Vorrei conoscere il significato del termine bioetica e di che cosa si occupa. Giuseppe.
Nel passato, i quesiti di etica medica, si risolvevano seguendo poche norme. Con il trascorrere del tempo gli interrogativi si presentarono sempre più complessi, essendo nuovi e svincolati da precedenti cui riferirsi, ed accompagnati, spesso, da drammatiche urgenze. Scaturì perciò, l’esigenza di approfondirli sistematicamente.
Il vocabolo bioetica, che intersecava due realtà della pratica medica e della cura (la βιοσ = vita e l’etica), fu ideato nel 1970 dall’oncologo statunitense V. R. Potter (1911-2001), affermando: «Il genere umano necessita urgentemente di una “sapienza” come guida per l’azione, di sapere come usare la conoscenza per il bene e il futuro della condizione umana: di una scienza della sopravvivenza, la bioetica, col requisito fondamentale di promuovere la qualità della vita» (Bioethics: The Science of Survival, in Perspectives in Biology and Medicine 14 -1970- 120). Nel 1975, Potter, spiegò la scelta del termine: «Ho scelto bio per indicare il sapere biologico; e ho scelto etica per indicare il sapere circa i sistemi di valori umani» (Humility and Responsibility – A Bioethic for Oncologist: Presidential Address, in Cancer Research, 35 -1975- 2299).
L’oncologo statunitense, propose la bioetica come «la biologia combinata con le varie forme del sapere umanistico in modo da forgiare una scienza che stabilisca un sistema di priorità mediche ed ambientali per la sopravvivenza» (Global Bioethics. Building on the Leopold Legaliy, Michigan State University Press, 1988, III). Potter, cogliendo nella spaccatura tra sapere scientifico ed umanistico, un pericolo per la sopravvivenza dell’ecosistema, anche a seguito delle affascinanti scoperte scientifiche, propose la bioetica come una scienza globale che superasse il campo medico, coinvolgendo tutti i settori riguardanti l’uomo, per coniugare le scienze della vita con l’ etica della vita. Per Potter, la nuova disciplina, avrebbe contribuito alla sopravvivenza futura della specie (science of survival) inseguito alla violazione dei diritti umani in alcune ricerche scientifiche, alla tendenza ideologica del sapere medico, alle conseguenze nocive della rapida tecnocizzazione della prassi clinica. Ma la visione universalistica di Potter non ebbe seguito, e il vocabolo bioetica si indirizzò verso il settore biomedico, originando una riflessione morale unicamente sulle scienze della vita.
Definire la bioetica e le sue finalità è complesso. Per alcuni è una scienza, per altri una generale branca del sapere; per taluni una disciplina autonoma, per certuni una diramazione dell’etica tradizionale. Qualcheduno la ritiene superflua, convinto che l’etica medica già fornisca adeguate risposte morali alla pratica assistenziale. Infine, la si reputa troppo influenzata da fattori religiosi e culturali. Ma la difficoltà maggiore ha origine dalla «diversità dei modi di pensarla nel pluralismo culturale» (Comitato Nazionale per la Bioetica, Bioetica e formazione nel sistema sanitario, 1991, 21). «Per questa complessità dovuta allo stesso carattere multidisciplinare della riflessione in oggetto, risultano imprescindibili una consapevolezza epistemologica specifica e un confronto sul piano epistemologico delle diverse posizioni culturali di fronte ai molteplici problemi che la bioetica pone» (23).
Quindi, è opportuno rifarci al fondatore di questa disciplina, che all’interrogativo: «cos’è la bioetica?», rispose: «La bioetica è un’urgente e necessaria sapienza atta a provvedere all’indagine di come usare il pensiero per una più responsabile presenza dell’uomo nella promozione della qualità della sua vita» (The Science of Survival, op. cit., 129). E l’ Encyclopedia of Bioethics, riporta una valida sintesi di elementi comuni. «La bioetica è lo studio sistematico delle dimensioni morali – comprendenti la visione morale, le decisioni, la condotta, le politiche – delle scienze della vita e della cura della salute, attraverso una varietà di metodologie etiche in un contesto interdisciplinare» (MacMilan Reference Usa-Thomson Gale, 2004, vol I, XXI).
La bioetica, si suddivide in generale, speciale e clinica o decisionale.
– Generale. Si occupa dei principi fondanti, dei valori e delle fonti documentarie (Diritto internazionale, legislazione, deontologia…).
– Speciale. Analizza le questioni più problematiche dell’umano: dall’ ingegneria genetica all’aborto, dall’eutanasia alle sperimentazioni cliniche…
– Clinica o decisionale. Esamina il caso clinico concreto, i valori in gioco e i comportamenti da salvaguardare.
La bioetica, inoltre, è un fenomeno culturale, che mostra il desiderio dell’uomo contemporaneo di riappropriarsi della prospettiva antropologica della vita. Sono un esempio, la trattazione dei temi definiti «bioeticamente sensibili» (dalla RU 486…al Testamento biologico), che suscitano interesse e generano appassionati dibattiti. Ma attenzione: «Tutto questo è sicuramente positivo, a patto però che l’attenzione crescente nei confronti della bioetica non porti la gente a trattare le delicatissime questioni sulla semplice scorta di un sentire emotivistico e pietistico, che non si avvale del rigore logico delle argomentazioni razionali e della costante ricerca della verità oggettiva, da porre a base delle singole decisioni (…). La bioetica non può fondarsi sull’emotivismo, che facilmente fa presa sulla cosiddetta “pubblica opinione”, ma non prende in seria considerazione gli elementi valoriali e le responsabilità morali che incombono su ogni applicazione tecnica delle nuove scoperte scientifiche» (M. Cascone, Diakonìa della vita. Manuale di bioetica, Università della Santa Croce, 2004, 28).
don Gian Maria Comolli