Negli ultimi anni alcuni dolorosi episodi con protagonisti Luca Coscioni, Piergiorgio Weber, Eluana Englaro ed altri, danno l’impressione che anche nel nostro Paese sia in corso un subdolo progetto per convincere gli italiani sulla bontà dell’eutanasia come «gesto di pietà» nei confronti del malato grave o terminale. Appartenendo all’associazione «Medici cattolici», ad un congresso internazionale ho avuto l’opportunità di conversare con alcuni medici olandesi che mi hanno narrato episodi sconcertanti nei confronti dei pazienti dopo l’introduzione della legge che autorizza l’eutanasia. Qual è il suo parere? Dante.
Il vocabolo eutanasia deriva dal termine greco έυτηάνάτοσ formato da due componenti: έυ (buono) e τηάνάτοσ (morte); etimologicamente significa serena morte o buona morte. E’ questo il desiderio di tutti; incamminarsi nell’ultimo atto dell’esistenza con una serena accettazione. Negli ultimi decenni del XX secolo, il nobile concetto di «serena morte», fu totalmente travisato, trasformando il vocabolo eutanasia in morte non dolorosa, anticipata volontariamente da un intervento esterno, per porre fine alle sofferenze del malato che interpella con insistenza la sua uccisione pietosa. Per alcuni, esaudire questa richiesta, è un diritto del sofferente, ritenuto titolare del principio di autonomia, tralasciando le responsabilità nei confronti di se stesso e degli altri, la condivisione sociale nei confronti del prossimo e scordando la fragilità psicologica del malato. Di conseguenza, come ribadì il beato Giovanni Paolo II, «la tentazione dell’eutanasia appare come uno dei sintomi più allarmanti della cultura della morte che avanza soprattutto nelle società del benessere».
In Italia, eseguire l’eutanasia è reato (cfr Codice Penale: artt. 579-580). Chi provoca la morte di una persona, seppure consenziente, è condannato per omicidio o per istigazione al suicidio. Ma, purtroppo, abbiamo assistito ad alcuni casi di assoluzione, motivati dalla circostanza attenuante dell’ aver agito per pietà. Inoltre, come evidenziato dal dott. Dante, pure nel nostro Paese, alcuni vorrebbero sottrarre l’uscita dalla vita al destino, trasferendola alla libertà del singolo con una legge che autorizzi l’eutanasia. Questa minuta, ma agguerrita truppa «anti-vita», da cui dobbiamo difenderci, sta pianificando, complici gli strumenti massmediatici, sofisticate strategie per «sconvolgere» l’opinione pubblica, agendo sull’ emotività.
Il caso Olanda, che riassumo brevemente, insegna la pericolosità e l’effetto nefasto del fenomeno eutanasistico. Il percorso di morte in Olanda si avviò negli ultimi anni del XX secolo, quando un tribunale assolse un medico che aveva affrettato la morte della madre. Così, l’11 aprile 2001, il parlamento olandese, approvò la legalizzazione dell’eutanasia, autorizzando anche i sedicenni a compiere questa scelta. Si ufficializzò l’impunità di cui godevano già da alcuni anni i medici olandesi, che a volte interrompevano le cure ordinarie di sostegno o somministravano dosi letali di farmaci. Quindi, non suscita meraviglia, che a Groninger nel nord dell’Olanda, è sorto il primo centro al mondo dove l’eutanasia è praticata ai minori di dodici anni. E dal 2007, questa pratica è impiegata anche nei confronti dei bambini con meno di 3 anni, previo il consenso di tre esperti. Ora, si sta valutando la possibilità, a discrezione dei medici, di estendere l’eutanasia ai malati mentali. Il prossimo obiettivo che l’Associazione olandese per la libera eutanasia (Nvve) intende raggiungere riguarderà «l’Eutanasia a domicilio». Appena lanciato il progetto l’Associazione ebbe 60 richieste in 48 ore.
Il professor A. Gunning, strenuo difensore della vita, ad un congresso internazionale espose una stravolgente testimonianza: «La mentalità di morte è diventata la norma fra i medici olandesi. Conosco un internista che curava una paziente con cancro ai polmoni. Arriva una crisi respiratoria che rende necessario il ricovero. La paziente si ribella: “non voglio l’eutanasia!”, implora. Il medico l’assicura, l’accompagna in clinica, la sorveglia. Dopo trentasei ore la paziente respira normalmente, le condizioni generali sono migliorate. Il medico va a dormire. Il mattino dopo, non trova più la sua malata: un collega gliel’aveva “terminata” perché mancavano letti liberi. So di un malato d’Alzheimer ricoverato in una casa per non autosufficienti. Una settimana dopo la famiglia lo trova in stato di coma. Sospettano qualcosa, e così lo fanno trasportare all’ospedale dove il paziente si riprende a seguito dell’infusione intravenosa di tre litri di liquido. Il figlio di un vecchio paziente ospedalizzato chiede ai medici di “accelerare il processo”, in modo che il funerale del padre possa avere luogo prima della sua partenza per le ferie all’estero già prenotate. I medici perciò gli somministrano molta morfina. Episodi del genere si raccontano fra medici come se fosse normale uccidere un paziente per compiacere i familiari».
E’ proprio il caso di affermare: Olanda docet!
Il cristiano, nel difendere la vita terminale, trova chiari riferimenti nel Magistero della Chiesa che pone come fondamento assoluto, universale ed irrinunciabile la dignità e la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questa certezza ha come fondamento la creaturalità dell’uomo:«ogni persona è stata voluta da Dio per se stessa ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2319). Essenza, questa, che conferisce all’uomo la più alta dignità rispetto alle creature terrestri, e rende la vita «non disponibile» a nessuna situazione o atto che possa nuocerla o sopprimerla nella fase iniziale o terminale.
Per la grandezza che l’uomo detiene di fronte a Dio, ogni vita, è perpetuamente un valore immenso; di conseguenza, la sua conclusione, potrà essere determinata unicamente dal Creatore, come più volte ribadito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. «Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» (1987). «Niente e nessuno possono autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno può chiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta infatti di una violazione della legge divina, di un’offesa della dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità»(1990). Concetto riaffermato da san Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae :«di questa vita (…) Dio è l’unico signore: l’uomo non può disporne» (39); «… in conformità con il Magistero dei miei predecessori e in comunione con i vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata e moralmente inaccettabile di una persona umana» (65).
Se dovessimo assistere in Italia al primo caso di eutanasia legalizzata, come ci mostra l’Olanda, dovremo temere per la nostra vita e per quella delle future generazioni.
don Gian Maria Comolli