Mentre gli ospedali combattono contro i tagli e la pandemia non è bizzarro assistere agli applausi di governatore De Luca e medici alla prima gravidanza (in vitro e con gameti esterni alla coppia) a spese della Regione?
“Nei giorni passati c’è stata la prima gravidanza conseguente ad una operazione di fecondazione assistita eterologa nell’ospedale Moscati di Avellino. È una bellissima notizia che davvero ci apre il cuore alla speranza”, annuncia il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. “E’ accaduto durante la prima fase dell’emergenza coronavirus. In assoluto non è un evento tecnicamente o scientificamente rilevante, ma lo è sicuramente dal punto di vista del messaggio di fiducia nell’efficienza e nella qualità del lavoro del sistema sanitario nazionale”, spiega Cristofaro De Stefano, direttore della Struttura di Fisiopatologia della Riproduzione dell’Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino, “perché questo dovete saperlo: questa è la prima volta in assoluto che si ha nel sistema pubblico della sanità campana la gravidanza in una condizione di donazione di gameti”. “Bellissima notizia che riempie di speranza”, ha commentato l’Associazione Luca Coscioni. “Ora continueremo a batterci affinché le altre Regioni seguano questo esempio virtuoso”.
L’ETEROLOGA “PORTA LA SPERANZA”
La notizia è che una coppia del Sud, per la prima volta dal 1985, sta portando avanti una gravidanza da procreazione medicalmente assistita (Pma) eterologa (cioè con gameti estranei alla coppia) a carico del servizio sanitario nazionale, all’interno di una struttura pubblica. Questo grazie a un decreto commissariale sulla procreazione medicalmente assistita approvato lo scorso anno dal governatore (e commissario alla sanità) De Luca, che dopo aver modificato la normativa regionale, adeguandola alle sentenze della corte costituzionale, ha sdoganato l’accesso a tutte le tecniche di riproduzione assistita a carico del servizio sanitario campano. A giugno erano state ufficialmente aperte le prenotazioni per l’accesso all’eterologa al Federico II di Napoli e al Moscati di Avellino. Che c’entri con la pandemia e i titoli che inneggiano al “primato” del Moscati nella sanità pubblica campana nei giorni dell’allerta coronavirus lo spiegano i vertici campani: porta “la speranza”, un “messaggio di fiducia” nell’efficienza del Ssn.
DAI 1.500 AI 10 MILA EURO A TRATTAMENTO
Quello che forse andrebbe anche spiegato, in un momento in cui in tanti stanno contribuendo finanziariamente al rafforzamento strutturale degli ospedali pubblici chiamati sui territori ad affrontare la grave emergenza dovuta a Covid-19, è che non si tratta di una speranza a costo zero. Paradossalmente è proprio Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, a darne almeno un’idea spiegando a Dire che là dove le Regioni non si sono adeguate e le coppie sono costrette a pagare di tasca propria “pur non essendoci un tariffario unico nell’ambito della procreazione medicalmente assistita, da quello che apprendiamo dalle coppie le spese vanno dai 1.500 euro per le tecniche più semplici fino ai 10 mila euro per quelle più complesse. Accedere alla fecondazione non significa essere certi di avere subito una gravidanza, bisognerà procedere probabilmente con più tentativi e aumenteranno i costi”.
SMARTPMA, CONSULTI SU SKYPE
La coppia del Moscati ha completato un trattamento già avviato: fatta eccezione per le procedure già in essere o non rinviabili su pazienti oncologici, da un mese sono stati infatti sospesi i trattamenti di procreazione medicalmente assistita: al Moscati, capofila del progetto SmartPMA che coinvolge altri otto centri italiani (dal Niguarda di Milano al Sant’Orsola di Bologna, dal Pertini di Roma al Papa Giovanni XXIII di Bergamo), i pazienti con problemi di infertilità o sterilità vengono seguiti attraverso gli strumenti della telemedicina, l’importante per i medici campani è però ripartire il prima possibile.
“OGNI MESE 1.500 NASCITE IN MENO”
Secondo la Federazione della Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia (Sigo) che rappresenta gli oltre 10 mila ginecologi italiani, e che ha elaborato nuove raccomandazioni per quando sarà decretata la fase 2 della pandemia, ogni mese di inattività ha infatti un impatto fortissimo sulla natalità e sul trend delle nascite da fecondazione assistita che dal 2014 è in crescita continua. De Stefano, che è anche rappresentante del Gruppo di interesse speciale in Medicina della Riproduzione della Sigo, ha spiegato che “la stima dei trattamenti per il 2019 è di 80 mila coppie circa trattate quindi se possiamo ipotizzare 11 mesi di attività lavorativa media si tratta di circa 8.000 coppie al mese. Considerando la capacità di tradursi in bambini vivi avremo una perdita stimata di circa 1.500 al mese”. Non saranno procedure con un carattere d’urgenza ma, sottolineano i medici considerata l’età media delle donne che si sottopongono ai trattamenti (sopra i 35 anni), il fattore tempo è determinante e il danno emotivo causato, oltre a quello demografico, per coppie la cui speranza dipende da un atto medico è “enorme”.
UN DUBBIO ALMENO SULLE PRIORITÀ DEL SSN
Ora è vero che la vita va avanti e che non tutto deve fermarsi per colpa del Covid, ma permetteteci almeno un dubbio sulle priorità che in questo momento il Ssn deve affrontare. Da settimane si parla di tagli alla sanità che avrebbero indebolito la capacità di risposta alla pandemia del nostro sistema sanitario, sappiamo che molti malati gravi non Covid si sono visti rimandare interventi e cure fondamentali, e quotidianamente assistiamo ad appelli perché si trovino nuove risorse per reggere all’impatto del coronavirus. Risulta bizzarra, se non fuori luogo, l’esaltazione di un Ssn che si accolla costi ingenti per soddisfare i desideri degli adulti e fronteggiare i loro danni emotivi. O almeno lasciateci dire che la “speranza” e i “messaggi di fiducia” dovrebbero passare da altre priorità, adesso, soprattutto negli ospedali.
Redazione 17 aprile 2020 Società
L’inopportuna festa campana all’eterologa «finalmente a carico del Ssn»