EDITORIALE -Sperimentazione sugli animali, essenziale per proteggere la persona

By 22 Novembre 2019Attualità

Lunedì scorso, il quotidiano La Stampa, ha dedicato due pagine curate da Maria Berlinguer al  tema della “sperimentazione sugli animali” un argomento che riguarda tutti noi, poiché la vita umana ha raggiunto livelli di benessere sempre maggiori usufruendo anche delle sperimentazioni cliniche sviluppatesi prevalentemente dagli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi del XXI° secolo. Inoltre, qualcuno, in un determinato periodo della vita, potrebbe sentirsi rivolgere dal medico che lo sta curando magari per una grave patologia:  “Di un po’, ti dispiacerebbe unirti ad altri pazienti per darci una mano nel fare una ricerca molto importante che stiamo intraprendendo?”. E noi, sgomenti per la nostra salute, con un potere di scelta minimo avendo magari ancorato tutte le nostre speranze a chi ci rivolge la richiesta, potrebbe risponde prontamente “sì”.

In Italia le sperimentazioni cliniche erano, almeno fino al 2012, attuate in sicurezza per i pazienti (o arruolati) poiché meticolosamente verificate e controllate nello svolgimento dai Comitati Etici Ospedalieri. Poi nel 2012, il Decreto Legge 158/2012, art. 12, comma 6, ridusse di molto questa garanzia diminuendo i Comitati Etici da 269 a circa 90 con una successiva decurtazione dal gennaio 2018. Fu un errore gravissimo concentrare in poche persone un’onerosa quantità di lavoro, poiché l’enorme carico di attività ha peggiorato la “qualità” delle revisioni e dei controlli. Di conseguenza, sono notevolmente incrementati gli errori di valutazione con tutte conseguenze, rischiando di rivivere drammi del passato. Appare sarcastico, ma in Italia tutte le normative sono presentate come eccellenti, anche le più dannose, fino a quando “non ci scappa il morto”. Allora, tutti si sdegnano, e cercano il colpevole che solitamente non è mai identificato. Di fronte a questo scenario, assume più importanza la sperimentazione sugli animali che dovremmo conoscere meglio, poiché spesso sfocia in esasperazioni e scontri tra l’opinione pubblica e la comunità scientifica.

Nelle sperimentazioni ci si avvale degli animali nella fase “pre-clinica o fase 0”, cioè nel primo atto dello studio di una nuova molecola (o principio attivo) che s’ipotizzi portatrice di benefici terapeutici.

La sperimentazione sugli animali è soggetta a leggi che tutelano i diritti degli stessi nei confronti di inutili sofferenze o danni duraturi, limitandone l’uso all’essenziale come richiesto anche da Papa Francesco. “Benché l’essere umano possa intervenire nel mondo vegetale e animale e servirsene quanto è necessario alla sua vita, il Catechismo (della Chiesa Cattolica) insegna che le sperimentazioni sugli animali sono legittime solo se si mantengono in limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane”. Il Pontefice ricorda inoltre che il potere umano ha dei limiti e che “è contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita”. Quindi, qualsiasi uso e sperimentazione, “esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione”(Laudato sì n. 30).

Però le “Good Laboratory Practices” (GLP), cioè le linee di “Buona Pratica di Laboratorio”, avevano già standardizzato le procedure sia nelle selezioni delle tipologie di animali, sia nelle metodologie da seguire. Come pure, si afferma la liceità dell’uso degli animali, unicamente quando importanti conoscenze non possono essere acquisite mediante modelli matematici computerizzati.

Dunque, la sperimentazione sugli animali, in alcune situazioni è irrinunciabile, non possedendo attualmente metodologie alternative. Tutto ciò è specificato e disciplinato dal Decreto Legislativo 26/2014 che recepì la Direttiva Europea n. 2010/63/UE. Secondo questa norma, tutti i progetti di ricerca che contemplano l’impiego di animali vertebrati e di taluni invertebrati devono essere autorizzati dal Ministero della Salute e attuati in Centri autorizzati. Ma già in precedenza, per onorare le diverse sensibilità, il legislatore con la Legge 413/93 aveva contemplato “l’obiezione di coscienza” per chi opera in questo settore.

Una critica frequente riguarda la diversità degli animali dall’uomo; di conseguenza sussistono incognite connesse alla disparità delle specie. Pertanto, per alcuni, questa prassi sperimentale non fornisce risultati attendibili. La sostanziale disuguaglianza tra uomo e animale è reale, ma alcuni animali possiedono in comune con l’uomo omogeneità anatomiche e fisiologiche. Ad esempio, il ratto, detiene un Dna in molti elementi analogo a quello umano. Certamente è impossibile ricreare in laboratorio sugli animali, con precisione, il complesso intreccio di relazioni tra gli organi e i mediatori chimici tipici dell’organismo umano.

Personalmente ritengo doveroso stigmatizzare la crudeltà umana verso gli animali, come pure ridurre al minimo il numero di animali da sottoporre alla ricerca, sviluppando maggiormente metodi complementari e alternativi, ma proibire questa tipologia di studi paralizzerebbe e bloccherebbe la ricerca scientifica. Il Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica “Sperimentazione sugli animali e salute dei viventi” (1997) fornisce la giustificazione sull’uso degli animali: “E’ nel nome stesso della salute dei viventi  che trovano le proprie giustificazioni etiche tutte le diverse forme di intervento umano sulla natura vivente, ivi comprese quelle attività – indubbiamente estreme che implicano il sacrificio di forme di vita” (n. 9). Lo stesso Comitato aveva già precisato con il Parere “La sperimentazione sui farmaci”(1989) che la “ricerca biomedica sugli animali non è sinonimo di vivisezione” (cfr. n.3) poiché dovrebbe avvenire in laboratori, dove gli animali sono soggetti ad analisi ed esperimenti sempre “in sicurezza”.

Da ultimo, non possiamo scordare, che la salute dell’uomo ha sempre priorità sul benessere dell’animale anche nel complesso settore sperimentale, dove gli animali assumono la valenza di prevenzione e di protezione affinché non si replichino i drammi del passato.

P.S. “L’uomo pensante” potrebbe chiedersi se ho voluto ergermi “tuttologo” oppure ciò che ho affermato nasce dalla mia esperienza. E’ frutto della mia esperienza avendo operato per vent’anni nel settore come responsabile della Segreteria tecnico-scientifica di un Comitato Etico e come Presidente di due Comitati Etici Ospedalieri e avendo prodotto il testo “La sperimentazione clinica per il benessere dell’uomo” (Viator 2011, pp. 694).

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