Varie società nella storia hanno reso difficoltosa la vita della donna, emarginandola e non riconoscendole la dignità. Anche la Chiesa fu diffidente con il sesso femminile, giungendo nel 585, nel Concilio di Macon, a discutere se possedesse l’anima. Anche oggi, ho l’impressione, che la donna nella Chiesa non abbia una condizione di parità con l’uomo. Qual è il suo parere? Luciana.
Quanto descritto nell’interrogativo è avvenuto; la donna ha subito emarginazioni in tutte le civiltà e anche nella Chiesa. E nel contesto globale, pure nel XX secolo, trecento milioni di donne e di bambine sono demograficamente scompare in Cina, in India e nel Nord Africa, e una moltitudine hanno subito violenze dallo stupro alle mutilazioni genitali, dalla schiavitù alla prostituzione. E la concezione della dignità della donna nell’Islam suscita anche oggi molte perplessità. Il pensiero dominante nei secoli e nei vari contesti societari a favore dell’uomo, non giustificano gli atteggiamenti sfavorevoli che la Chiesa cattolica assunse nel passato non corrispondenti al messaggio evangelico. Un inciso sull’interrogativo: a Macon, nel 585, non si tenne un Concilio ma un Sinodo, e dagli atti non risulta accenno alla questione dell’anima femminile.
Il Signore Gesù, in una società che emarginava le donne, mostrò per quelle presenti nel suo seguito amore e stima. A loro concesse di constatare per prime la sua risurrezione, affidandogli il privilegio dell’annuncio: «Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea» (Lc. 16,7). Le donne ebbero un ruolo rilevante anche nella diffusione del cristianesimo. Negli Atti degli Apostoli, troviamo Lidia, commerciante di porpora a Tiàtira che si fece battezzare con la sua famiglia, ed ospitando l’apostolo Paolo, trasformò la sua casa in un centro di evangelizzazione (cfr At. 16,14;40). San Paolo, nelle lettere alle Chiese dell’Asia Minore, ricorda alcune «donne missionarie»: Maria, Trifena, Trifosa, Pèrside (cfr Rm. 16,6;12), Appia, capo della Chiesa domestica di Colossi (cfr Fm. capp. 1 e 2), Evòdia e Sintiche a Filippi (cfr Fil. 4,1-3). Ma soprattutto, l’Apostolo delle genti, proclamò il «principio di uguaglianza» tra uomini e donne, dichiarando che con il battesimo «non conta più l’essere uomo o donna; poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal. 3,28).
Donne straordinarie, nella Storia della Chiesa, condizionarono anche le scelte del Papa. Santa Caterina da Siena (1347-1380), proclamata da Paolo VI «dottore della Chiesa», con la sua insistenza convinse papa Gregorio XI ad abbandonare Avignone per ritornare a Roma. Santa Brigida di Svezia (1303-1373), madre di otto figli, da vedova fondò l’ «Ordine Brigidino di San Salvatore», e non ebbe timore a svelare a principi e a pontefici, i disegni di Dio sugli avvenimenti storici, frutto di visioni mistiche. Non risparmiò, inoltre, dure ammonizioni sulla riforma morale del popolo cristiano. Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce (1891-1942), religiosa e filosofa tedesca dell’ «Ordine delle Carmelitane Scalze», si convertì al cattolicesimo dall’ebraismo, fu arrestata dai nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento di Auschwitz, dove trovò la morte. Il beato Giovanni Paolo II, la proclamò nel 1998, santa e compatrona d’Europa.
Papa Wojtyla, inoltre, esaltò il genio femminile con l’indimenticabile Lettera Mulieris dignitatem (1988). Mentre invito alla lettura, riporto alcuni passaggi basilari: «Nella lunga storia dell’umanità, le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini. Rispetto a questa grande, immensa “tradizione” femminile, l’umanità ha un debito incalcolabile» (3). «Il progresso è normalmente valutato secondo categorie scientifiche e tecniche. Tuttavia non è questa l’unica dimensione del progresso e neppure la principale. Più importante è la dimensione socio-etica, che investe le relazioni umane e i valori dello spirito: in tale dimensione è proprio dal “genio della donna” che la società è in larga misura debitrice. (…) Si può costatare l’immensa disponibilità delle donne a spendersi nei rapporti umani, specialmente a vantaggio dei più poveri e dei più deboli. Si metta dunque in luce la piena verità sulla donna, non tenendo soltanto conto delle donne grandi e famose, ma anche di quelle semplici che esprimono il loro talento femminile a servizio degli altri nella normalità del quotidiano. La donna, forse ancor più dell’uomo, “vede l’uomo” perché lo vede con il cuore» (12). Perciò «la Chiesa rende grazia per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio nella verginità (753.400 nel mondo); per le donne dedite ai tanti e tanti essere umani, che attendono l’amore gratuito di un’altra persona; per le donne che vegliano sull’essere umano nella famiglia, che è il fondamentale segno della comunità umana; per le donne che lavorano professionalmente, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per le donne “perfette” e per le donne “deboli”, per tutte: così come sono uscite dal cuore di Dio in tutta la bellezza e ricchezza della loro femminilità» (5). Questa Lettera di san Giovanni Paolo II, ed altri documenti del Magistero, attestano la massima stima che la Chiesa dei nostri giorni nutre per le donne.
Quale concezione di donna propone e ringrazia la Chiesa?
Non certamente quella del femminismo radicale degli anni 70’ che inneggiava ad un atteggiamento antagonista e competitivo, al carattere mutevole del corpo e alla negazione della sessualità come intrinsecamente procreativa. E neppure quella proposta dai massmedia che valorizzano primariamente l’aspetto fisico, oscurano l’autentica e totale femminilità. Ricordava san Giovanni Paolo II: «la donna è il complemento dell’uomo come l’uomo è il complemento della donna: donna e uomo sono tra loro complementari. La “femminilità” realizza quanto la “mascolinità”, sia pure con modulazione diversa. E’ soltanto grazie alla dualità del “maschile” e del “femminile” che l’umano si realizza appieno. Sia l’uomo che la donna hanno, fin dall’inizio, uguale responsabilità. A questa “unità dei due” è affidata da Dio non solo l’opera della procreazione, ma la costruzione stessa della storia» ( 9). Dunque, uomo e donna, detengono eguale dignità e caratteristiche comuni, ma anche si contraddistinguono per alcune diversità, che apprezzate e valorizzate arricchiscono reciprocamente. Riconoscere ed accogliere la propria identità femminile, cioè «la ricchezza della femminilità che ella ricevette nel giorno della creazione», è imprescindibile per l’equilibrio della donna e della famiglia. La donna, inoltre, ha il totale diritto ad essere coinvolta nella vita ecclesiale, sociale e politica, non tralasciando il suo ruolo di moglie e di madre. E’ doveroso operare, affinché l’organizzazione societaria e dei servizi, consenta la sua presenza e la sua partecipazione nei vari settori.
Concludo ricordando che la robustezza caratteriale della donna gli facilita la capacità di sopportare i dolori e le difficoltà, di affrontare le prove con coraggio e di servire anche nelle situazioni più pesanti. La donna, inoltre, è aperta alle ragioni del cuore, aspetto rilevante nell’ambito ed essenziale per la società affinché non ripiombi in un’era glaciale. La donna, poi, è maggiormente religiosa dell’uomo; per questo voglio rendere onore alla loro fedeltà, pensando alle tante mamme e nonne che spesso sono le uniche a conservare accesa la lampada della fede nelle famiglie, quando i figli, cresciuti, prendono le distanze dalla Chiesa. E desidero, nello stesso tempo, estendere l’omaggio alle donne, testimoni della speranza, che si sono consacrate al Signore Gesù divenendo il segno concreto della Risurrezione e della vita eterna.
don Gian Maria Comolli