Mario Mieli: il “profeta” dell’omofobia celebrato alla Festa del Cinema di Roma

By 14 Ottobre 2019Gender

Si tinge di arcobaleno l’apertura della XIV Festa del Cinema di Roma. Mercoledì 16 ottobre, alle ore 18, presso la Casa del Cinema, sarà proiettato in anteprima il film Gli anni amari, diretto da Andrea Adriatico, dedicato a Mario Mieli (1952-1983). La pellicola ricostruisce la vicenda biografica di uno degli iniziatori del movimento omosessualista italiano negli anni ’70. Penultimo di sette figli di una famiglia milanese benestante, Mario Mieli, come raccontato nel film, ebbe un rapporto contrastato con i genitori e, in particolare, con il padre. La sceneggiatura rievoca quindi la vita notturna sregolata di Mieli e il suo viaggio a Londra, dove avvenne il cruciale incontro con il Gay National Front. Rientrato in Italia, Mieli aderì al collettivo omosessualista “Fuori!” e fondò i Circoli Omosessuali Milanesi. Soggetto a forti turbe psichiche, Mario Mieli morì suicida a 30 anni, osannato negli ambienti progressisti come intellettuale d’avanguardia, acuto, sensibile e profetico, nonché ideologo del movimento gay italiano.

Osservata più da vicino, quella di Mario Mieli fu la vita di una persona profondamente infelice e completamente incapace di vivere in modo equilibrato il proprio ruolo nella società. Complice anche il consumo massiccio di stupefacenti, Mieli assunse comportamenti spesso devianti (come quando, nel 1974, fu arrestato all’aeroporto di Heathrow, dopo essere stato trovato a vagare seminudo alla ricerca di un poliziotto da sodomizzare) e, almeno un paio di volte, fu ricoverato in reparti psichiatrici. Fu anche dedito all’esoterismo e, nei suoi scritti, fu uno dei primi a teorizzare il concetto di omofobia e a identificare nella dicotomia maschile/femminile uno stereotipo culturale da superare. L’aspetto più controverso nella vita e nel pensiero di Mario Mieli fu però lo sdoganamento della pederastia e della pedofilia: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro», scriveva Mieli nel suo saggio più noto, Elementi di critica omosessuale.

L’esegesi della pedofilia portata avanti da Mieli è stata anche al centro del caso deontologico-giudiziario che ha visto coinvolta la dottoressa Silvana De Mari. A onor del vero, i circoli lgbt hanno sempre glissato su questo risvolto particolarmente inquietante della vita del Mieli e anche il film biografico di imminente uscita sembrerebbe tenere in secondo piano questo aspetto, celebrando lo storico attivista gay come un martire della libertà sessuale. Lo stesso regista Andrea Adriatico descrive Mieli come «un poeta altissimo e un rivoluzionario ingiustamente dimenticato». Il suo film, dichiara il regista su Gay.it, sarebbe stato particolarmente ostacolato da un «certo apparato mediatico apertamente ostile» anche all’interno di un circuito cinematografico italiano del quale, però, tutto si può dire, tranne che sia omofobo o “retrogrado”. Adriatico ha lamentato «articoli violentissimi, richieste di gogna, di cancellazione dei fondi al film, interrogazioni ai parlamenti», oltre alla «triste violentissima equazione omosessualità = pedofilia».

Siamo alle solite: secondo i dettami del politicamente corretto risulta impossibile parlare di omosessualità, senza denunciare la presunta mentalità omofoba che, a detta di taluni, sarebbe ancora oggi particolarmente diffusa e perniciosa. La proiezione del film Gli anni amari in un contesto così prestigioso e popolare come quello della Festa del Cinema di Roma sembra tuttavia essere la conferma di una cultura Lgbt particolarmente coccolata dal mainstream cinematografico. E il dibattito sulle possibili convergenze tra omosessualità e pedofilia? Non pervenuto…

di Luca Marcolivio

14 ottobre 2019

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