Nel Vangelo della XXII domenica del tempo ordinario, il Signore Gesù in cammino verso Gerusalemme, dichiara esplicitamente che per essere totalmente fedele alla missione che il Padre gli aveva affidato doveva percorrere la via della croce. Questa affermazione è rifiutata dai suoi apostoli che si erano formati una concezione prevalentemente materiale e temporale del Regno dei Cieli, per questo Pietro attesta: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. E, il Maestro, poco dopo averlo costituito colonna portante della Sua Chiesa, lo definisce “satana” poichè: “mi sei di scandalo non pensando secondo Dio, ma secondo gli uomini”. In altre parole lo condanna essendo divenuto ostacolo al raggiungimento del Suo mandato, proprio come Satana, che attraverso le tentazioni del deserto (cfr. Mt. 4,1-11) tentò di sedurlo con la promessa di beni terreni. Ma Cristo, per compiere totalmente la volontà di Dio, doveva ricordare esplicitamente che la croce è irrinunciabile per Lui e per chi intende onorarsi di essere suo discepolo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. La liberazione dell’uomo dal peccato, per il Signore Gesù richiede il passaggio della croce; la salvezza, il discepolo, l’ottiene unicamente nel percorrere la via della croce.
Come percorrere le via della croce nella quotidianità?
1.Superando la cosmolatria.
Di tutte le idolatrie che ingannano l’uomo la cosmolatria, cioè l’adorazione e contemporaneamente lo sfruttamento del mondo, è la più insidiosa poiché spesso si scorda il limite. Lo costatiamo, ad esempio, osservando il rapporto dell’uomo contemporaneo con l’ambiente, non più reputato una realtà da contemplare con stupore e riverenza bensì un giacimento da sfruttare e saccheggiare; con il conseguente rischio della devastazione e della distruzione del pianeta come ricordato da papa Francesco nell’enciclica Laudato sì. La terra – cioè la nostra casa comune – protesta “per il male che le provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei” (n. 2).
Le realtà presenti nel creato sono utili e buone essendo originate da Dio, e il cristiano con la sua presenza attiva nel mondo deve operare per il loro progresso e miglioramento contribuendo alla crescita del Regno di Dio. Deve però vigilare e saper discernere poiché oggi nessun limite è più riconosciuto ma tutto deve essere gestito dalla libertà della persona che vorrebbe sganciarsi dal dato naturale e da ogni vincolo per realizzare pienamente e autonomamente il proprio benessere, spesso identificato nelle emozioni. Il discepolo del Signore Gesù può fermentare il mondo unicamente conservandosi lievito, superando la tentazione di divenire farina poiché la lievitazione cesserebbe (cfr. Mt. 13.33).
Ebbene, percorrere la via della croce, significa essere consapevoli che il mondo lo si serve, lo si rende migliore, ma non lo si adora mai!
2.Distanziandosi dalla mentalità mondana.
La forma mentis proposta dal contesto societario ateo, relativista e secolarizzato ha assunto come modello quella che san Giovanni definiva: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita (Cfr. 1 Gv 2,16).
La “Concupiscenza della carne”, combattendo le disposizioni dell’uomo al bene, incita la volontà a seguire comportamenti opposti a quelli evangelici ma pure a quelli suggeriti dalla ragione.
La “Concupiscenza degli occhi” si manifesta in “comportamenti malsani”: dal desiderio di vedere tutto al rincorrere sterili fantasie e passioni che spesso portano alle torbidità e alle sconcezze. Purtroppo, un canale privilegiato, è anche il web.
La “Superbia della vita” si esprime nell’orgoglio e nella vanità che a volte ci rendono anche ridicoli di fronte agli altri, ma riguarda anche l’ostentazione delle ricchezze, dello stato di agiatezza e del ruolo esercitato nella società.
Ebbene, ammonisce sempre san Giovanni: “Il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!” (1 Gv 2,17). Superare queste tentazioni ci permette di percorrere la via della croce.
3.Recuperando il concetto di peccato.
Il maggiore peccato dell’epoca post moderna è aver scordato che cos’è il peccato. Oggi quando si pone la domanda: “cos’è il peccato, dov’è il peccato, perché il peccato?”, tanti rispondono: “Non lo so!”. Molti hanno abbandonato la confessione poiché ritengono di non commettere peccati; altri, anche durante la celebrazione del sacramento, faticano a riconoscere gli sbagli commessi. E il lockdown non ha senz’altro aiutato, essendo state sospese le tradizionali confessioni pasquali o quelle in preparazione ai sacramenti dei figli; ma pochi sentono l’esigenza di recuperare un sacramento non celebrato.
Attenzione: smarrito il significato del peccato si eclissa anche quello di Dio, poiché “il peccato è un’offesa a Dio; il peccato è ciò che si erge contro I’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare ‘come Dio’, conoscendo e determinando il bene e il male anche oggi il peccato è amore di sé fino al disprezzo di Dio” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1850).
“Se qualcuno vuol venire dietro a me: rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”; è l’invito del Maestro in questa domenica.
Percorrere la via della croce ogni giorno non vuol dire ricercare dolori e sofferenze; ne abbiamo già tante! Significa vivere con impegno e con serietà, facendo nostro il modo di pensare di Dio in una società plurale e complessa, superando la tentazione di condurre una vita centrata sulle soddisfazioni momentanee, passeggere e relative.
Ci conceda il Signore la capacità di realizzare totalmente la vocazione cristiana, poiché il “Figlio dell’uomo verrà un giorno con i suoi angeli e renderà a ciascuno secondo le sue azioni”.