Repubblica, Prodi, Letta: quante critiche all’Ue, impensabili fino a una settimana fa (ma col solito tic antipopulista).
Ve li ricordate i tempi in cui se osavi muovere qualche appunto alle rigidità europee, ti tacciavano di lesa maestà? Rammentate le filippiche sullo spirito europeo, la generazione Erasmus, quanto è bello e giusto non sentirsi più italiani o tedeschi o greci, ma tutti e solo europei? Dovreste ricordarveli, in fondo è passata solo una settimana.
Fra quindici giorni? Campa cavallo
Poi è arrivato il virus e ora fa abbastanza impressione leggere certi titoli e certi editoriali dei grandi giornali. Ieri, Repubblica, giornale che da anni propaganda le magnifiche sorti e progressive della bandiera blu con le stelline, titolava in prima pagina: “La brutta Europa”. Tre parole in una sequenza che, nemmeno una settimana fa, sarebbero state impensabili. All’interno del quotidiano, cronache molto esaurienti sotto il profilo dell’informazione ci avvertivano di quanto accaduto durante il confronto fra i leader europei di giovedì. In sintesi: Italia, Spagna, Francia e i paesi del sud del Continente che chiedevano i coronabond e quelli del Nord (Olanda, Finlandia, Danimarca, Austria e, soprattutto, Germania) a rispondere: nisba, attaccatevi, non se ne fa nulla. Tutto rimandato tra 15 giorni. Campa cavallo.
«Un crimine contro l’umanità»
Ciò che colpisce, oggi, sono i commenti con cui si accompagnano le informazioni. Prendete ancora Repubblica: Stefano Folli che parla di una «Unione che è nel pieno di una crisi distruttiva» o, ancor di più, Massimo Giannini che scrive enfaticamente frasi come queste: «Tutti riconoscono l’emergenza umanitaria, sanitaria e finanziaria, ma non l’esigenza di una missione comune né l’urgenza di un’azione condivisa»; «la Storia li guarda, e loro si voltano dall’altra parte»; «imporre oggi [le regole sul deficit], di fronte alla macelleria sociale che il Covid-19 promette, è un atto di totale irresponsabilità. Di più: è quasi un crimine contro l’umanità». Letto su Repubblica e non sulla Padania, fa abbastanza impressione.
Il solito tic antipopulista
Ora che la situazione si fa fosca, anche gli euroentusiasti mostrano il loro lato euroscettico. Da diversi giorni gli interventi di Romano Prodi sono assai critici, per esempio. Basta leggere i suoi ultimi editoriali sul Messaggero per scorgervi una forte insofferenza al limite dell’astio verso le rigidità dell’Unione. Parole impensabili fino a poco fa.
E che dire di Enrico Letta? La sua intervista alla Stampa del 26 marzo era emblematica sotto molti aspetti. Da un lato, un accorato appello alle istituzioni europee perché comprendessero l’eccezionalità della situazione: «I leader si devono mettere la mano sulla coscienza, rendersi conto che la Storia li guarda ed è alla Storia che dovranno rendere conto». Dall’altro, però, il solito tic “antipopulista” che si potrebbe riassumere nel ritornello “l’Europa deve muoversi altrimenti vinceranno i sovranisti”.
La verità, more solito, sta nel mezzo e forse questa crisi aiuterà a metterla maggiormente a fuoco, al di là delle rigidità schematiche degli schieramenti. Gli euroentusiasti si accorgono adesso che l’Europa da loro vagheggiata era un feticcio, che a comandare è la Germania, da sempre, e che ora Angela Merkel, da mesi in difficoltà sul fronte interno, fatica a tenere in equilibrio ciò che in equilibrio non può stare. Merkel sa bene da che parte pendere quando è “l’ora più buia” (e la sua parte non è la nostra parte). Nel momento del bisogno si vede che cos’è l’Europa, un organismo prettamente economico senza alcuno spirito ideale (che è quel che servirebbe adesso).
Un’Europa molto diversa da questa
Che cos’è l’Unione europea? Cosa vuole essere? Hai voglia a costruire una comunità umana con la retorica dei viaggi Erasmus o il richiamo al rapporto deficit/Pil. Hai voglia a richiamarti a uno “spirito europeo” che non è mai esistito perché non c’è nessuno spirito europeo alla base di questa Unione. Ci sono degli interessi, legittimi. Ma se sono solo quelli che dominano, è chiaro che, nell’emergenza, sia detto senza alcun intento moralistico, ognuno preserva i propri a discapito degli altri. Ora anche gli euroentusiasti, che hanno costruito questa Unione rinnegando le sue radici giudaico-cristiane, s’accorgono che può sparire come una bolla di sapone.
Ma anche i cosiddetti sovranisti dovrebbero farsi qualche domanda di fronte agli egoismi di tutti quegli Stati che ora si voltano dall’altra parte davanti alle richieste italiane. Ora è molto chiaro che, senza un aiuto, siamo spacciati. Il punto non è l’uscita dall’Europa, ma che serve un’Europa molto diversa da questo castello di carte che vien giù proprio nel momento del bisogno.
Emanuele Boffi
28 marzo 2020