Danilo Coppe è tra gli esplosivisti più famosi d’Italia: nel 2019 ha fatto da consulente all’abbattimento dei resti del Morandi. «Non credo al nitrato di ammonio, mi sembra più plausibile un deposito di munizioni ed esplosivi»
«Non credo che al porto di Beirut ci fosse quella quantità di nitrato di ammonio, né che ci fosse un deposito di fuochi d’artificio. A giudicare dai video mi sembra di più un’esplosione di un deposito di armamenti». Danilo Coppe, 56 anni, parmigiano, è uno dei massimi esperti di esplosivi in Italia: geominerario esplosivista, nell’estate del 2019 ha dato l’ordine di premere il pulsante per l’abbattimento di quel che restava del ponte Morandi a Genova. A «mister dinamite», come è stato più volte soprannominato, le immagini dell’esplosione di martedì 4 agosto hanno lasciato diversi dubbi (confermati anche da altri esperti Usa) sulla prima ricostruzione ufficiale.
Cosa non la convince?
«Premettiamo una cosa: tutte queste considerazioni derivano dai video che ho visto, non ho altre informazioni, non sono stato lì. Ma non credo al nitrato di ammonio per diverse ragioni. Intanto la quantità: 2.700 tonnellate vorrebbe dire che qualcuno ha costruito una piscina olimpionica e l’ha riempita di quella sostanza».
Il magazzino in cui sarebbe stato stoccato però era lungo oltre cento metri. Non è impossibile che contenesse quei quantitativi, e alcuni documenti sembrano provare che quel materiale fosse lì da anni.
«Ma avrebbe dovuto esserci un catalizzatore, perché altrimenti non sarebbe esploso tutto insieme. E poi il nitrato di ammonio, quando detona, genera una inequivocabile nuvola gialla. Invece dai video dell’esplosione, oltre alla sfera bianca che si vede allargarsi, che è condensa dell’aria in riva al mare, si vede chiaramente una colonna arancione mattone tendente al rosso vivo, tipica della partecipazione di litio. Che sotto forma di litio-metallo è il propellente per i missili militari. Penso che lì ci fossero degli armamenti».
Tra la prima esplosione e la seconda però si vedono «scoppiettare» quelli che sembrano fuochi d’artificio.
«Anche quelli non si comportano così. I fuochi d’artifico hanno una parte di esplosivo deflagrante, ma il resto è cartone, plastica, e quando scoppiano sono preceduti quasi sempre da fischi, assenti nei video. E poi nessuno avrebbe potuto pensare di mettere una fabbrica o un deposito di fuochi d’artificio vicino al silos granario, le cui polveri possono diventare a loro volta esplosive».
E quindi?
«Mi sembra più probabile un accantonamento temporaneo di armamenti. Le munizioni infatti fanno botti tutti uguali, come quelli che si vedono prima della grande deflagrazione. Io penso ci sia stata una prima esplosione di buona entità, che può aver dato il via a un incendio dove erano stoccate delle munizioni, che poi si sarebbe allargato fino a dove c’era un qualche esplosivo ad alto potenziale, contenuto dentro razzi o missili».
Francesco Giambertone
Corriere della Sera
6 Agosto 2020