Così Londra ha imposto aborto e nozze gay all’Irlanda del Nord

Westminster ha «approfittato della paralisi istituzionale del paese», scrive Repubblica, per legalizzare aborto e matrimonio gay in Irlanda del Nord. Operazione che non era mai riuscita attraverso il parlamento locale.

In un solo giorno, o meglio una sola notte, l’Irlanda del Nord si è ritrovata aborto e matrimonio gay legalizzati. Le prime nozze same-sex saranno celebrate a partire da febbraio 2020, due mesi dopo (aprile 2020) entrerà in vigore l’aborto legale. Attualmente invece nel paese l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita soltanto nei casi in cui la madre rischi danni gravi e permanenti alla propria salute fisica o psicologica.

In tutto ciò, la “curiosità”, per usare un eufemismo, è il fatto che non è stata l’Assemblea dell’Irlanda del Nord, ossia il parlamento locale, ad approvare queste leggi: aborto e matrimonio gay sono stati imposti a Belfast da Westminster, il parlamento di Londra.

«APPROFITTANDO DELLA PARALISI»

Come abbiamo raccontato in questo articolo, la svolta è arrivata nel luglio scorso, con l’approvazione da parte del parlamento britannico del Northern Ireland (Executive Formation etc) Act, legge che comprende appunto gli emendamenti per la legalizzazione dell’aborto e delle nozze fra persone dello stesso sesso in Irlanda del Nord.

Le nuove regole sono entrate in vigore oggi, martedì 22 ottobre, perché l’Assemblea dell’Irlanda del Nord è sospesa dal 2017, da quando cioè i due maggiori partiti del paese non sono stati in grado di accordarsi per governare. Così Westminster ha avuto mano libera. In pratica, come si legge nella cronaca di Repubblica, Londra ha «approfittato» dell’occasione:

«Approfittando della paralisi istituzionale del Paese, privo di un governo locale da gennaio 2017 a seguito di uno scandalo, i deputati di Westminster nel luglio scorso hanno votato degli emendamenti per estendere il diritto all’aborto e ai matrimoni fra persone dello stesso sesso in Irlanda del Nord che non si è potuta opporre proprio in virtù della mancanza di un governo».

TENTATIVO DI STOP FALLITO

In realtà a Belfast c’è stato un tentativo di bloccare in extremis le nuove leggi, ma come sintetizza un articolo della Catholic News Agency, quel tentativo è fallito:

«Lunedì [ieri, ndr] i membri pro-life dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord, in gran parte esponenti del Democratic Unionist Party (Dup), hanno riconvocato il parlamento per la prima volta da gennaio 2017 allo scopo di bloccare l’allentamento delle restrizioni all’aborto. Il Dup sostiene l’unità con il Regno Unito ed è ritenuto un partito di destra su molti temi.

Arlene Foster, leader del Dup, ha detto al Guardian che sperava che la nuova convocazione permettesse ai membri dell’assemblea di discutere la questione a livello locale e che consentisse a chi si oppone alle modifiche della legislazione di esprimere ufficialmente la propria contrarietà.

Per poter intervenire in maniera vincolante, però, l’Assemblea avrebbe dovuto eleggere uno speaker sostenuto trasversalmente dai partiti. Cosa divenuta impossibile quando i nazionalisti del Social Democratic Party sono usciti dall’aula, come riferisce la Bbc. Il parlamento avrebbe dovuto anche formare un esecutivo (istituzione analoga a un’amministrazione), altro compito impossibile senza la presenza e l’approvazione trasversali dei partiti.

I parlamentari del Sinn Fein, formazione nazionalista di sinistra, così come il Green Party e il People Before Profit, non hanno preso parte alla seduta del 21 ottobre.

Lo speaker in carica, Robin Newton, esponente del Dup, si è opposto a sua volta al leader del suo partito e si è rifiutato di sospendere le regole normali dell’Assemblea per consentire l’introduzione del Defence of the Unborn Child Bill, una proposta del Dup che, se fosse stata approvata entro mezzanotte, avrebbe potuto bloccare la nuova legge sull’aborto.

La Foster l’ha definito “un giorno vergognoso” per l’Irlanda del Nord, secondo la Bbc».

«TRIONFO DELL’ATTIVISMO DAL BASSO»

Di tutt’altra opinione Anna Cafolla, giornalista nordirlandese del Guardian specializzata in diritti delle donne, la quale vede nell’imposizione dell’aborto e del matrimonio gay al suo paese un «trionfo dell’attivismo dal basso». Ecco alcuni brani tratti dalla sua ricostruzione della vicenda:

«Nel giugno 2017, la corte di appello di Belfast stabilì che toccava all’Assemblea dell’Irlanda del Nord decidere in merito alle limitazioni dell’aborto nel paese. Quello stesso giorno, il governo britannico, su pressione della parlamentare laburista Stella Creasy, annunciò solennemente sovvenzioni per consentire alle donne incinte nordirlandesi di accedere all’aborto in Inghilterra.

Nel maggio 2018, la Repubblica d’Irlanda ha votato a favore dell’abolizione delle sue arcaiche limitazioni all’aborto – ancora silenzio da Stormont [sede del parlamento di Belfast, ndr]. In questo mese, Sarah Ewart, una donna costretta a recarsi in Inghilterra per abortire dopo aver ricevuto una diagnosi letale per il feto, ha trionfato nella sua battaglia legale contro le leggi nordirlandesi, condannate per violazione dei diritti umani.

[…] Oggi è il giorno zero di un’Irlanda del Nord nuova e progressista. La notte scorsa a mezzanotte il divieto di aborto vecchio di 158 anni è stato abrogato ed è avvenuta la depenalizzazione».

«LA VOCE DELLA RAGIONE»

Come sia stato possibile arrivare a questo «giorno zero», lo abbiamo scritto. Tuttavia il giudizio della giornalista del Guardian non vacilla neanche per un istante. È stata ai suoi occhi una vittoria della democrazia.

«Siamo sulla soglia di una libertà per la quale si è combattuto e che è stata costruita in anni di fervente organizzazione dal basso da parte di gruppi come Alliance for Choice, singole persone che hanno condiviso le loro storie dolorose e ingiuste, inarrestabile solidarietà collettiva.

[…] Gli attivisti continuano a essere la voce della ragione, mentre i politici o restano immobili o si agitano – è a tutti loro che dobbiamo questa vittoria per i diritti umani.

[…] La cultura mostruosa che a lungo ha avvinghiato la gola dell’Irlanda del Nord con i tentacoli dell’ideologia religiosa e dei vincoli politici, sta crollando».

PRESSIONI PER LA «SVOLTA»

Al di là della retorica, tuttavia, l’orientamento del popolo nordirlandese non è così compatto a favore delle nuove leggi. Anzi. Ci è voluta la vittoria degli abortisti al referendum della “cugina” Repubblica d’Irlanda per far salire la temperatura sul tema. Soprattutto, come ricordano oggi molti giornali, è stato dopo quel voto che sono aumentate le «pressioni» verso l’imposizione dell’aborto legale in Irlanda del Nord. Pressioni non solo politiche e mediatiche, ovviamente. Proprio come nel caso della Repubblica d’Irlanda: i lettori di Tempi ricorderanno come si è arrivati alla legalizzazione in quel paese.

Non a caso, anche in Irlanda del Nord, tra i primi a esultare per le nuove leggi è stata Amnesty International, come ricorda Repubblica:

«”A mezzanotte sarà fatta la storia”, aveva commentato Grainne Teggart, manager della campagna di Amnesty International nell’Irlanda del Nord».

THIS IS IT, the day we say bye to oppressive abortion laws that have policed our bodies & denied us choice. At midnight 158yr old abortion ban will finally be lifted & this healthcare decriminalised. #FreeSafeLegalLocal services will soon be reality #TheNorthIsNow – it really is pic.twitter.com/uYoytE4e0A

— Grainne Teggart (@GTeggart) October 21, 2019

PAESE DIVISO

La Cna ricorda inoltre che «proposte di legge per la legalizzazione dell’aborto nei casi di malformazioni del feto, stupro o incesto sono state bocciate dall’Assemblea dell’Irlanda del Nord nel 2016». A meno di pensare che il parlamento sia sempre e comunque nemico il popolo, un motivo ci sarà.

Forse il motivo è che i nordirlandesi, al contrario di quel che suggerisce il Guardian, non sono proprio tutti civili abortisti oppressi da preti e politici senza cuore. Alcuni indizi in questo senso arrivano da una fonte non certo simpatetica con la causa pro-life come la Bbc. All’inizio di settembre il network di Stato britannico ha raccontato che le due marce concomitanti organizzate a Belfast una pro e una contro la legalizzazione dell’aborto sono state entrambe partecipate da «migliaia di persone».

L’OBIEZIONE DEI MEDICI

Il 26 settembre, poi, ancora la Bbc informava che «centinaia di operatori sanitari si oppongono alla nuova legge sull’aborto». Oltre 700 medici e professionisti della sanità, si legge nell’articolo, hanno scritto al ministro della salute nordirlandese per comunicargli «la propria preoccupazione per le donne incinte e i loro bambini non nati. In quanto cristiani, è loro ferma convinzione che l’aborto sia “l’uccisione ingiusta e violenta di una vita umana”».

Uno dei problemi da risolvere, infatti, sarà come prevedibile il diritto all’obiezione di coscienza. Sulla base delle regole vigenti nel resto del Regno Unito, spiega sempre la Bbc, è probabile che ai medici dell’Irlanda del Nord sia concessa l’astensione dalla partecipazione diretta all’intervento abortivo, non però dalle pratiche burocratiche e informative.

UN FATTO «INAUDITO»

Sempre a settembre, infine, anche i leader religiosi hanno invocato un intervento dell’Assemblea per fermare l’imposizione delle nuove leggi al paese, un’invasione di campo definita «senza precedenti». A sottoscrivere la richiesta sono state la Chiesa cattolica, la Chiesa d’Irlanda, la Chiesa metodista irlandese, la Chiesa presbiteriana irlandese e il Consiglio ecumenico irlandese.

«I partiti politici dell’Irlanda del Nord hanno nelle proprie mani la possibilità di fare qualcosa. […] Non c’è prova che queste modifiche [alle leggi] riflettano la volontà del popolo su cui avranno effetto, dal momento che il popolo non è stato consultato. Esse vanno ben oltre i “casi estremi” di cui parlavano alcuni».

Redazione 22 ottobre 2019

Così Londra ha imposto aborto e nozze gay all’Irlanda del Nord