Cina, gennaio-marzo 2020. Tremiladuecentonovantotto morti ufficiali a causa del corona virus. È Wuhan il primo focolaio della devastante pandemia che sta corrodendo città e intere nazioni. Viene blindata, l’ esercito presidia strade e piazze, nessuno può entrare e uscire. Wuhan, fine marzo 2020. Lunghe file di persone che aspettano il loro turno per ritirare le ceneri dei parenti uccisi dal virus e successivamente cremati subito, senza cerimonie e senza troppe spiegazioni. In questa sola città si calcola che, alla fine delle consegne , si arriverà alla cifra di 45.500 urne. I tristi conti della morte non tornano. Lo ha ben spiegato un dettagliato articolo-reportage pubblicato dalla agenzia di stampa Asianews, agenzia del Pime, Pontificio istituto missioni estere, diretta da padre Bernardo Cervellera. Che non mai mancato di sottolineare come il numero delle vittime del corona virus in Cina sia sempre stato volutamente sottostimato. Basterebbe anche ricordare, come si legge nell’ articolo, che nei giorni del picco dell’ epidemia i forni crematori hanno lavorato per 19 ore al giorno. E in questi giorni centinaia, forse migliaia di persone stanno facendo lunghe code davanti agli uffici dei Funeral Parlour (sale dei funerali) della città per raccogliere appunto le ceneri dei propri defunti.
La Cina che vuole a tutti i costi tornare alla “normalità” non riesce però a nascondere queste file che testimoniano la tragica discordanza dei numeri. Perché le sale dei funerali in città sono sette, il ritmo di distribuzione è di circa 500 urne al giorno, fino al 4 aprile, giorno in cui si onorano le tombe dei defunti, quindi circa 6.500 urne per tutto questo periodo, moltiplicato appunto, per sette. Si arriva così alla cifra di 45mila. Forse non tutte queste morti possono essere ascritte al coronavirus, ma appare chiaro che le cifre ufficiali non sono credibili, spiega l’ articolo firmato da Lu Haitao. L’ agenzia Asianews , in questo periodo, ha dato notizie anche sulle sperimentazioni su un virus ignoto, già in atto da molto tempo, e proprio a Wuhan, ad esempio. Va ricordato inoltre la strana “coincidenza” , notata da varie fonti di stampa, che le autorità di Pechino il 19 marzo scorso hanno dichiarato che il numero di utenze di telefoni cellulari cinesi è diminuito di 21 milioni negli ultimi tre mesi. In Cina senza cellulare non si può fare niente, anzi le autorità hanno incoraggiato a usarli per ogni servizio essenziale durante la quarantena. Per esempio, per generare un codice sanitario. Perché allora, improvvisamente, sono scomparsi 21 milioni di utenze? Che cosa è successo? Lecito fare qualunque ipotesi, anche le più funeste, considerando la mancanza di trasparenza che fin dal principio ha caratterizzato l’ azione del governo cinese di Pechino e forse ha fatto da propulsore dell’ epidemia. Sulla popolazione, le menzogne di Stato hanno ormai un effetto esplosivo. Una sommossa spontanea è scoppiata ieri al confine tra la province dello Hubei e dello Jiangxi, nella Repubblica Popolare Cinese, dove migliaia di cittadini hanno attaccato la polizia, malmenando gli agenti e devastando veicoli delle forze dell’ ordine. Le immagini dei disordini, riprese dai cittadini con gli smartphone sono circolate sul web e un video è stato postato anche da Voice of America nell’edizione cinese.
28 marzo 2020
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