TESTIMONIANZA – Dio c’è nelle difficoltà. È una sfida che fa uscire il meglio dentro di noi”

By 20 Marzo 2020Coronavirus

Il vescovo di Cremona in quarantena dopo il ricovero in ospedale: «La Chiesa resta aperta».

Dopo essere risultato positivo al Covid-19, monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, è guarito ed è ora a casa nella sua diocesi, dove trascorrerà i 15 giorni di quarantena previsti dal protocollo prima di fare nuovamente il tampone. La voce rotta a tratti dall’emozione, ma anche la lucidità dell’uomo di fede salvato da Dio. E dalla scienza. Il vescovo racconta al Giornale l’esperienza di questo momento difficile per lui e la sua chiesa.

Eccellenza, come si sente ora? È stata dura?

«Ora mi sento meglio, piano piano ritornano le forze. Un ricovero del genere è capitato a tante persone, ed è capitato anche a un sacerdote, a un vescovo come me. È un’esperienza che va vissuta in termini di obbedienza ai fatti, di fiducia verso i medici, di collaborazione alle terapie e di affidamento al Signore. Sono stati dieci giorni nei quali ho sperimentato la bravura, la dedizione, l’eroismo dei medici e degli infermieri. Questo mi ha incoraggiato, insieme alla preghiera della comunità».

Un uomo di fede nelle mani della scienza…

«Sì, sicuramente. Ho percepito subito la cura che avevano di me, grazie a Dio ci sono stati dei segnali di miglioramento, questo mi ha risparmiato l’angoscia. Ringrazio il Signore perché non hanno vinto la paura e il dubbio, ma ha prevalso il riconoscere Lui in tutta questa esperienza. Il Signore non è una sorta di Babbo Natale che ti manda le cose buone e poi scompare nel momento della prova. Gesù è dentro la nostra umanità: più è debole e più è sofferente e più ci mettiamo nelle sue mani, ci uniamo a Lui. Anche la preghiera di tanta gente mi ha riempito di questa pace».

La sua diocesi sta vivendo un momento difficile…

«Molto, molto difficile. Ogni volta che leggo i giornali mi commuovo immensamente, perché adesso capisco che quello che è accaduto a me nel piccolo sta accadendo a centinaia, migliaia di persone, di famiglie, di anziani. È una lotta, una grande battaglia dentro la quale viene fuori il meglio delle nostre comunità, ma anche la paura, le difficoltà, la tristezza. Il messaggio è di continuare a tirare fuori il meglio. Sono ammirato da tanta solidarietà e questo ci permetterà di uscire dal tunnel».

La Madonna non va in quarantena?

«No, ma nemmeno è in una sorta di cielo lontano dalla realtà. La presenza del Cristo, dello Spirito, dei santi, sono nella realtà e quando la realtà si fa dura, quando è il deserto, è la prova, si tratta di riconoscere questa presenza salvatrice. Allora la quaresima diventa ancor più vera perché cruda, nuda, esigente, ma come cammino verso la Pasqua».

Per 15 giorni dovrà restare ancora in isolamento. Come trascorrerà questo tempo?

«Passo le mie giornate riflettendo, leggendo, riprendendo i rapporti con i sacerdoti, con fedeli, contemplando il mistero nel quale siamo immersi. Contemplare significa accettare come ha fatto Maria e custodire in sé anche ciò che non si capisce, e fidarsi del Signore. Una chiesa spogliata di tutte le sue attività, ricondotta all’essenziale. Questo è il grande momento dell’essenziale».

Nella sua diocesi le chiese restano aperte?

«Certamente, e c’è stata una bella fantasia dei sacerdoti per continuare a essere vicini alle persone, alle famiglie. Questo è un bellissimo segnale. Ieri sera anche noi ci siamo uniti al rosario promosso dalla Cei in tutto il Paese. Un momento importante di preghiera per la salvezza di tutti e la fine di questa pandemia».

Pandemia che ha colpito anche il clero lombardo: 13 sacerdoti morti della diocesi di Bergamo e due di Cremona.

«I sacerdoti non sono esenti dai rischi della vita. Specialmente i più anziani sono bersagli ancora più accessibili. Colpisce non poterci riunire a pregare insieme per loro. È sempre una festa di gratitudine per il loro ministero e la loro vita sacerdotale; una festa nella fede che però è solo rimandata».

Ven, 20/03/2020 – 08:36

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