Da un’indagine condotta da Eurisko, commissionata da Farmindustria nel maggio 2011, emerse che solo il 43% degli intervistati fornì risposte corrette sul termine «biotecnologie». Io appartengo al 57% che hanno le idee confuse. Le chiedo di chiarire il vocabolo e la posizione della bioetica sugli interventi biotecnologici. Giorgio.
Sulle biotecnologie, ogni giorno, ci poniamo alcuni interrogativi: a cosa servono? Vanno contro natura? Cosa sono gli OGM (Organismo Geneticamente Modificato)? Sono dannosi per l’uomo e per l’animale? Come sono coltivati? Contribuiranno a sconfiggere la fame nel mondo? Queste domande mostrano che le biotecnologie riguardano vari settori: dalla società alla salute, dall’ambiente all’economia, suscitando un ampio dibattito tra favorevoli e contrari.
La biotecnologia «consiste nell’utilizzo di cellule o di enzimi di origine microbica, animale o vegetale, per ottenere la sintesi, la degradazione o la trasformazione di materie prime» (J.E. Smith, Biotecnologie, Zanichelli 1998, 2). Dunque, le biotecnologie, sono le tecnologie che si avvalgono di organismi viventi, o parti di essi, per produrre beni o servizi per l’uomo. Esistono da sempre, ma solo negli ultimi decenni sono particolarmente visibili.
Due tipologie: le tradizionali e le avanzate.
Le tradizionali ci rimandano alle tecniche utilizzate nell’antichità nell’elaborazione di bevande e di cibi fermentati, cioè gli alimenti con organismi fermentatori. Ad esempio, i Sumeri e i Babilonesi, realizzavano già nel 6000 a.C. il vino, la birra ed alcuni distillati, e gli Egizi lievitavano il pane nel 4000 a. C. Anche nel campo agricolo, le popolazioni antiche, selezionavano i semi delle piante o le specie di animali domestici più idonei alle loro esigenze.
Le avanzate sono quelle che perfezionando i tradizionali processi biotecnologici, applicano la biologia molecolare e le scoperte dell’ingegneria genetica basate sulle tecniche del Dna ricombinante e della fusione cellulare, alla selezione di nuovi organismi o alla produzione di prodotti inediti.
Prototipi di questo periodo furono L. Pasteur (1822-1895) che identificò il vaccino per la rabbia e rivelò al mondo scientifico che le malattie sono causate da microrganismi a loro volta trasmissibili. A. Fleming (1881-1964) che a seguito dell’invenzione della Penicillina, inaugurò l’era degli antibiotici. F. Griffth (1879-1941) che nel 1928 da un esperimento, intuì che i batteri trasferivano informazioni genetiche mediante il processo di trasformazione. Tralasciando molti passaggi storico-scientifici giungiamo all’ingegneria genetica, a I. Wilmut, il clonatore della pecora Dolly, e J. Watson il responsabile del progetto Genoma Umano.
L’ampia diffusione dei processi biotecnologici originarono anche complessi quesiti etici.
Le biotecnologie coinvolgono prevalentemente i seguenti settori.
– La medicina nell’ambito degli anticorpi, delle cellule staminali, della terapia genetica e dei vaccini, oltre gli xenotrapianti tra maiale, scimmia e uomo.
– Gli animali trasgenici nei quali è immesso nel loro patrimonio genetico un «gene esogeno», ossia il gene di una specie biologica differente (transgene).
– L’ ambiente per lo smaltimento dei rifiuti, la depurazione delle acque contaminate e l’identificazione delle sostanze tossiche.
– L’ agricoltura progettando piante, frutti e verdure che abbiano la capacità di una produzione maggiore rispetto alle tradizionali e l’idoneità di adeguarsi alle condizioni ambientali sfavorevoli. Ad esempio, nella coltivazione delle fragole, si immette un gene di pesce artico rendendole idonee al freddo.
Da quanto affermato, notiamo che l’argomento ci riguarda da vicino, infatti i cibi che consumiamo, dai biscotti alle patatine fritte, dai gelati confezionati alle pizze surgelate, racchiuderanno sempre di più organismi geneticamente modificati. Da tempo, è in corso un ampio dibattito tra i favorevoli ai prodotti OGM ritenuti da questi cibi affidabili, anzi maggiormente nutrienti, e i contrari che temono per la salute, reputando questi alimenti responsabili di allergie e della diminuzione delle difese immunitarie. Alcune perplessità, consigliarono diversi Paesi, a adottare restrizioni sulle coltivazioni e all’obbligo dell’ etichettatura come garanzia di trasparenza.
Il potere sull’uomo e sulla natura, che il genio di grandi scrittori sognavano e paventavano, ad esempio, A. Huxley (1894-1963) nel romanzo Il mondo nuovo (1932), oggi è realtà. Le biotecnologie consentono di selezionare tra le varianti quella più importante, oppure di inventarla; batteri che «mangiano» il petrolio fuoriuscito dalle navi o piante che distruggono gli insetti.
Il settore biotecnologico, solleva quesiti etici riguardanti l’azione sui processi vitali a livello di strutture e di meccanismi biologici fondamentali, responsabili dell’equilibrio biologico ed ecologico del pianeta, e sulla scarsa conoscenza delle conseguenze dell’immissione di nuovi prodotti nell’ambiente. Terrorizza, inoltre, l’eventuale manipolazione della vita dell’uomo nella sua identità più recondita, quella genetico-germinale, con l’obiettivo finale della clonazione umana determinando modificazioni genetiche per le generazioni future.
Di fronte ai rischi ipotizzati, l’unica legittimazione etica alla ricerca biotecnologia potrà essere accordata evidenziando la sua destinazione a servizio del progresso umano e sociale. Ciò annienterà ogni atteggiamento prometeico e la tentazione dell’ atteggiarsi da «eritis sicut Dii» («Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» Gn. 3,5).
don Gian Maria Comolli