La scorsa settimana abbiamo evidenziato l’epocale crisi che la famiglia sta vivendo tentando di evidenziare le motivazioni. Oggi facciamo un passo in avanti proponendo delle soluzioni, indicando i comportamenti che dovremmo assumere nella famiglia. Un ottimo riferimento sono le indicazioni che l’apostolo Paolo offre alle famiglie della comunità di Colossi (cfr. Col. 3,12-21).
“Fratelli”, scriveva san Paolo, “rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente; …e siate riconoscenti”(Col. 3,12-15). Questo è il clima che dovrebbe regnare nella famiglia affinché sia un’autentica comunità di amore. Nessuna altra situazione è più profonda, unifica le persone e rende l’uomo felice come la famiglia. Ma, nessuna altra comunità, è esigente come la famiglia! La famiglia offre ad ogni suo componente “il massimo” ma, contemporaneamente, richiede un ingente impegno sia dei genitori che dei figli. E perché la famiglia possa offrire “il massimo” occorre favorire un clima fondato sulla bontà, sull’umiltà, sulla pazienza, sulla mansuetudine e sulla dolcezza. Inoltre, non può scarseggiare il perdono, che significa sopportazione vicendevole, capacità di chiarirsi e di spiegarsi. San Paolo, in altro contesto, affermava: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira”(1 Cor. 12.2). Cioè, la sera, prima di addormentarsi è indispensabile chiarirsi e riconciliarsi, affinché il tempo non renda problematiche questioni banali. E, poi, la riconoscenza: “siate riconoscenti ”, poichè’assenza di riconoscenza è la causa di varie freddezze e di innumerevoli incomprensioni.
San Paolo prosegue: “La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente”(Col. 3,16). Questo significa che Dio vuole essere “l’ospite fisso” nella famiglia. Un “ospite” che si ascolta, al quale ci si rivolge e che si prega. “La memoria di Cristo rigenera continuamente il rapporto affettivo e coniugale. Il rapporto può proseguire nel tempo, proprio perché è rigenerato nel rapporto personale con Cristo (…). Siccome è questa stessa memoria che genera l’affettività, il rapporto nasce e continua se si riconosce l’altro come parte del mistero di Cristo” (L. Negri, Il Matrimonio, Piemme 2003, pp. 31-32)). Importante, inoltre, è la partecipazione all’Eucarestia “fonte stessa del matrimonio cristiano”. Infatti è “in questo sacrificio della nuova ed eterna alleanza che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale” (Giovanni Paolo II, Lettera Familiaris consortio, n. 57). Non scordiamo, infine, anche questa esortazione di san Giovanni Paolo II: “Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate, in consonanza coi sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età: Confessione, Comunione, Cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo sofferente? A invocare l’aiuto della Madonna e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, papà, sapete pregare coi vostri figlioli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio vostro nella rettitudine del pensiero e dell’azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche” (Familiaris consortio, n. 57).
Un clima orante ha come conseguenza “l’educazione alla carità”. Ricordavano i nostri vescovi: “La famiglia è il primo luogo in cui I’annuncio del Vangelo della carità può essere vissuto e verificato in maniera semplice e spontanea: marito e moglie, genitori e figli, giovani ed anziani” (ETC n. 30). Indicavano, poi, i comportamenti concreti: rapporto di reciproca carità tra uomo e donna, fedeltà coniugale, paternità e maternità responsabile e generosa, accoglienza degli anziani, aiuto alle famiglie in difficoltà.
San Paolo concludeva il brano affermando: “voi figli obbedite ai genitori in tutto (…). E voi padri non esasperate i vostri figli perché non si scoraggino”(Co. 3,20-21).
Parole sagge e di intenso equilibrio poichè la famiglia, come già affermato, offre “il massimo” unicamente se funziona, cioè se ciascuno, dai più grandi ai piccoli, fa sempre e bene la propria parte, ricordando che lo sposo è diverso dalla sposa ed essere genitori è differente dall’essere figli; ma sposo e sposa, genitori e figli sono “un’unica cosa” nell’unità della casa. “Quando parliamo di complementarietà tra uomo e donna in questo contesto, non dobbiamo confondere tale termine con l’idea semplicistica che tutti i ruoli e le relazioni di entrambi i sessi sono rinchiusi in un modello unico e statico. La complementarietà assume molte forme, poiché ogni uomo e ogni donna apporta il proprio contributo personale al matrimonio e all’educazione dei figli. La propria ricchezza personale, il proprio carisma personale, e la complementarietà diviene così di una grande ricchezza. E non solo è un bene, ma anche è bellezza” (Ai partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna, promosso in Vaticano dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 14 febbraio 2005).
Un’ annotazioni finale.
L’ educazione alla fede, ai valori e alla carità dovrà essere attuata anche nei vari ambiti educativi e scolastici. Da qui nasce I’impegno delle famiglie ad esigere dallo Stato, come già avviene in alcuni Paesi europei, la possibilità di scegliere liberamente la scuola per i propri figli, senza costi aggiuntivi, oltre che indicare i valori educativi che I’istituzione scolastica dovrà offrire. Ciò trova il fondamento nel principio di sussidiarietà. Perciò “dobbiamo sostenere i genitori nella responsabilità di educare i figli, tutelando il loro imprescindibile diritto a dare ai figli l’educazione che ritengono più idonea. I genitori, infatti, rimangono i primi e principali educatori dei loro figli, pertanto hanno il diritto di educarli in conformità alle loro convinzioni morali e religiose” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, 3 ottobre 2014)..
Don Gian Maria Comolli.