Perché Gesù non compie più miracoli come quando predicava in Palestina? Con questi segni prodigiosi il suo messaggio non sarebbe più credibile? Sabrina.
«Perché Gesù non compie più miracoli» si interroga Sabrina, e conclude il suo quesito con la convinzione di molti; se il cristianesimo fosse accompagnato da eventi straordinari, sarebbe più credibile. Io dubito di questo, perché leggendo il Vangelo, mi accorgo, che pure coloro che ascoltarono Gesù e presenziarono ai suoi miracoli faticavano a credere. Non per malizia, ma perché alcune realtà per essere comprese richiedono canali interpretativi differenti da quelli strettamente razionali, conoscitivi e visivi; di conseguenza è irrinunciabile la dimensione della fede. Ad esempio, la Celebrazione Eucaristica, è la manifestazione della presenza reale del Signore Gesù. Quando il sacerdote ripete le parole del Cristo: «Questo è il mio corpo», «Questo è il mio sangue», colui che non oltrepassa il sensibile e il razionale ode delle frasi e intravede unicamente del pane e del vino. Esclusivamente la dimensione della fede rivela il mistero che si sta celebrando e le trasformazioni che stanno avvenendo, descritte da san Paolo VI con il termine transustanziazione. «Le specie del pane e del vino acquistano un nuovo significato e un nuovo fine, non essendo più l’usuale pane e l’usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e di un alimento spirituale. Acquistano nuovo significato e nuovo fine soprattutto perché contengono una nuova “realtà”, che giustamente denominiamo oncologica. Giacché sotto le predette specie non c’è più quello che c’era prima, ma un’altra cosa tutta diversa. Convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino, ma in quelle specie Cristo è presente nella sua “fisica realtà”, anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo» (Mysterium Fidei, 7).
Per identificare come Gesù anche oggi compie i miracoli è fondamentale una peculiare abilità di lettura della realtà, dato che il Cristo prosegue la sua opera anche oggi con semplicità ed umiltà, evitando gesti eclatanti ma utilizzando quelli quotidiani. Dopo la risurrezione, apparendo agli apostoli prima dell’alba, prepara Lui il cibo (cfr Gv. 21,9-12); alla Maddalena si rivolge sotto le vesti di un giardiniere (cfr Gv. 20,15-17). Anche le guarigioni avvennero semplicemente, utilizzando comuni elementi della natura o umili atti: la donna emoroissa è sanata dal tocco del mantello del Messia (cfr Lc. 5,25-34); il cieco di Betsaida riacquista la vista quando Gesù gli apre le palpebre (cfr Mc. 8,22-26); guarisce il sordomuto introducendogli le dita nelle orecchie e toccato la lingua con la saliva (cfr Mc. 7,32-37). Questo simbolismo indica la completa prossimità di Cristo con l’uomo che per essere compreso si adegua alle sue situazioni e ai suoi stati d’animo, insegnando che la sua divinità non si realizza nell’imponenza e nell’eccezionalità ma nell’ordinario di ogni giorno. «La guarigione improvvisa, il miracolo è qualcosa di eccezionale» chiarì san Giovanni Paolo II, «che dal punto di vista dell’ “economia” divina della salvezza è un fatto straordinario e quasi “supplementare”. Lui si manifesta prevalentemente nella trasformazione interiore di quel male che è la sofferenza spirituale, nel bene “salvifico”, nel bene che santifica colui che soffre ed anche gli altri per mezzo suo» (21 febbraio 1979). Il mondo, osservato da questa angolatura è ricco di miracoli; la difficoltà è nel riconoscerli.
Anche noi, nella monotonia quotidiana, assistiamo ad autentici miracoli che stentiamo a discernere, e spesso incrociamo il Signore Gesù senza identificarlo, essendo debole la nostra fede, impreparata la dimensione trascendente e diffuso lo scetticismo.
don Gian Maria Comolli