Occorre che vi sia una condizione attuale di emergenza. Proprio per questo la norma del 2018, che regola la protezione civile, ha previsto un sistema molto semplice e rapido di dichiarazione dello stato di emergenza: basta una delibera del Consiglio dei ministri. Perché prorogare lo stato di eccezione, se è possibile domani, qualora se ne verificasse la necessità, riunire il Consiglio dei ministri e provvedere? Allora, non bisogna ricorrere a un provvedimento eccezionale, che istituisce un ordine fuori dall’ordinario, se non ve ne sono le premesse.
La proposta di proroga è stata affacciata con la motivazione dell’urgenza di provvedere, se la pandemia riprende forza. Ma l’urgenza non vuol dire emergenza. Il ministro della salute può, in base alla legge del 1978 sul Servizio sanitario nazionale, emettere ordinanze contingibili (cioè per casi non prevedibili) e urgenti in materia di igiene e di sanità. Il codice dei contratti contiene norme che consentono procedure negoziate senza previa pubblicazione di bandi di gara. Insomma, nell’ordinamento vi sono strumenti che consentono di provvedere celermente, senza creare di nuovo uno stato di eccezione che giustifica tutto (la legge sulla protezione civile prevede che durante lo stato di emergenza si può provvedere «in deroga a ogni disposizione vigente»). È buona norma che, se vi sono strumenti meno invasivi, si ricorra ad essi, prima di utilizzare quelli più drastici.
Un terzo buon motivo per non abusare dell’emergenza è quello di evitare l’accentramento di tutte le decisioni a Palazzo Chigi. E questo non solo perché finora si sono già concentrati troppi poteri nella Presidenza del consiglio dei ministri, o perché in ogni sistema politico una confluenza eccessiva di funzioni in un organo è pericolosa, ma anche e principalmente perché l’accentramento crea colli di bottiglia e rallenta i processi di decisione.
Da ultimo, la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza è inopportuna perché il diritto eccezionale non può diventare la regola. Proprio per questo sia la legge che lo prevede, sia la costante giurisprudenza della Corte costituzionale hanno insistito sulla necessaria brevità degli strumenti derogatori, perché non è fisiologico governare con mezzi eccezionali. Questi possono produrre conseguenze negative non solo per la società e per l’economia, creando tensioni nella prima e bloccando la seconda, ma anche per l’equilibrio dei poteri, mettendo tra le quinte (ancor più di quanto non accada già oggi) il Parlamento e oscurando il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, al cui controllo sono sottratti gli atti dettati dall’emergenza. Non dimentichiamo che Viktor Orbán cominciò la sua carriera politica su posizioni liberali.
Sabino Cassese
Corriere della Sera
12 Luglio 2020