una biopsia e aggiunse che loro non le eseguivano sulle donne incinta. “Quindi dovrò aspettare 9 mesi per sapere se è benigno o maligno?”. (da Love what matters)
Accogliere e fidarsi
Non solo la strada si faceva piuttosto buia e in salita, ma l’ambiente ospedaliero s’imponeva con un profilo se non ostile, almeno estremamente distaccato. Protocolli da seguire, più che persone da affiancare. Courtney non è la prima persona che sbatte contro questa barriera respingente, proprio quando una voce di premura e competenza sarebbe più necessaria. C’era una palla da baseball e c’era una creatura infinitamente più piccola dentro la stessa pancia: sulla palla da baseball pesava il dubbio di capire quale gravità avesse, riguardo alla piccola creatura non c’era dubbio alcuno sul bene che la sua presenza fosse in se stessa e per la sua famiglia. Come affrontare i mesi a venire?
Courtney e suo marito hanno innanzitutto cercato un medico non solo adeguatamente esperto, ma capace di una vera empatia umana altrettanto necessaria per dare alla famiglia tutto il supporto nelle scelte da compiere. Hanno trovato la figura giusta in un dottore, guarda caso, ferito a sua volta dalla malattia di una figlia, anch’essa affetta da un tumore (ma questo la famiglia Greer lo ha scoperto solo a posteriori):
Il suo contegno era calmo e amichevole. Mi rassicurò sul fatto che anche lui pensava che si trattasse di un tumore benigno. Calmò la mia ansia e mi abbracciò forte. Mi visitò per 45 minuti, rispose a ogni domanda, mi rassicurò sul fatto che tutte le mie preoccupazioni erano legittime. Mi sentii compresa. Capii che quest’uomo avrebbe fatto nascere il mio bambino. Mettemmo giù un piano procedere. (Grazie ancora, Dio!). (Ibid)
La scelta più importante che ne seguì fu l’intervento chirurgico per rimuovere la massa. È in questo passaggio cruciale che il tremore, anzi il panico, di Courtney si fa davvero pesante; eppure, proprio quando la prospettiva precipita nella vertigine, lei comincia a fare esperienza di una calma opposta all’indifferenza, sente viva e presente la compagnia di Dio. Si riteneva una credente di serie B, di quelle che non hanno una fede sempre cristallina e marmorea. Spesso le preghiere rivolte a Dio erano piene di domande pungenti e dubbi, confessa. Verrebbe da dire che, come tutti noi, Courtney è un essere pienamente umano, capace di mettere in mano a Lui anche i profili meno fotogenici di se stessi. La vera sfida non è tanto come noi ci poniamo verso Dio, ma come stiamo di fronte alla vita quando è la Sua Presenza a manifestare un disegno diverso da quello che avremmo scelto.
Molto peggio delle nostre ipotesi, molto meglio il Suo piano
L’intervento chirurgico di rimozione della massa ha esito positivo, dalla biopsia emerge invece un quadro più allarmante.
Il dottore ci disse che dovevamo parlare. Quello che era stato rimosso non era un fibroma. Era proprio un cancro … non piansi neppure. Ascoltai. Senza ansia. Ascoltai. Il mio ventre non mi faceva male. Ero scioccata. Non sono in perfetta salute? Mangio bene, sono superattiva, mio marito mi insegna le regole di nutrizione! Come è possibile che abbia un cancro? (ecco un enome post-it per ricordarci che non siamo noi in controllo, ma Lui). Alla fine ho guardato mio marito Micah e gli ho detto: “Che benedizione che io sia rimasta incinta, eh? Se non fosse per questo figlio non avrei neppure scoperto di avere un tumore. Non avevo sintomi. Mi sentivo bene. Non potevo vederlo, né sentirlo”. Il dottore si commosse e confessò: “Wow. Non ci avrei mai pensato”. (Ibid)
Cosa è accaduto nello sguardo di questa mamma? Un grande ribaltamento.
Ci sta davanti con tutta la sua luce il Sì di Maria quando l’Angelo le annunciò l’evento che quella ragazza di Nazareth meno poteva aspettarsi. E nel quotidiano ci sono molti modi per camminare dietro l’esempio di quel Sì. Avere la libertà di abbandonare la corrente dei propri pensieri che incasellano maldestramente i fattori della realtà, avere il coraggio paradossale della Provvidenza che scombina (o raddrizza?) i fattori in gioco, ecco un modo di rinnovare la rivoluzione del Sì di Maria. Poteva essere la storia di una malattia che mette a rischio una gravidanza, poteva essere guardata come l’alternativa tra il salvare se stessi o salvare la creatura in grembo; Courtney ha liberamente scelto di lasciarsi convincere dal punto di vista di Dio, che non ragiona a compartimenti stagni e che lega ogni filo del nostro essere.
Quella gravidanza e quella malattia sono parte di un destino unitario, probabilmente non così ostile come pareva. Sono parte di un’impresa difficile, che però merita proprio di essere affrontata alla luce del destino complessivo di tutti quelli che sono in gioco, madre padre e figli. All’indomani dell’intervento, le scelte di Courtney e della sua famiglia si sono mosse e si stanno muovendo a partire dalla constatazione che quella gravidanza, in quelle circostanze, era una doppia benedizione di Dio che faceva crescere la famiglia e già interveniva per manifestare una premura dentro la malattia.
Sebbene ci sia solo il 25% di probabilità che il cancro ritorni, Courtney non è fuori pericolo. Ha scelto di portare a termine la gravidanza senza fare la chemioterapia; probabilmente non ce ne sarà bisogno neppure dopo il parto, ma si valuterà al momento opportuno. Intanto si vive tutto ciò che c’è. La fede non ci mette al sicuro in un recinto privo di incognite anche mortali; ci offre la via per ritornare a essere veramente noi stessi e a stare in pienezza dentro la vita che ci è data, liberi dalle molte nebbie che inevitabilmente si attaccano agli occhi.
Questo piccolo miracolo dentro di me mi ha salvato dall’aggravarsi del cancro. Non l’avrei scoperto se non fosse stato per quella prima ecografia. Chissà come sarebbe progredito? Ti ringrazio Dio per avermi ascoltata e per aver fatto sì che io ti ascoltassi. Mi sento benedetta per ogni cosa di cui è fatta la mia vita e sento il bisogno di condividere questo messaggio. Grazie a tutti gli amici e alla mia famiglia che mi accompagnano. Grazie di tutte le preghiere. Non riesco a esprimere quanto significhino per me. Continuate a pregare. Andrà tutto bene se preghiamo e grazie al Capo del piano di sopra.
Aleteia| Set 25, 2019