Continuiamo l’analisi del Documento di Mons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste.
La scorsa settimana Mons. Crepaldi ci ha spiegato i motivi per cui nulla sarà come prima poiché la crisi attuale ci obbligherà a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno. Oggi evidenzierà il nuovo rapporto che l’uomo deve instaurare con la natura.
La fine del naturalismo ideologico
Le società erano e sono attraversate da varie forme ideologiche di naturalismo che l’esperienza di questa epidemia potrebbe correggere. L’esaltazione di una natura pura e originariamente incontaminata di cui l’uomo sarebbe l’inquinatore non teneva e, a maggior ragione, non tiene ora. L’idea di una Madre Terra dotata originariamente di un suo equilibrio armonico con il cui spirito l’uomo dovrebbe connettersi per ritrovare il giusto rapporto con le cose e con se stesso è una sciocchezza che questa esperienza potrebbe dissolvere. La natura deve essere governata dall’uomo e le nuove ideologie panteiste (e non solo) postmoderne sono ideologie disumane. La natura, nel senso naturalistico del termine, produce anche disequilibri e malattie e per questo deve essere umanizzata. Non è l’uomo a doversi naturalizzare, ma la natura a dover essere umanizzata.
La rivelazione ci insegna che il creato è affidato alla cura e al governo dell’uomo in vista del fine ultimo che è Dio. L’uomo ha il diritto, perché ha il dovere, di gestire la creazione materiale, governandola e traendo da essa quanto necessario e utile per il bene comune. Il creato è affidato da Dio all’uomo, al suo intervento secondo ragione e alla sua capacità di dominio sapiente. È l’uomo il regolatore del creato, non viceversa.
(https://www.diocesi.trieste.it/2020/03/20/coronavirus-loggi-e-il-domani/)
Fine seconda parte (continua)