La Fondazione Gimbe riassume le prove scientifiche della loro efficacia e spiega come massimizzarne i benefici, ad esempio, rivedendo il loro uso in bar e ristoranti. «Sono dispositivi insostituibili per convivere col virus» dice il presidente Cartabellotta.
Si sono trasformate in campo di battaglia ideologico e politico. Tra fake news e teorie complottistiche, le mascherine anti-Covid sono diventate elemento divisivo, messe all’indice dai cosidetti «negazionisti». A ridare centralità alla scienza ci pensa la Fondazione Gimbe che in un Position Paper le definisce «cinture di sicurezza della nuova normalità». L’istituto – che analizza in maniera indipendente i dati dei contagi da coronavirus in Italia – riassume in un documento le più recenti evidenze scientifiche sui benefici e rischi delle mascherine e formula raccomandazioni per il loro corretto uso nei luoghi pubblici per «massimizzare i benefici».
«Insostituibile dispositivo di protezione collettiva»
Partiamo d dalle evidenze scientifiche. Le mascherine sono un «insostituibile dispositivo di protezione collettiva» spiega Gimbe che però sottolinea recenti «pericolose derive nella comunicazione pubblica e nei comportamenti individuali». A dispetto di norme e continui messaggi delle istituzioni, infatti, le violazioni sull’obbligo di mascherine sono frequenti, in particolare sui mezzi pubblici e nei luoghi dove manca un controllo sistematico. «Nelle ultime settimane – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – l’uso dei dispositivi in luoghi pubblici è diventato terreno di scontro politico, con deplorevoli gesti di una frangia di politici, professionisti e cittadini che minimizzano i rischi dell’epidemia e ritengono inutile l’utilizzo della mascherina, arrivando talora a (s)qualificarla come un bavaglio imposto».
Evidenze scientifiche
Ma quali sono le prove dell’efficacia delle mascherine contro il coronavirus? In letteratura aumentano progressivamente le evidenze della loro efficacia negli ambienti pubblici per bloccare le particelle virali espulse dalla bocca o dal naso responsabili della trasmissione del Covid . Dallo scorso 5 giugno anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’utilizzo della mascherina negli spazi chiusi dove non è possibile rispettare il distanziamento sociale. Peraltro, a fronte della diffusa opinione che la mascherina serva esclusivamente a proteggere gli altri, studi osservazionali comparativi suggeriscono benefici, seppure modesti, anche per chi la indossa.
Istruzioni per l’uso
Ma come si usano le mascherine? In generale, spiega Gimbe, sarebbe preferibile optare per mascherine riutilizzabili, sia per limitare la produzione di rifiuti in plastica sia per i costi, visto che le evidenze ne dimostrano l’efficacia nel trattenere le particelle virali. Si raccomanda l’uso di mascherine a doppio o triplo strato di tessuti con diverse trame e proprietà elettrostatiche: a tal proposito è indispensabile promuovere una campagna d’informazione pubblica per guidare la popolazione all’acquisto e/o alla produzione domestica delle mascherine. Al contrario, vista l’impossibilità di mangiare e bere con la mascherina e l’evidenza che la ripetuta attività di toglierla e metterla può aumentare il rischio di trasmissione, l’obbligo della mascherina per i clienti di bar e ristoranti dovrebbe essere rivalutato. Considerato che solo una piccola percentuale della trasmissione del virus avviene all’aperto, Gimbe conferma che non è opportuno raccomandare l’obbligo di mascherina all’aperto, anche se rimane difficile, soprattutto durante la stagione estiva, governare le situazioni a rischio quando non si riesce a mantenere la distanza minima di un metro.
Campagna di informazione
La Fondazione Gimbe offre alcune raccomandazioni per istituzioni, imprese e organizzazioni. Governo e Regioni dovrebbero lanciare campagne di informazione per promuovere l’uso delle mascherine nei luoghi chiusi aperti al pubblico e in tutte le circostanze in cui non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, incoraggiando le persone ad usarle e coinvolgendo attivamente la popolazione. Dovrebbero inoltre prevedere una fornitura gratuita per le persone che non possono permettersi di acquistarle. Insieme ad imprese, datori di lavoro ed altre organizzazioni dovrebbero assicurarsi che le mascherine vengano sempre utilizzate insieme a – e non in sostituzione di – altre misure di protezione, oltre che andare incontro alle esigenze delle persone affette da condizioni patologiche o disabilità fisiche o mentali che rendono difficoltoso o impossibile l’uso della mascherina.
Obbligo e sanzioni
I paesi e le regioni in cui vige l’obbligo di indossare la mascherina hanno mostrato una maggiore aderenza rispetto a quelli in cui l’utilizzo è volontario. Come per le cinture di sicurezza e altre norme sulla sicurezza, giocano un ruolo fondamentale le campagne di informazione pubblica mirate a far comprendere e accettare alle persone le motivazioni alla base della norma: l’impegno e l’aderenza, infatti, possono aumentare quando la popolazione viene trattata come un partner in una strategia condivisa di salute pubblica. Tuttavia, le sanzioni pecuniarie per chi non indossa la mascherina sono difficilmente praticabili e, verosimilmente, controproducenti. «Nel mezzo di una pandemia dove tutte le misure di protezione giocano un ruolo cruciale, le mascherine rappresentano il segno di una “nuova normalità” per una sicura convivenza con il virus. Non è accettabile che la violazione di norme imposte a tutela della salute venga sbandierata come espressione di libertà: come recentemente ricordato dal Presidente Mattarella, infatti, si deve “evitare di confondere la libertà con il diritto far ammalare altri”».
Carlotta De Leo
Corriere della Sera
5 Agosto 2020